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don chisciotte pagina 59<br />
«Don Chisciotte della Mancia, luce e specchio della cavalleria<br />
mancega, il primo che nella nostra età e in questi tempi così calamitosi<br />
si dedicò al lavoro e all'esercizio delle erranti armi, e a disfare offese,<br />
soccorrere vedove, proteggere donzelle, di quelle che camminano coi<br />
loro cilici e palafreni, e con tutta la loro verginità sulle spalle, di monte<br />
in monte e di valle in valle; che se non era per qualche briccone o un<br />
villano con ascia e cappuccio, o qualche inopportuno gigante che le<br />
violentava, vi furono donzelle nei tempi passati che, giunte a<br />
ottant'anni, durante i quali non dormirono una sola notte sotto un tetto,<br />
giunsero integre alla sepoltura <strong>com</strong>e la madre che le aveva partorite»<br />
[DQ, I, 9].<br />
Questa espressione di burla si riferisce all'età aurea, visto che il Narratore<br />
contrappone i «tempi passati» con gli odierni tempi «calamitosi»: Don<br />
Chisciotte, che crede nell'età dell'oro, e il Narratore, che la fa oggetto di<br />
ironia, sono due esempi parodici dei modi sbagliati di rapportarsi alla sfera<br />
dei valori ideali. L'ideale vero, nella visione di Cervantes, <strong>com</strong>pare dopo,<br />
con la figura di Marcela.<br />
Marcela è la figlia di un ricco contadino: ha dunque origini plebee, <strong>com</strong>e<br />
molte eroine positive di Cervantes. È orfana, nel pieno e legittimo possesso<br />
del suo patrimonio, e non contraccambia l'amore che le porta Grisostomo,<br />
ricco idalgo, ex studente di Salamanca, sapiente e cortese. Rifiuta anche il<br />
corteggiamento di una pletora di giovinastri, vestiti da pastori, che vanno<br />
soffrendo per i boschi nel nome del suo amore. Non è che Marcela sia<br />
innamorata di un altro: semplicemente, non accetta un ruolo e un destino<br />
segnato quasi obbligatoriamente dalle convenzioni; non vuole essere<br />
un'amata, non accetta il posto che la società maschile le ha assegnato in<br />
quanto donna: non vuole la clausura nella casa, né la vita matrimoniale, né il<br />
convento. E tuttavia non si concede a una vita licenziosa e immorale, anzi<br />
custodisce la sua onestà gelosamente. Non cerca nessuno, non dipende da<br />
nessuno, e vuole solo vivere indipendente nei boschi: una rivendicazione di<br />
autonomia onestissima, che però turba la società, nonostante la scelta della<br />
castità. Questa autonomia è vista dagli altri <strong>com</strong>e una colpa. Marcela viene<br />
chiamata crudele, indemoniata e, <strong>com</strong>e <strong>com</strong>mentano i pastori, «con questa<br />
sua condizione fa più danno in questa terra di una pestilenza» [DQ, I, 11].<br />
La sua scelta, moralmente ineccepibile, sovverte un ordine presuntivamente<br />
naturale, secondo il quale la donna non può avere una simile autonomia. In<br />
effetti, anche fuori dagli eccessi dei misogini e dei moralisti, molti<br />
conservatori del tempo erano disposti ad ammettere che la donna potesse<br />
essere virtuosa e onesta, e per nulla caratterizzata da una connaturale<br />
tendenza alla lussuria; ma questo richiede pur sempre che la sua vita si<br />
svolga nei quadri predefiniti dell'istituzione familiare o religiosa. Per la<br />
cultura tradizionalista, fuori dalla famiglia e dal convento la donna si trova<br />
solo nei luoghi disonesti. Dunque Marcela rappresenta un modello nuovo,<br />
contrapposto all'ideale falso e all'opinione dominante della gente irriflessiva.<br />
L'opinione pubblica è scandalizzata dalla sua scelta di vita, che neanche la<br />
castità riesce a legittimare. Forte è la contrapposizione tra Marcela e i