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don chisciotte pagina 61<br />

racconto poggia sul rifiuto consapevole del matrimonio, non sulla presenza<br />

di un impedimento alle nozze: in questo caso il conflitto etnico non è<br />

influente e la condizione morisca di Grisostomo può essere tuttalpiù un<br />

dettaglio realistico. Benché il giovane sembri piuttosto un cristiano nuovo,<br />

un convertito dall'islam, la cui identità etnica si scopre solo al momento<br />

dell'apertura del testamento.<br />

Don Chisciotte s'incammina coi pastori verso il luogo del funerale e incontra<br />

per via dei gentiluomini a cavallo, che fanno mostra di modi cortesi,<br />

chiamando Marcela, con abituale iperbole, «pastora omicida». Cervantes<br />

tiene costantemente Don Chisciotte fuori dal mondo cortese: il folle<br />

cavaliere vorrebbe entrarci, ma il suo sentimento dei valori e l'ansia di<br />

grandi imprese non sono un lasciapassare valido: Don Chisciotte e Vivaldo,<br />

uno dei due gentiluomini ora citati, s'incontrano e subito risultano distanti.<br />

Quando gli viene chiesto <strong>com</strong>e mai giri armato in terre tanto pacifiche, Don<br />

Chisciotte fa una gaffe, o dà una risposta polemica, dicendo che la vita<br />

<strong>com</strong>oda è stata inventata per i cortigiani (e Vivaldo ha tutta l'aria di esserlo).<br />

In ogni caso, i due gentiluomini capiscono subito che il nostro eroe è matto.<br />

Inizia allora un dialogo che è una <strong>com</strong>plessa costellazione di allusioni ad<br />

argomenti incandescenti: la fede cattolica, il lignaggio, l'etnia, <strong>com</strong>e una<br />

struttura di chiavi di lettura non immediate, ma necessarie.<br />

Con fare ameno e burbero, Vivaldo allude al culto cavalleresco dell'amore<br />

per la dama, definendolo poco cristiano: nel momento pericoloso del<br />

<strong>com</strong>battimento, i cavalieri non si rac<strong>com</strong>andano a Dio bensì «alle loro<br />

dame, con tanta voglia e devozione, <strong>com</strong>e se fossero esse il loro Dio: cosa<br />

che mi sembra odori un po' di paganesimo» [DQ, I, 13]. Ovviamente, Don<br />

Chisciotte nega con forza. Difende il carattere cristiano della cavalleria (tesi<br />

che san Bernardo non avrebbe condiviso) e al tempo stesso afferma che è<br />

essenziale l'amore o culto della dama. In questo contesto fornisce un<br />

delizioso ritratto di Dulcinea:<br />

«Il suo nome è Dulcinea; la patria, il Toboso, un paese della Mancia;<br />

la sua qualità, almeno d'essere principessa, perché è regina e signora<br />

della mia anima; la sua bellezza, sovrumana, perché in essa diventano<br />

veri tutti gli impossibili e chimerici attributi di bellezza che i poeti<br />

dànno alle loro dame: i suoi capelli sono d'oro, la sua fronte campi<br />

elisi, le sue ciglia arcobaleni, gli occhi soli, le guance rose, le labbra<br />

coralli, perle i denti, alabastro il collo, marmo il petto, avorio le mani,<br />

la sua bianchezza neve, [e le parti che alla vista umana l'onestà ha<br />

coperto, sono tali, secondo quanto penso e <strong>com</strong>prendo, che la<br />

considerazione discreta può solo lodarle e non <strong>com</strong>pararle]» [DQ, I,<br />

13; il testo tra parentesi fu censurato dall'inquisizione portoghese nel<br />

1624].<br />

Il Toboso, in provincia di Toledo, era una zona ad alta densità morisca.<br />

Come scrive Américo Castro: «L'origine morisca di Dulcinea è un tema

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