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don chisciotte pagina 80<br />
problema progettando di portarli tutti in Spagna, vendendoli <strong>com</strong>e schiavi e<br />
racimolando così il denaro per <strong>com</strong>prarsi un titolo con cui vivere di rendita!<br />
In questa atmosfera teatrale (anche la vicenda, con l'intreccio di due coppie<br />
di innamorati, lo è) Don Chisciotte sembra stare particolarmente attento alla<br />
realtà. Quando ad un certo punto al Barbiere cade la barba finta, il Curato<br />
finge di riattaccargliela con un certo incantesimo, e Don Chisciotte<br />
«intendeva che la sua virtù doveva estendersi ad altro, oltre che ad<br />
attaccare barbe, perché era chiaro che, dove si era staccata la barba,<br />
doveva restare la carne piagata e malridotta, e dato che tutto risanava,<br />
doveva giovare a qualcosa di più delle barbe» [DQ, I, 29].<br />
Il Curato e Don Chisciotte non mancano di punzecchiarsi: uno ironizza sulla<br />
liberazione dei galeotti, l'altro la difende con tono aspro:<br />
«Ai cavalieri erranti non tocca né spetta accertare se gli afflitti, gli<br />
incatenati o gli oppressi incontrati per via vadano in tal modo, o siano<br />
in quell'angustia, per le loro colpe o le loro grazie; gli tocca solo di<br />
aiutarli <strong>com</strong>e bisognosi, guardando le loro pene e non le loro<br />
vigliaccherie. Io m'imbattei con un rosario e una fila di gente triste e<br />
sfortunata, e feci con loro ciò che la mia religione mi chiede» [DQ, I,<br />
30].<br />
La religione a cui allude è certamente la cavalleria, <strong>com</strong>e normalmente si<br />
interpreta il passo, ma ciò non toglie che nel contesto si possa leggere un<br />
senso allusivo, <strong>com</strong>e dire: io, che seguo la religione della cavalleria, opero<br />
secondo un senso religioso della vita, nel quale la charitas prevale<br />
sull'applicazione meccanica della giustizia. Il sottinteso potrebbe essere che<br />
proprio questo primato della charitas è l'essenza di quel cristianesimo che<br />
dovrebbe ispirare la vita del Curato, uomo di chiesa e non di leggi penali.<br />
La recita in cui tutti sono coinvolti è certamente un <strong>com</strong>portamento simulato<br />
e cosciente, ma chi lo vive sembra indotto a percepire che tale<br />
<strong>com</strong>portamento è eterogeneo rispetto alla normalità. È <strong>com</strong>e se, recitando, si<br />
avesse l'impressione che tutto è una recita, sempre e dovunque. Per esempio,<br />
per Don Chisciotte è un problema la prospettiva di sposare la principessa<br />
Mi<strong>com</strong>icona, una volta restaurato il suo legittimo governo, perché ha<br />
promesso fedeltà a Dulcinea; allora Sancio trova la soluzione al problema:<br />
la sposi pure, mantenendo tuttavia la relazione con Dulcinea, «che debbono<br />
pur esserci stati re nel mondo che hanno avuto concubine» [DQ, I, 30]. È la<br />
farsa di una vita coniugale formalmente rispettosa dei dettami della chiesa,<br />
ma che nella sostanza equivale a una recita. Almeno quando si mantiene la<br />
facciata, perché, se parliamo di re, è chiaro che un Filippo IV non aveva<br />
alcun interesse neanche a salvarla in qualche modo.<br />
Anche la pazzia di Don Chisciotte, in questo contesto di recita e finzione,<br />
sfuma, fino a diventare indefinibile. Cardenio dice che si tratta di una pazzia<br />
«così rara e mai vista che io non o se, volendo inventarla e fabbricarla in<br />
modo menzognero, potrebbe esserci un ingegno così acuto da progettarla»<br />
[DQ, I, 30]: e noi sappiamo che certamente Don Chisciotte era ingenioso. Il