Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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tempo, e che i loro terreni melzesi erano stati venduti, si sia giunti ad esclu<strong>de</strong>rli dal novero <strong>de</strong>lle<br />
“sei” famiglie elencate nel falso transumptus, oppure che altre facoltose famiglie, queste sì attive<br />
economicamente a Melzo verso la metà <strong>de</strong>l Trecento, ne abbiano preso il posto.<br />
Ne <strong>de</strong>riverebbe, nel primo caso, la conclusione che il numero <strong>de</strong>i “veri” fondatori <strong>de</strong>lla cappellania<br />
di Sant’Andrea era forse superiore a sei, ma anche la constatazione che non servirebbe a nulla<br />
preoccuparsi <strong>de</strong>ll’i<strong>de</strong>ntità di famiglie diventate estranee alla storia <strong>de</strong>l nostro borgo già in quegli<br />
anni lontani, ed oggi tanto più sconosciute ed irrilevanti.<br />
Nel secondo caso si dovrebbe pensare che alcune <strong>de</strong>lle “sei” famiglie <strong>de</strong>l transumptus potrebbero<br />
non essere comprese nel “vero” elenco <strong>de</strong>i fondatori <strong>de</strong>lla cappellania. Si tratta, come si capisce<br />
bene, di eventualità possibili ma non dimostrabili e piuttosto aleatorie, ma che mi è parso comunque<br />
utile segnalare prima di proseguire.<br />
Sant’Andrea restò una chiesa privata molto a lungo, almeno fino al primo Seicento, e le famiglie <strong>de</strong>i<br />
fondatori continuarono a <strong>de</strong>tenere i diritti di patronato <strong>de</strong>lla piccola chiesa nel corso di quei quattro<br />
secoli. Se, però, andiamo a rileggere le pesanti cartelle che nell’Archivio Storico <strong>de</strong>lla Curia<br />
milanese raggruppano le notizie sulla Pieve di Melzo, ci troviamo di fronte a una circostanza<br />
perlomeno curiosa.<br />
Il frontespizio <strong>de</strong>l quinto volume, infatti, é intitolato: “Varia instrumenta plebis Meltii ut plurium<br />
sunt Capellae S. Andreae ad revocandum in Pristinum Statum jus et Patronatus Caesaris Baroni <strong>de</strong><br />
Ello et Joan Antonii <strong>de</strong> Lampergis ut in Breviis Capellae St. Andreae Bona et Jura”.<br />
La traduzione letterale suona così:<br />
“Vari istromenti <strong>de</strong>lla pieve di Melzo, molti <strong>de</strong>i quali sono <strong>de</strong>lla Cappella di Sant’Andrea,<br />
dovendosi revocare il diritto e il Patronato <strong>de</strong>tenuti in principio da Cesare Barone da Ello e<br />
Giovanni Antonio Lampergo, come nella Breve riguardante Beni e Diritti <strong>de</strong>lla Cappella di<br />
Sant’Andrea di Melzo”.<br />
L’atto di revoca <strong>de</strong>i diritti di patronato, dunque, consisteva in una “Breve” papale, un atto formale<br />
che in questi casi si ren<strong>de</strong>va necessario, ma che nel faldone non c’è, perciò non sappiamo a quando<br />
risalga, chi fosse il Pontefice che l’aveva promulgata e che cosa ci fosse scritto. Nella storia di<br />
Sant’Andrea, evi<strong>de</strong>ntemente, di sicuro e di semplice non c’è proprio niente.<br />
E’ possibile che la “Breve” papale possa risalire agli anni che seguono la visita a Melzo<br />
<strong>de</strong>ll’arcivescovo Carlo Borromeo, avvenuta nel 1573, oppure sia successiva alla visita <strong>de</strong>l Cardinal<br />
Fe<strong>de</strong>rico <strong>de</strong>l 1605, perché il primo aveva lasciato la disposizione di trasferire i beni <strong>de</strong>lla<br />
cappellania di Sant’Andrea unendoli a quelli di un’altra cappellania di Melzo, istituita presso la<br />
parrocchiale di Sant’Alessandro e chiamata di San Gerolamo, mentre l’altro Borromeo,<br />
accorgendosi che quelle volontà non erano ancora state applicate, le aveva confermate per intero. Il<br />
fine di trasferire, e di fatto abolire, l’antica cappellania comportava, con ogni probabilità, anche la<br />
necessità di revocare i diritti di patronato ancora <strong>de</strong>tenuti dalle famiglie <strong>de</strong>i fondatori, ma<br />
l’eventualità richie<strong>de</strong>va il loro consenso, e perciò poteva preve<strong>de</strong>re una qualche forma, più o meno<br />
laboriosa, di trattativa con i <strong>de</strong>tentori, se non sul diritto di presentare i curati (cui si poteva<br />
rinunciare, dopo tanto tempo) perlomeno sulla sopravvivenza <strong>de</strong>lla facoltà di mantenere nella<br />
vecchia chiesa gli stemmi e la tomba di famiglia. Di entrambi si dovrà discutere, per altre ragioni,<br />
più avanti.<br />
Se la “Breve” fosse la conseguenza formale <strong>de</strong>lle <strong>de</strong>cisioni <strong>de</strong>i due Borromeo, cercare il suo autore<br />
significa scegliere tra parecchie possibilità: Gregorio VIII, pontefice dal 1572 al 1585, ma anche<br />
Sisto V, papa fino al 1590, Urbano VII che fu papa per tredici giorni, Gregorio XIV che regnò per<br />
un anno o Innocenzo IX, sul soglio di Pietro per due mesi, oppure Clemente VIII, papa Ippolito<br />
Aldobrandini, eletto nel 1592 fino al 1605, Leone XI che lo sostituì per soli 27 giorni, infine (ed è<br />
il più probabile) Paolo V, Camillo Borghesi, pontefice dal 1605 al 1629.<br />
Chi a suo tempo ha raccolto e ordinato i vari documenti melzesi - un <strong>bibliotecario</strong> <strong>de</strong>ll’archivio<br />
diocesano, molto pratico di queste cose - scrivendo quel lungo titolo sul frontespizio non ci ha<br />
ricordato solo la natura privata di Sant’Andrea: la sua affermazione che ci interessa di più è che<br />
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