Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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ricordasse che la firma <strong>de</strong>i patti tra i fondatori era stata davvero un’occasione importante, seria,<br />
solenne, e perfino “con la partecipazione di”. Oppure perché, agli occhi di tutti gli altri, era proprio<br />
questo suo “speciale intervento”, questa sua partecipazione diretta, ad aggiungere alla presenza <strong>de</strong>l<br />
primo da Ello un grado maggiore di autorità e credibilità, forse anche una sorta di garanzia non<br />
scritta, ma comunque utile. E se mai qualcuno, più avanti, avesse mai messo in dubbio l’autenticità<br />
di quel testo pieno zeppo d’errori e di approssimazioni da parte <strong>de</strong>l notaio curiale, si sarebbe sempre<br />
potuto rispon<strong>de</strong>re: ma come? C’era anche lui...<br />
13. PRIME CONCLUSIONI<br />
Questa ricerca forse aveva propositi troppo ambiziosi, perché il tentativo di conoscere meglio il<br />
Duecento melzese attraverso l’esame di un falso documento scritto nel secolo successivo, perciò<br />
attraverso l’indagine accurata e curiosa <strong>de</strong>lle circostanze, <strong>de</strong>i motivi e <strong>de</strong>i protagonisti di quella<br />
forse banale avventura di fro<strong>de</strong> fiscale costituita dal transumptus, doveva mettere in conto fin dal<br />
principio l’eventualità di arenarsi ben presto di fronte alla scarsità evi<strong>de</strong>nte <strong>de</strong>lle carte e alla<br />
difficoltà di affrontare l’eterogenea qualità e quantità di problemi per la loro corretta comprensione.<br />
D’altra parte, partire dal transumptus non costituiva solo una bella sfida, ma mi sembrava molto<br />
interessante per una questione di punti di vista: perché, se ci pensate, la “messa in scena” <strong>de</strong>i<br />
discen<strong>de</strong>nti <strong>de</strong>lle “sei” famiglie interessati ad accreditare come verità storica la bugia di avere<br />
fondato una cappellania esattamente trecento anni prima costringeva loro per primi, esattamente<br />
come noi oggi, a compiere uno sforzo di ricostruzione retrospettiva <strong>de</strong>l tutto simile al nostro, con la<br />
differenza - significativa, certo - che quegli uomini <strong>de</strong>l Trecento dovevano fingere di rappresentare<br />
una situazione vecchia di tre secoli, risalente al 1025, ma in realtà di uno solo, o poco più; noi,<br />
invece, dobbiamo spingere indietro lo sguardo più o meno di ottocento anni.<br />
Partire dal transumptus, infine - cercare di leggerlo in modo molto più approfondito di quanto<br />
avessi fatto io stesso nel mio libro sulla storia di Melzo, ma stavolta cercare di consi<strong>de</strong>rarlo da un<br />
diverso punto di vista - poteva forse suggerire che quando ci proponiamo di pervenire a una<br />
migliore conoscenza <strong>de</strong>lla nostra storia, invece di esercitarci ad inseguire improbabili possibilità<br />
affascinanti occorre, anzitutto, studiare le carte che ci raccontano la realtà. Un dovere utile ed<br />
elementare cui però finora, nel caso specifico, nessuno aveva obbedito. Cercare di conoscere meglio<br />
e molto più da vicino le “sei famiglie” che al principio <strong>de</strong>l tredicesimo secolo dotarono di propri<br />
fondi la chiesa di Sant’Andrea, ed altri quattro nuclei parentali nominati nel documento fondativo di<br />
quella istituzione, significava gettare qualche luce in più sulle casate più ricche che, nel Duecento e<br />
non solo, si trovavano in posizione dominante nell’economia e nella società <strong>de</strong>l borgo; ma riuscire a<br />
scoprire, poi, dove fossero finite quelle stesse famiglie nei secoli successivi prometteva di aiutarci a<br />
capire meglio - e su un terreno di gran<strong>de</strong> concretezza come quello che talvolta solo la storia locale<br />
consente, con il suo interesse per il <strong>de</strong>ttaglio - come fossero cambiate la geografia e le gerarchie <strong>de</strong>l<br />
potere economico e <strong>de</strong>ll’influenza sociale a Melzo nei secoli prece<strong>de</strong>nti alla dominazione <strong>de</strong>i<br />
Trivulzio 208 . Giunti alla fase conclusiva <strong>de</strong>ll’indagine, credo si possa dire che il lungo peregrinare<br />
tra le antiche carte riguardanti le vicen<strong>de</strong> di un numero rappresentativo di famiglie <strong>de</strong>lla nostra<br />
comunità sociale abbia saputo dirci qualcosa di significativo ed in buona parte anche inedito: sia<br />
guardando alla notevole mobilità e mutevolezza <strong>de</strong>lla pirami<strong>de</strong> <strong>de</strong>l potere locale, sia - osservando le<br />
stesse vicen<strong>de</strong> dal punto di vista specularmente opposto - a proposito <strong>de</strong>lla loro secolare persistenza.<br />
208 Il lettore avrà certo osservato che la ricerca ha quasi <strong>de</strong>l tutto trascurato, se non per qualche necessario richiamo<br />
fatto per inciso, almeno un’altra famiglia molto importante nelle vicen<strong>de</strong> medievali di Melzo, i Malingegno. Non si<br />
tratta, evi<strong>de</strong>ntemente, di una dimenticanza, ma dipen<strong>de</strong> solo dal fatto che nel transumptus essi non sono mai nominati.<br />
Ne <strong>de</strong>riva che se mai queste mie ricerche avranno un seguito, dovrò necessariamente occuparmi <strong>de</strong>i Malingegno in un<br />
apposito capitolo.<br />
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