Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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Santo Joanne di Monza. Ma non sappiamo, specialmente riguardo il primo che ci interessa molto di<br />
più, se fosse parente <strong>de</strong>i <strong>de</strong> Nigris di Melzo 153 . Quanto al cognome davvero strano - Nerello - che<br />
l’anonimo autore <strong>de</strong>l memoriale <strong>de</strong>l 1620 assegna al <strong>de</strong>funto marito <strong>de</strong>lla vedova Giovannina <strong>de</strong><br />
Negri, esso non fa che confermare ancora una volta l’imprevedibile fantasia con la quale spesso si<br />
traducevano in italiano i cognomi latini, ed illustra bene tutte le difficoltà che si incontrano nel<br />
corso di una ricerca come quella che qui abbiamo intrapreso.<br />
Resta da segnalare solo un particolare contenuto nella relazione scritta dall’arcivescovo Fe<strong>de</strong>rico<br />
Borromeo in occasione <strong>de</strong>lla sua visita pastorale a Melzo <strong>de</strong>l 1605: un semplice <strong>de</strong>ttaglio, che non<br />
sembra aggiungere niente a quel poco che sappiamo sui Negri di Melzo fino a questo momento.<br />
L’arcivescovo, elencando le quattro famiglie <strong>de</strong>i fondatori <strong>de</strong>lla cappellania con diritto di nominare<br />
i canonici, usa una variante minima rispetto all’antico notaio, e trascrive il cognome come “<strong>de</strong><br />
Nigris, sive Rubeis” 154 . Con una virgola dopo <strong>de</strong> Nigris, che forse non significa nulla. Le parole<br />
scritte dal Cardinale rappresentano, con tutta l’evi<strong>de</strong>nza possibile, la conferma che nel 1605 a<br />
Melzo esistono ancora <strong>de</strong>i “Negri-Rossi” discen<strong>de</strong>nti dai fondatori <strong>de</strong>lla cappellania; ma la gran<strong>de</strong><br />
singolarità di questa circostanza sta, tutta, nella constatazione che l’intero complesso <strong>de</strong>lla<br />
documentazione melzese riguardante i quattro secoli trascorsi sembra dimostrare esattamente il<br />
contrario: l’assoluta scarsità <strong>de</strong>lle attestazioni <strong>de</strong>i <strong>signori</strong> <strong>de</strong> Nigris, limitata ad un singolo atto<br />
notarile <strong>de</strong>l 1445 di poco significato, la gran<strong>de</strong> quantità di carte circa i <strong>de</strong> Rubeis, come dirò tra<br />
poco, e per contro la totale, assoluta mancanza di carte nelle quali compaia una famiglia, una sola,<br />
chiamata “Negri-Rossi”, o “<strong>de</strong> Negri-<strong>de</strong> Rossi”. Per a<strong>de</strong>sso non mi resta che pren<strong>de</strong>re nota <strong>de</strong>lla<br />
riga <strong>de</strong>ll’arcivescovo, ma la prima impressione è che la soluzione <strong>de</strong>l problema sia lontana, forse<br />
più di prima.<br />
Se passiamo al secondo corno <strong>de</strong>l dilemma, cioè al cognome <strong>de</strong> Rubeis, la questione come<br />
prevedibile si complica. Le genealogie <strong>de</strong>i <strong>de</strong> Rubeis, almeno nel Nord d’Italia, partono quasi tutte<br />
dai Rossi di Parma. I repertori ci ricordano anzitutto un Orlando <strong>de</strong>tto Rubeus, “capostipite <strong>de</strong>lla<br />
casata Rossi di Parma e <strong>de</strong>gli altri rami sparsi in diverse città d’Italia”, e più tardi anche un<br />
Alberto <strong>de</strong> Rubeis <strong>de</strong>legato al congresso di Crema nel 1175 e impegnato nella Lega Lombarda,<br />
seguito da un Orlando Rossi nominato po<strong>de</strong>stà di Parma per dieci anni a partire dal 1180, e poi di<br />
Cremona nel 1215. Fu questo Orlando che, negli anni <strong>de</strong>ll’imperatore Ottone IV e poi di Fe<strong>de</strong>rico<br />
II, “favorì la parte <strong>de</strong>l Papa, non solamente in Parma, ma in diverse altre città di Lombardia, nelle<br />
quali aveva molto potere” e che “durante una incredibile carestia nella città di Parma sostenne<br />
quel popolo con le sue proprie sostanze”.<br />
Pochi anni dopo troviamo diversi altri Rossi che a <strong>Milano</strong> hanno acquisito una certa notorietà.<br />
“Dagli inizi <strong>de</strong>l Duecento” scrive Paolo Grillo nel suo informatissimo libro <strong>de</strong>dicato agli atti<br />
pubblici milanesi, le carte relative ai nobili da Baggio <strong>de</strong>scrivono già “una famiglia che viveva<br />
quasi esclusivamente <strong>de</strong>i numerosi canoni livellari” e che poteva ancora vantare molte proprietà<br />
nella zona di Brera, “residuo <strong>de</strong>lla loro passata prosperità”. Come l’ultima frase suggerisce, la<br />
fortuna <strong>de</strong>lla nobile casata da Baggio era molto più antica. Fin da epoche già piuttosto lontane (poco<br />
dopo il Mille) le loro proprietà milanesi si esten<strong>de</strong>vano dalla zona <strong>de</strong>l Ponte Vetero alla Porta<br />
Cumana, o Comasina, ma non si limitavano all’interno <strong>de</strong>lla città, occupando anche quella che<br />
veniva chiamata la Brera <strong>de</strong>l Guercio, l’attuale via Brera, lo stesso quartiere dove fin da quel<br />
lontano periodo si stava sperimentando quell’originale organizzazione religiosa <strong>de</strong>l lavoro da cui<br />
nasce l’ordine <strong>de</strong>gli Umiliati 155 . Più che ad una casa, l’abitazione <strong>de</strong>i da Baggio doveva somigliare a<br />
una vera e propria rocca cittadina, <strong>de</strong>molita negli anni <strong>de</strong>l Barbarossa. Vi era nato Ar<strong>de</strong>rico da<br />
153<br />
Liber Seminarii Mediolanensis a cura di Marco Magistretti, in Archivio Storico Lombardo, XLIII, 1916, pp. 509 e<br />
segg.<br />
154<br />
Ricordo il passo <strong>de</strong>lla relazione <strong>de</strong>l Cardinale:“ unus <strong>de</strong> (-) quatuor parentellarum dicti burgi scilicet illorum <strong>de</strong><br />
Lampergis, et illorum <strong>de</strong> Albignano, et illorum <strong>de</strong> Ello, et illorum <strong>de</strong> Nigris, sive Rubeis habeat ius praesentandi<br />
praesbyterum, et rectoremad dictam ecclesiam sancti Andrea”.<br />
155<br />
La Braida o Brera risulta già abitata dai fratres <strong>de</strong> Guercio in un documento <strong>de</strong>l 1036.<br />
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