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Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est

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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />

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Fig. 23. Chiesa di Sant’Alessandro e Margherita di Melzo:<br />

cappella di Santa Caterina, particolare <strong>de</strong>gli affreschi<br />

Sono i figli di Caterina che di conseguenza, “obbligando ogni bene mobile e immobile” a garanzia<br />

<strong>de</strong>l loro proposito, si rivolgono “reverenti e direttamente al Dux Mediolani e Pavia, Signore di<br />

Cremona eccetera” proclamandosi suoi “fidati” e chie<strong>de</strong>ndo il previsto consenso ad a<strong>de</strong>mpiere alle<br />

volontà <strong>de</strong>lla madre 221 . Il <strong>de</strong>si<strong>de</strong>rio di Caterina Rozza, ottenute dal duca di <strong>Milano</strong> le autorizzazioni<br />

richieste, sarà finalmente raggiunto qualche anno più tardi. Nel mio libro ho osservato che la data<br />

scelta dalla nobildonna per fondare la cappellania coinci<strong>de</strong>va, non certo per caso, con l’anno in cui<br />

avrebbe dovuto avvenire la visita pastorale a Melzo, purtroppo svolta in seguito solo “per<br />

comparitionem”, da parte <strong>de</strong>ll’arcivescovo di <strong>Milano</strong> Gabriele Sforza 222 e sappiamo bene che non<br />

221<br />

Un anno dopo, nel dicembre 1454, Aloisius <strong>de</strong> Rociis, il secondo <strong>de</strong>i figli di Caterina, diventerà Po<strong>de</strong>stà di Melzo,<br />

carica che negli anni successivi altri suoi discen<strong>de</strong>nti ricopriranno numerose volte, confermando ancor più il<br />

fondamentale ruolo istituzionale <strong>de</strong>i Rozza, che sarà conservato per altri due secoli.<br />

222<br />

La visita “per Comparitionem” era un modo elegante per spiegare che il vescovo, non trovando il tempo per visitare<br />

di persona quelle terre <strong>de</strong>lla Diocesi, si limitava a convocare nel suo Palazzo i loro sacerdoti per farsi illustrare la<br />

situazione <strong>de</strong>lle varie parrocchie. Se leggiamo il rapporto constatiamo che il vescovo Gabriele Sforza <strong>de</strong>cise di riservare<br />

alla situazione <strong>de</strong>lle nostre chiese quello che possiamo ben <strong>de</strong>finire un brevissimo resoconto: due righe. Sono riportati<br />

solo i nomi <strong>de</strong>i due sacerdoti provenienti dal nostro borgo: Ambrogio <strong>de</strong> Giochis rettore di Sant’Andrea e Franciscolus<br />

<strong>de</strong> Beluscho “rector ecclesiae”, cioè prevosto di Sant’Alessandro. Il cappellano di Sant’Andrea Ambrosius <strong>de</strong> Giochis -<br />

cognome già attestato a Melzo fin dal Duecento attraverso una famiglia di proprietari, quindi più volte a metà<br />

Quattrocento e nei censimenti cinquecenteschi, quando il cognome diventa Ciocha, e poi Ciocca - viene <strong>de</strong>finito<br />

“canonicus prebendatus”, cioè titolare <strong>de</strong>lle relative preben<strong>de</strong>, <strong>de</strong>lla chiesa di San Vittore di Canobbio, località <strong>de</strong>l lago<br />

Maggiore che faceva parte <strong>de</strong>lla diocesi milanese, ed inoltre “Rector Parrochialis ecclesiae Sancte Mariae <strong>de</strong> Pozzolo<br />

hac capellanus ecclesiae seu capellae Sancti Andree burgi <strong>de</strong> Meltio, predictae Mediolanensis Diocesis”. Il <strong>de</strong> Giochis<br />

perciò era canonico di una chiesa molto lontana ma doveva occuparsi anche <strong>de</strong>lla parrocchiale di Pozzuolo e, in<br />

aggiunta, <strong>de</strong>lla cappellania melzese di Sant’Andrea, che perciò doveva costituire l’ultima <strong>de</strong>lle sue preoccupazioni. La<br />

qualifica di “prebendarius” non fa dubitare che il prete non trascurasse di riscuotere puntualmente i benefici economici<br />

- le preben<strong>de</strong>, appunto - <strong>de</strong>rivanti dai vari luoghi di culto di cui era beneficiario, ma rappresenta il segnale<br />

inequivocabile di quanto fosse ormai scarsa l’attività religiosa nell’antica chiesa melzese due secoli e mezzo dopo la sua<br />

istituzione. In quegli anni la chiesa apparteneva ancora sicuramente alle “sei” famiglie che ne conservavano il primitivo<br />

giuspatronato. Può darsi che nel 1453 nessuna di esse avesse trovato un parente cui affidare la cura <strong>de</strong>lla cappellania e<br />

che perciò si fosse <strong>de</strong>ciso di indicare per la nomina un De Giochis, rappresentante di una famiglia molto nota a Melzo<br />

che poteva essere anche in rapporti di parentela con alcuni <strong>de</strong>i fondatori. Si veda nella mia “Storia di Melzo”, cit. Le<br />

notizie sul <strong>de</strong> Giochis a Canobbio provengono dalla visita pastorale svolta il 29 luglio 1455 (“vi sono otto canonicati,<br />

<strong>de</strong>i quali uno è tenuto dallo stesso prevosto e ... il settimo dal sac. Ambrogio Giochi... Il canonico Giochi non è<br />

resi<strong>de</strong>nte...”, si veda in Verbanus, Rassegna per la cultura l’arte la storia <strong>de</strong>l lago, 14, 1993, Alberti / Società <strong>de</strong>i<br />

Verbanisti, pp. 113-121). Un’altra fonte conferma che un quarto di secolo dopo, nel 1477, Ambrogio <strong>de</strong> Giochis<br />

manteneva ancora a Canobbio lo stesso canonicato (si veda ASMi, Notarile, notaio Giovanni Pietro Ciocca q. Andrea,<br />

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