Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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Nel caso <strong>de</strong>l notaio Genesio da Ello, attivo a Melzo dal 1431 al 1450, siamo di fronte alla singolare<br />
coinci<strong>de</strong>nza per cui, oltre al cognome, anche il nome di battesimo sembra stare lì a dimostrarci<br />
quale fosse il luogo di provenienza <strong>de</strong>i suoi antenati.<br />
Diversi cognomi piuttosto diffusi anche oggi, Elli, Elini, Daelli, appartengono a famiglie che<br />
provenivano dal comune di Ello, in Brianza, che sorge sulle pendici di un monte che si chiama San<br />
Genesio, <strong>de</strong>tto anche colle di Brianza, da cui nascono numerosi torrenti diretti verso il lago di<br />
Lecco. Daelli, in particolare, è il solo di questi cognomi che conserva in sé anche la preposizione<br />
(da Ello) con la quale lungo il medioevo, il cognome, diventato molto famoso, era scritto.<br />
Il notaio <strong>de</strong>l primo Quattrocento melzese, perciò, ci ricorda sia il paese, sia il monte sul quale esso<br />
fu costruito. Quanto al primitivo significato <strong>de</strong>l termine “ello” basterà dire che non è chiaro: alcuni<br />
lo fanno <strong>de</strong>rivare da agellus, cioè piccolo campo, ma l’Olivieri, che ho imparato a consultare<br />
sempre in casi <strong>de</strong>l genere, ci propone il latino labellum, abbeveratoio, che gli <strong>de</strong>ve essere sembrato<br />
più adatto a <strong>de</strong>signare un luogo dove le mandrie, d’estate, andavano a pascolare.<br />
Se nel caso di Genesio da Ello dare certe risposte assennate pare abbastanza facile, molti altri casi si<br />
rivelano molto più complicati ed altri ancora, come ci accorgeremo molto presto, sembrano quasi<br />
insolubili.<br />
Chi si occupa <strong>de</strong>lla storia di Melzo, quando sente il cognome “da Ello” si ricorda subito <strong>de</strong>l nostro<br />
documento antico più controverso: l’atto di istituzione <strong>de</strong>lla cappellania 5 <strong>de</strong>lla chiesa di<br />
Sant’Andrea, uno <strong>de</strong>i due nostri edifici sacri più antichi e, per molte ragioni, quello storicamente più<br />
controverso. Rammento al lettore che purtroppo non disponiamo di carte relative alla costruzione di<br />
Sant’Andrea, e che neppure l’atto originale <strong>de</strong>lla fondazione <strong>de</strong>lla cappellania è sopravvissuto. C’è<br />
invece una sua trascrizione più tarda, un “transumptus” compilato nel 1345 6 , perciò un suo estratto,<br />
un riassunto, che dobbiamo immaginare accurato, ma che non ci consente di leggere quei passi <strong>de</strong>l<br />
testo originale che sono andati perduti.<br />
L’autore <strong>de</strong>ll’estratto, un serioso e pomposo notaio curiale, il cui nome era Gallus <strong>de</strong> Marano 7 ,<br />
dichiara con ogni possibile solennità di avere fe<strong>de</strong>lmente ricopiato al suo interno, più o meno a metà<br />
<strong>de</strong>l testo, un altro documento molto più antico, attribuito a un presunto notaio melzese<br />
<strong>de</strong>ll’undicesimo secolo, Michele Dossi, o Rossi 8 , che sarebbe stato redatto oltre trecento anni prima,<br />
5<br />
Una cappellania è un istituzione ecclesiastica, risalente ai secoli XIII e XIV, costituita in seguito a donazioni o lasciti<br />
da parte di un fe<strong>de</strong>le, le cui rendite sono <strong>de</strong>stinate al culto. In altre parole, la cappellania costituisce l’insieme, autonomo<br />
e perpetuo, <strong>de</strong>i beni conferiti a una chiesa, che da quel momento avrà diritto di percepirne il relativo compenso<br />
economico. Si tratta di un “dono” che di solito dovrà essere ricompensato da parte <strong>de</strong>i beneficiari con l’onere di<br />
provve<strong>de</strong>re a <strong>de</strong>terminate funzioni (di solito la celebrazione di messe). Ma, in quei secoli, si trattava anche di un dono<br />
spesso interessato, perché i beni conferiti a un ente religioso diventavano esenti da imposizioni fiscali. Spesso o quasi<br />
sempre, dopo avere fatto registrare le “donazioni” i prece<strong>de</strong>nti proprietari rientravano in possesso <strong>de</strong>gli stessi beni, che<br />
di solito erano fondi agricoli, attraverso contratti d’affitto di comodo. Prima <strong>de</strong>lla diffusione <strong>de</strong>l termine “cappellania”,<br />
si chiamava “beneficio” la massa <strong>de</strong>i beni o <strong>de</strong>i diritti che ne costituivano la dote. Non si <strong>de</strong>ve perciò confon<strong>de</strong>re, come<br />
a volte acca<strong>de</strong>, l’istituzione di una cappellania con la fondazione <strong>de</strong>lla chiesa, che di solito risale a una data prece<strong>de</strong>nte.<br />
6<br />
La parola “transunto” non significa “trascrizione”, ma “sunto, estratto, compendio”.<br />
7<br />
Il transumptus è firmato da “Gallus <strong>de</strong> Marano, dottore in legge <strong>de</strong>lla Chiesa Vercellina, Reverendo in Cristo”<br />
insieme al “domino Dns. Joannis <strong>de</strong>lla Curia Arcivescovile di <strong>Milano</strong>”, che non doveva essere un notaio ma un prete,<br />
forse un assistente o un segretario.<br />
8<br />
Il transumptus, naturalmente, è un testo manoscritto, ed è stato trascritto numerose volte. Il cognome <strong>de</strong>l notaio, letto<br />
per la prima volta come “Dossius” da Giuseppe Costa nelle aggiunte alla terza edizione <strong>de</strong>l suo “Melzo nella sua<br />
Storia”, 1953, è invece inconfondibilmente interpretabile come “Rossius” nell’esemplare che io ritengo più antico e<br />
che il lettore troverà in appendice a questo studio. Nelle altre versioni <strong>de</strong>l transumptus il cognome viene in genere<br />
trascritto “Dossius”, ad eccezione <strong>de</strong>lla versione di Bartholomeus Georgius <strong>de</strong>l 1597 - che risulta, fra tutte, quella<br />
scritta con la calligrafia più chiara - e nella quale l’autore, vista la difficoltà di pren<strong>de</strong>re posizione per l’una o per l’altra<br />
grafia <strong>de</strong>l cognome, si limita a scrivere: “Michael ( ) notarius”. Dopo molte esitazioni, nella mia Storia di Melzo ho<br />
indicato il notaio come “Dossi”, preferendo non modificare la grafia <strong>de</strong>l cognome riferita dal Costa e perciò già<br />
conosciuta come tale dai lettori melzesi. In quella occasione, però, non avevo tenuto conto di un’altra circostanza che<br />
invece è molto importante per questo studio: la traduzione italiana di “Rossius”, infatti, diventa, in pratica, la stessa di<br />
quella di altre due famiglie importanti, quella <strong>de</strong>i <strong>de</strong> Rubeis che figurano tra i fondatori <strong>de</strong>lla cappellania, e quella <strong>de</strong>i<br />
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