Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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sono gli stessi che già lavoravano quella terra per conto di Rigizone 190 . Questa affermazione <strong>de</strong>l<br />
canonico Anrico mi sembra importante, sia perchè attesta che nell’anno 1188 questi fratelli da Ello<br />
abitavano e lavoravano a Melzo già da diversi anni, sia perchè sembra confermarci l’esistenza di un<br />
solido e già sperimentato rapporto di fiducia tra un nucleo famigliare proveniente da Ello e un<br />
arciprete <strong>de</strong>i Decumani, una <strong>de</strong>lle chiese che potrebbe avere <strong>de</strong>terminato o favorito in qualche modo<br />
la migrazione verso Melzo di alcune famiglie provenienti dalla piccola terra lecchese. Si noti che<br />
Anrico non è un religioso qualunque ma è un arciprete, cioè il <strong>de</strong>cano posto a capo di un collegio<br />
<strong>de</strong>i presbiteri, con il compito di aiutare e rappresentare il vescovo stesso. Una figura come quella di<br />
questo arciprete <strong>de</strong>i Decumani <strong>de</strong>l Duomo, per la sua autorità e notorietà nella società lombarda <strong>de</strong>l<br />
tempo, per le sue estese relazioni, per l’ascen<strong>de</strong>nte che gli <strong>de</strong>rivava dalla sua carica e per tutti gli<br />
svariati incarichi anche amministrativi di cui si occupava, sembra davvero riassumere in se’, se<br />
proviamo a pensarci, tutte le principali caratteristiche che doveva posse<strong>de</strong>re chi spinse i primi da<br />
Ello a trasferirsi a Melzo.<br />
Nel testo <strong>de</strong>lla pergamena c’è un ultimo particolare cui <strong>de</strong>dicare attenzione. Può trattarsi solo <strong>de</strong>llo<br />
stile letterario <strong>de</strong>l notaio “<strong>de</strong>l sacro palazzo” chiamato a scriverla, ma al lettore non sarà sfuggito<br />
che i due massari che più ci interessano vengono nominati come Pietro e Lanfranco “<strong>de</strong>tti da Ello”.<br />
Inten<strong>de</strong>ndo, forse, che non era quello il loro vero cognome, ma che erano chiamati così. Dopo avere<br />
sottolineato quanti da Ello ci fossero a Melzo, ed aver constatato che la diffusione di questo<br />
cognome nell’area milanese si può far risalire alla seconda metà <strong>de</strong>l dodicesimo secolo, la presenza<br />
di un signore con questo cognome tra i fondatori <strong>de</strong>lla cappellania di Sant’Andrea non dovrebbe<br />
meravigliarci. Anzi, si potrebbe perfino osservare che proprio la singolare e secolare abbondanza<br />
<strong>de</strong>i da Ello melzesi era suggellata, anche in questo caso, dalla circostanza che a firmare il<br />
transumptus ce ne fossero addirittura due.<br />
Credo sia necessario, prima di proseguire, rammentare altri due particolari che potrebbero<br />
consentirci una serie di <strong>de</strong>duzioni interessanti. Il primo consiste nell’annotazione già ricordata più<br />
volte secondo la quale i diritti legali <strong>de</strong>lla cappellania di Sant’Andrea appartenevano “a Cesare<br />
Barone da Ello e Giovanni Antonio Lampergo”. Il secondo ci riporta ancora una volta al<br />
transumptus: perché una <strong>de</strong>lle trascrizioni successive <strong>de</strong>l documento originale era stata eseguita il<br />
20 maggio 1597 e redatta, come precisava il notaio curiale, “nel Palazzo Arcivescovile su esplicita<br />
richiesta <strong>de</strong>l Reverendo signore Gio. Bapta Baronus di Ello, cappellano <strong>de</strong>lla chiesa di Sant’Andrea<br />
<strong>de</strong>l borgo di Melzo, che <strong>de</strong>si<strong>de</strong>ra averne una copia”. In entrambi questi documenti, perciò - due<br />
carte, si noti, le cui date distano quasi quattro secoli - sia il cognome <strong>de</strong>l rappresentante <strong>de</strong>lla<br />
famiglia che ha fondato la cappellania, sia quello <strong>de</strong>l suo rettore che chie<strong>de</strong>va di avere una copia<br />
<strong>de</strong>ll’atto, sono scritti come “Barone da Ello”, e non semplicemente “da Ello” come aveva fatto il<br />
notaio Michele Dossi o Rossi nell’originale <strong>de</strong>l transumtus. A questi due esempi, entrambi relativi a<br />
documenti in qualche modo ufficiali perchè scritti da un notaio e da un <strong>bibliotecario</strong> <strong>de</strong>lla curia<br />
<strong>de</strong>lla Diocesi, possiamo aggiungerne un altro, ricavato dal testo di un autore ancora più illustre e<br />
che perciò mi sembra ancora più significativo. Nel rapporto <strong>de</strong>lla visita pastorale svolta a Melzo<br />
dall’arcivescovo Fe<strong>de</strong>rico Borromeo nel 1605, nel capitolo riguardante Sant’Andrea si legge: “Vi è<br />
un solo sepolcro secondo la norma, ad uso <strong>de</strong>lla famiglia <strong>de</strong>i Baroni”.<br />
190 Il testo dice:“ita quod amodo in antea omni tempore habere et tenere et laborare <strong>de</strong>beant ipsi Bernardus et Petrus et<br />
Lafrancus et eorum here<strong>de</strong>s”.<br />
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