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Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est

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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />

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un senso, forse ci troviamo di fronte ad un caso a suo modo metodologicamente esemplare <strong>de</strong>lle<br />

difficoltà di questo genere di ricerche, ma anche <strong>de</strong>lla cautela cui ci costringono le diverse<br />

possibilità di lettura <strong>de</strong>lle stesse, pochissime carte ritrovate: la presenza di Bartolomeo Albignano<br />

tra i melzesi ricchi di metà Cinquecento può significare che la famiglia, in realtà, nel corso di alcuni<br />

secoli non si è mai allontanata dalle sue proprietà melzesi ed ha sempre conservato anche una<br />

resi<strong>de</strong>nza stabile nel borgo, ma d’altra parte, visto che l’assenza completa di qualunque segno <strong>de</strong>lla<br />

sua presenza a Melzo per quasi duecentocinquanta anni è troppo lunga per essere <strong>de</strong>finita casuale, si<br />

potrebbe pensare che anche la storia <strong>de</strong>gli Albignano somigli a quella <strong>de</strong>i <strong>de</strong> Rubeis pavesi, che per<br />

molto tempo vagarono parecchio, e comprarono fondi un po’ dovunque, prima di ritornare ad<br />

abitare nelle terre <strong>de</strong>i loro avi. Per questo esito a collocare con certezza gli Albignano nel gruppo<br />

<strong>de</strong>i proprietari stabili resi<strong>de</strong>nti a Melzo, visto che il ritrovamento di una nuova carta, domani,<br />

potrebbe confermare l’ipotesi o, al contrario, spingerci a collocarli nel gruppo <strong>de</strong>gli irrequieti<br />

investitori viaggiatori.<br />

Se è possibile e certamente corretto collocare gli Aquania tra i proprietari stabili <strong>de</strong>l circondario, in<br />

questo caso di Gorgonzola, le doman<strong>de</strong> da porsi rispetto al loro rapporto con Melzo e con la sua<br />

piccola chiesa di Sant’Andrea sono di natura diversa. Gli Aquania sono certamente tra i promotori<br />

essenziali <strong>de</strong>lla costruzione <strong>de</strong>lla chiesa, edificata su un terreno di loro proprietà, ed anche <strong>de</strong>lla<br />

cappellania, il cui primo rettore e beneficiario <strong>de</strong>i beni conferiti, il sacerdote Tassius, porta il loro<br />

cognome. Nei secoli successivi però le proprietà melzesi <strong>de</strong>lla famiglia non sembrano più né<br />

importanti né strategiche, e tutte le loro vicen<strong>de</strong> famigliari si svolgono lontano da Melzo, eppure tre<br />

secoli esatti dopo la fondazione <strong>de</strong>lla cappellania, nel 1522, il notaio Erasmo Aquania dispone che<br />

si edifichi “nella chiesa di Sant’Andrea di questo borgo di Melzo una tomba sotto la finestra verso<br />

la strada all’ingresso <strong>de</strong>lla chiesa, nella quale <strong>de</strong>porre il mio cadavere, e sopra la quale lascio il<br />

mandato di costruire un altare per celebrare le messe” e lo fa in entrambi i suoi testamenti, anzi è<br />

proprio il secondo documento a confermarci che vuole essere sepolto “nella chiesa di Sant’Andrea<br />

di Melzo nel luogo <strong>de</strong>putato, davanti all’altare costruito ad onore <strong>de</strong>lla signora di Santa Maria di<br />

Loreto e <strong>de</strong>lla Fontana”, dove, infatti, ancora oggi riusciamo a leggere la scritta ERAS. AQN. Se,<br />

inoltre, anche dal punto di vista <strong>de</strong>gli Aquania l’interesse per la cappellania melzese è facile da<br />

spiegare con gli interessi di natura fiscale comuni a tutti i fondatori, non ho ancora compreso quale<br />

rapporto avesse la <strong>de</strong>cisione di costruire su un terreno di proprietà una piccola chiesa privata<br />

all’interno <strong>de</strong>lla gran<strong>de</strong>, continua ed attenta strategia <strong>de</strong>ll’attenzione messa secolarmente in atto da<br />

questa famiglia verso le istituzioni ecclesiali milanesi, tenendo conto che proprio a Melzo era stata<br />

costruita da pochissimi anni la chiesa parrocchiale, certo con la benedizione <strong>de</strong>l vescovo.<br />

Si potrebbe essere tentati di conclu<strong>de</strong>re, perciò, che se rileggiamo l’intero elenco <strong>de</strong>lle famiglie<br />

nominate almeno una volta nel transumptus, sul versante <strong>de</strong>lla “permanenza” restino, a conti fatti,<br />

solo i da Ello ed i Lampergo, quindi solo i due cognomi davvero imprescindibili (insieme ai<br />

Malingegno e ai Rozza) per chi studia quei secoli di storia di Melzo, ma non è vero. Non è vero, o<br />

non è <strong>de</strong>l tutto vero, perché sono proprio i <strong>de</strong> Lampergis, a partire da Jacomolo, a rappresentare uno<br />

<strong>de</strong>i casi più celebri e più raccontati di una famiglia ancora sconosciuta migrata da un piccolo borgo<br />

<strong>de</strong>l contado per diventare con impressionante rapidità, nel corso <strong>de</strong>l passaggio dai Visconti agli<br />

Sforza, una <strong>de</strong>lle casate più celebri, affermate, rispettate, influenti e di conseguenza anche più<br />

ricche <strong>de</strong>l milanese. Da <strong>Milano</strong>, da nobili, andranno a Vaprio da dove governeranno i traffici<br />

sull’Adda e diventeranno padroni di molti beni in un vasto circordario, ma fin dai giorni <strong>de</strong>l loro<br />

arrivo a <strong>Milano</strong> non saranno più i Lampergo, ma i Melzi. Il borgo natale sceglierà come stemma<br />

comunale quello <strong>de</strong>lla loro casata, ma i loro interessi non riguar<strong>de</strong>ranno mai più il paese di<br />

provenienza da cui, senza <strong>de</strong>ci<strong>de</strong>rlo, a loro volta pren<strong>de</strong>vano il nome. Quella <strong>de</strong>l Lampergo melzesi,<br />

perciò, ancora per diversi secoli sarà una persistenza, ma residuale, anche se parecchi <strong>de</strong>i disce<strong>de</strong>nti<br />

di Jacomolo saranno nominati sindaci <strong>de</strong>l paese e alla testa di quella “Universitas” <strong>de</strong>i capifamiglia<br />

locali dal nome molto più altisonante <strong>de</strong>lla sua scarsa rilevanza. Non è vero, o non è <strong>de</strong>l tutto vero,<br />

neppure per i da Ello, perché in realtà, come si è visto, i da Ello non erano affatto una famiglia, ma<br />

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