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Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est

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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />

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e Marchioro di Castano, padre e figlio, vendono “molti beni siti nel luogo di Asago, Pieve di<br />

Cesano” al signor Marchiolo Rozza, figlio di Michele, abitante a Melzo, “che stipula e accetta, tanto<br />

a suo nome, che a nome ed utilità <strong>de</strong>l Nobile e Sapiente Anselmo <strong>de</strong> Rozzi, dottore <strong>de</strong>ll’una e<br />

<strong>de</strong>ll’altra legge”. Si tratta di vigne, prati, risare, case da massaro “ed altri edifici con torri a modo di<br />

Castello”, boschi, “ed anco il jus di <strong>de</strong>cimare”, cioè la facoltà di riscuotere le <strong>de</strong>cime, “per il<br />

prezzo di libbre 25.680 di terzoli di bona moneta”. Un capitale che anche la gran<strong>de</strong> autorità <strong>de</strong>l<br />

Giulini, il quale riporta l’atto nella sua monumentale e notissima opera sulla storia di <strong>Milano</strong>,<br />

consi<strong>de</strong>ra davvero consi<strong>de</strong>revole, così come davvero notevoli sono alcuni particolari compresi nella<br />

<strong>de</strong>scrizione <strong>de</strong>i beni acquistati da Marchiolo ed Anselmo Rozza: un campo di girasoli, un fontanile<br />

e una roggia “che <strong>de</strong>fluisce attraverso il prato <strong>de</strong>lle cascine fortificate” confermando che la gran<strong>de</strong><br />

possessione acquistata dai Rozza era già da tempo ampiamente bonificata e resa fertile.<br />

I due atti citati parlano da soli. Negli ultimi vent’anni <strong>de</strong>l quattordicesimo secolo, non c’è dubbio<br />

che sia proprio Marchiolo (o Marcollo) Rozza di gran lunga l’abitante più facoltoso, più importante<br />

e più noto <strong>de</strong>l borgo di Melzo, oltre che, c’è da scommetterci, di tutte le terre vicine. Da quando,<br />

presumibilmente nella seconda parte <strong>de</strong>l dodicesimo secolo, la famiglia Rozza ha <strong>de</strong>ciso di risie<strong>de</strong>re<br />

a Melzo, la sua fortuna è dunque cresciuta in modo rilevante, assumendo, anche nel panorama <strong>de</strong>l<br />

contado milanese, proporzioni di assoluto rilievo. Il posto che i due Rozza occupano nella<br />

successione <strong>de</strong>i firmatari, cioè la parte alta <strong>de</strong>ll’elenco, rappresenterebbe ancor più chiaramente, in<br />

altre parole, il riconoscimento <strong>de</strong>l ruolo preminente che la famiglia aveva già assunto nella vita<br />

sociale melzese <strong>de</strong>lla prima fase <strong>de</strong>l tredicesimo secolo, in attesa di diventare ancora più evi<strong>de</strong>nte e<br />

indiscusso negli anni successivi. Queste importanti notizie però accrescono ulteriormente, se<br />

possibile, la nostra curiosità di sapere molte più cose sulla presenza <strong>de</strong>i Rozza nelle epoche che<br />

precedono quel falso documento <strong>de</strong>l 1345 che chiamiamo transumptus.<br />

Il discorso sui rapporti tra la famiglia Rozza e il transumptus potrebbe anche finire qui, se non fosse<br />

per una riga molto importante che possiamo leggere nel rapporto <strong>de</strong>lla visita pastorale<br />

<strong>de</strong>ll’arcivescovo Fe<strong>de</strong>rico Borromeo <strong>de</strong>l 1605. Nella nostra chiesa parrocchiale, nella prima<br />

cappella a <strong>de</strong>stra guardando all’absi<strong>de</strong> centrale, c’è un altare <strong>de</strong>dicato a San Gerolamo, dove nel<br />

quindicesimo secolo era stata istituita una cappellania con lo stesso nome. Ho raccontato la storia<br />

<strong>de</strong>lla cappellania nel mio libro, al quale rimando, ma possiamo leggerla anche in una supplica al<br />

signore di <strong>Milano</strong>, Francesco Sforza, redatta da un notaio milanese il 15 settembre 1453 220 .<br />

Caterina, vedova di Michele Rozza e sua ere<strong>de</strong>, rispettando le volontà <strong>de</strong>l marito <strong>de</strong>funto, con le<br />

proprie disposizioni testamentarie affida ai figli Gerolamo, Aloisio ed Antonio alcuni redditi<br />

<strong>de</strong>rivanti dall’affitto di vari terreni di proprietà al fine di erigere la Cappellania, aggiungendone altri<br />

affinché il sacerdote che sarà investito <strong>de</strong>l beneficio offici quattro messe settimanali, più diverse<br />

altre in giorni prestabiliti, in occasione di certe feste ed anniversari.<br />

220 Il documento, rogato dal notaio Antonio Animo, si trova in ASMi, Religione, p.a., cart. 2537. Il testo è illeggibile in<br />

numerosi punti. La sua intestazione, se bene la interpreto, è la seguente: “1453, Capella S.cti Hieronimi <strong>de</strong> Meltio juris<br />

patronatus nob. De Rociys”, ma una macchia copre proprio il cognome.<br />

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