Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est
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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />
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si contano due famiglie Lampergo, un Battista evi<strong>de</strong>ntemente più anziano, che a carico ha solo la<br />
moglie e che sappiamo proprietario di un campo non lontano dalla chiesetta di San Paolo, oltre la<br />
Porta per Lodi <strong>de</strong>tta <strong>de</strong>lla Scoladrera, e suo figlio “maggiore” Ambrogio, che ha due maschi e una<br />
femmina. Non risulta abbia servitori, così come suo padre. Dagli atti rogati da Paolo Regni negli<br />
anni successivi sapremo che diventerà sindaco anche lui 70 .<br />
Se ognuna di queste notizie pare rafforzare l’ipotesi di una presenza melzese ormai residuale <strong>de</strong>i<br />
Lampergo rispetto ai fasti <strong>de</strong>i secoli prece<strong>de</strong>nti, altre carte sembrano invece negarla. Il censo<br />
spagnolo assegna complessivamente alla famiglia Lampergo la proprietà di 242 pertiche. Non si<br />
tratta di una gran<strong>de</strong> ricchezza (quelle erano, tutte, <strong>de</strong>tenute da pochi nobili e da enti ecclesiastici)<br />
ma non possiamo <strong>de</strong>finirlo neppure un patrimonio trascurabile.<br />
Il rapporto <strong>de</strong>l visitatore ecclesiale monsignor Gerolamo Arabia, giunto a Melzo nell’anno 1566 71 ,<br />
conferma la persistenza, tre secoli e mezzo dopo la sua istituzione, <strong>de</strong>l jus et patronatus sulla chiesa<br />
di Sant’Andrea da parte <strong>de</strong>lle famiglie fondatrici, però ne nomina esplicitamente solo tre: da Ello,<br />
<strong>de</strong> Lampergis e <strong>de</strong> Albignano.<br />
Durante la sua visita pastorale avvenuta dal 26 al 29 marzo 1751, infine, il cardinale Giuseppe<br />
Pozzobonelli annota, in modo piuttosto sorpren<strong>de</strong>nte, che nei registri <strong>de</strong>lla stessa chiesa sopravvive<br />
ancora “un legato per trecento messe annuali” a suo tempo promesse per testamento da “Ambrosio<br />
Lamperto”, nome che evi<strong>de</strong>ntemente va letto “Lampergo” 72 .<br />
Conviene fermarci qui. Anche se ciò che sappiamo, o crediamo di sapere, è davvero molto<br />
frammentario ed incerto, ognuna di queste notizie sembra confermare il disimpegno da ogni<br />
importante interesse melzese <strong>de</strong>i Lampergo emigrati a <strong>Milano</strong> e diventati Melzi, ma anche la<br />
continuità <strong>de</strong>lla persistenza, per molti secoli, di quel nucleo parentale originario che risie<strong>de</strong>va nel<br />
nostro borgo, come minimo, fin dalla fase finale <strong>de</strong>l dodicesimo secolo. Si tratta di una, due o al<br />
massimo tre famiglie dal cognome Lampergo, benestanti ma non molto ricche, però chiamate<br />
frequentemente a ricoprire cariche nelle istituzioni locali di rappresentanza: soprattutto, credo,<br />
perché appartenenti ad un ceppo famigliare illustre, che manteneva una dote importante di notorietà<br />
e riconoscibilità nella nostra piccola comunità sociale.<br />
Non dimentichiamoci di un altro particolare importante. Non si sa quando la comunità <strong>de</strong>l borgo di<br />
Melzo <strong>de</strong>cise di adottare come proprio stemma quello <strong>de</strong>lla celebre famiglia <strong>de</strong> Melzio, o Melzi. Si<br />
tratta, molto probabilmente, di una <strong>de</strong>liberazione che <strong>de</strong>ve essere collocata nel periodo <strong>de</strong>lla<br />
<strong>signori</strong>a melzese <strong>de</strong>i Trivulzio, ma non si sa con precisione a quando risalga 73 , perché la prima<br />
raccolta di stemmi che compren<strong>de</strong> quello <strong>de</strong>l nostro comune è quella di Marco Cremosano, datata<br />
70<br />
Consultati uno per uno, gli atti <strong>de</strong>l notaio Paolo Regni (attivo a Melzo dal 1555 al 1566) purtroppo non rivelano altri<br />
particolari notevoli. Leonardo Lampergo vi compare poche volte in proprio, per firmare alcuni contratti d’affitto, e<br />
diverse volte in qualità di sindaco. Si può dire la stessa cosa per il figlio Giacomo.<br />
71<br />
Il rapporto si trova nel volume XXI <strong>de</strong>lla sezione X, intitolata alla Pieve di Melzo, <strong>de</strong>ll’Archivio Storico <strong>de</strong>lla Curia<br />
milanese.<br />
72<br />
Mi è davvero difficile pensare che un legato di 300 messe annuali potesse significare “per celebrare una messa<br />
all’anno per trecento anni”. Se fosse stato così, il testamento originale di Ambrogio Lampergo potrebbe anche risalire<br />
alla seconda parte <strong>de</strong>l Quattrocento oppure al secolo successivo, e perciò rappresentare il residuo, non ancora esaurito<br />
nel 1751, di una disposizione davvero molto antica, ma anche in questo caso non potremmo certo pensare che<br />
sopravvivesse dai tempi già lontanissimi <strong>de</strong>i fondatori. D’altra parte, se il significato <strong>de</strong>l legato fosse quello di celebrare<br />
trecento messe ogni anno, saremmo di fronte a una donazione davvero imponente, certo eccessiva per un eventuale<br />
ere<strong>de</strong> <strong>de</strong>i Lampergo rimasti a Melzo.<br />
73<br />
Lo stemma <strong>de</strong>i Melzi è miniato a pagina 218 <strong>de</strong>llo Stemmario Trivulziano, che è databile intorno al 1460, ed un altro<br />
stemma <strong>de</strong>l tutto i<strong>de</strong>ntico si trova alla pagina 186 <strong>de</strong>l secondo volume <strong>de</strong>llo Stemmario Cremosano, che compren<strong>de</strong><br />
anche molti simboli di comuni, e alla pagina 319 <strong>de</strong>l primo volume riproduce uno stemma uguale a quello <strong>de</strong>i Melzi<br />
indicandolo specificatamente come relativo alla “Comunità di Melzo”. Si veda Gallerie d’imprese, arme ed insegne <strong>de</strong><br />
vari Regni, Ducati, Province, Città e Terre <strong>de</strong>llo Stato di <strong>Milano</strong>, ed anco di diverse famiglie d’Italia, di Marco<br />
Cremosano, 1673, custodito presso l’Archivio di Stato di <strong>Milano</strong>. Una copia <strong>de</strong>l Codice Trivulziano si trova presso<br />
l’Archivio Storico Civico di <strong>Milano</strong>, una copia <strong>de</strong>ll’altra celebre raccolta di stemmi, l’Armoriale Archinto <strong>de</strong>lla seconda<br />
metà <strong>de</strong>l Cinquecento, si trova alla Biblioteca Reale di Torino. Per notizie relative agli stemmi si consulti GIACOMO<br />
BASCAPÈ e MARCELLO DEL PIAZZO, Insegne e simboli - Araldica pubblica e privata medievale e mo<strong>de</strong>rna,<br />
Roma, 1983.<br />
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