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Villa, I signori de Aquaneis.. - Sistema bibliotecario Milano Est

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Storia in Martesana - N° 4 - 2010<br />

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transumptus (1345) e di poco successivo anche a quello che segnò l’inizio <strong>de</strong>lla fortuna milanese<br />

<strong>de</strong>i melzesi emigrati e diventati famosi che ho già ricordato. Ma in questo caso è davvero<br />

impossibile prescin<strong>de</strong>rne, se il fine è quello di rintracciare alcuni <strong>de</strong>i cognomi originari <strong>de</strong>lle<br />

famiglie provenienti da Ello, anzitutto perché il suo doppio cognome “contiene”, per così dire,<br />

anche un altro <strong>de</strong>i cognomi <strong>de</strong>i fondatori <strong>de</strong>lla cappellania melzese, proprio uno di quelli che ad un<br />

primo esame abbiamo pressochè accantonato per scarsità di notizie: il cognome “<strong>de</strong> Nigris”.<br />

La tradizione di armaioli <strong>de</strong>lla famiglia <strong>de</strong>i Negroni inizia nel comune di Ello al principio <strong>de</strong>l<br />

Quattrocento, quando la fama di Pietro Negroni come eccelso battitore di lastra di ferro per<br />

armature giunge fino a Francesco Sforza, che lo chiama a <strong>Milano</strong>. Tommaso Negroni “da Ello”<br />

<strong>de</strong>tto il Missaglia, suo figlio, prosegue e consolida l’attività paterna nel centro di <strong>Milano</strong> lungo i<br />

primi <strong>de</strong>cenni <strong>de</strong>l XV secolo. La dimensione commerciale raggiunta dalla sua impresa risulta già<br />

molto evi<strong>de</strong>nte nel 1436 192 . Tomaso muore forse il 2 marzo 1452, forse il 4 febbraio 1453,<br />

lasciando una eredità imponente ai sette figli maschi, tra i quali sarà Antonio il più sollecito a<br />

continuare l’attività paterna. A quel punto il marchio <strong>de</strong>i Missaglia non è più solo un elemento di<br />

combattimento, ma anche una sorta di status symbol di eleganza e prestigio; le loro creazioni sono<br />

belle, famose e <strong>de</strong>si<strong>de</strong>rate, tanto da costituire, come diremmo in linguaggio mo<strong>de</strong>rno, la prima casa<br />

di alta moda maschile <strong>de</strong>lla storia europea 193 . Quando Antonio pren<strong>de</strong> la guida <strong>de</strong>ll’azienda, ha sul<br />

libro paga tanti procuratori quanti sono i suoi maestri artigiani, per amministrare un giro d’affari in<br />

continua espansione: il prestigio europeo <strong>de</strong>l marchio è ormai altissimo, come il prezzo <strong>de</strong>i suoi<br />

prodotti, che contano su una domanda senza flessione. L’armatura <strong>de</strong>i Missaglia è ambita per<br />

questioni d’immagine e più che l’utilità vuole soddisfare soprattutto la vanità di chi vuole<br />

indossarla 194 .<br />

192<br />

In quell’anno l’azienda giudica urgente recuperare un largo giro di crediti per armature fornite in Catalogna,<br />

Navarra, Galizia e Sicilia, provando le dimensioni e l’estensione raggiunte dal suo giro d’affari. L’anno prece<strong>de</strong>nte,<br />

Tomaso era stato nominato cavaliere dal duca di <strong>Milano</strong>. Nella primavera <strong>de</strong>l 1466 Francesco Missaglia sarà presentato<br />

a Luigi XI di Francia e sua maestà gli commissionerà un’armatura di suo gusto, così come avevano fatto anche i sovrani<br />

di Germania, Spagna e Inghilterra, <strong>de</strong>cretando il successo anche oltralpe <strong>de</strong>l marchio <strong>de</strong>lla famiglia. Di fabbricazione<br />

Missaglia è certamente l’armatura che Andrea Mantegna fa indossare al suo celebre San Giorgio ora a Venezia alla<br />

Galleria <strong>de</strong>ll’Acca<strong>de</strong>mia.<br />

193<br />

Sui Missaglia e la loro importanza industriale si vedano EMILIO MOTTA, Armaiuoli milanesi nel periodo<br />

visconteo-sforzesco, in “Archivio Storico Lombardo”, serie V, 41 (1914); L. FRANGIONI e S. LEYDI, Milan and the<br />

Arms Industry in the Sixteenth Century, in Heroic Armor of the Italian Renaissance. Filippo Negroli and his<br />

Contemporaries, ed. S.W. Pyhrr and J.A. Godoy, New York, 1998; J. GELLI e G. MORETTI, Gli armaroli milanesi. I<br />

Missaglia e la loro casa, <strong>Milano</strong>, 1903.<br />

194<br />

Trascrivo, da un libro sulla vecchia <strong>Milano</strong>, un brano che mi sembra particolarmente felice nella <strong>de</strong>scrizione <strong>de</strong>lla<br />

casa milanese <strong>de</strong>i Missaglia:<br />

“Secondo un documento conservato a Sant’Ambrogio, in via Spadari esisteva già nell’anno 1066 e, insieme alle<br />

contemporanee o successive vie Armorari, Speronari e Mulino <strong>de</strong>lle Armi, comprovava la passata esistenza di contra<strong>de</strong><br />

con botteghe e officine di armaioli che a <strong>Milano</strong> erano numerosi e rinomati. Nel 1288 ne scriveva anche Bonvesin <strong>de</strong> la<br />

Riva: “Nella nostra città e nel contado vi è abbondanza di armaioli, quali ogni giorno fabbricano armature d’ogni tipo,<br />

che poi i mercanti vanno a ven<strong>de</strong>re in grandi quantità nelle città vicine e anche in quelle lontane. I fabbricanti di<br />

corazze - in particolare - sono più di cento e ciascuno di essi fa lavorare presso di sé moltissimi operai”.<br />

“Nel Trecento e soprattutto nel Quattrocento, <strong>Milano</strong> era il centro di produzione d’armi più importante per tecnica<br />

inventiva, genialità, esecuzione e versatilità. Nel Quattrocento, in contrada Spadari c’erano gli armaioli Negroni, più<br />

tardi chiamati Missaglia. Occupavano una casa che serviva da abitazione bottega e officina. Resistita fino al 1902 con i<br />

numeri civici 10 e 12, a suo tempo la casa doveva essere infernale per lo sfrigolio <strong>de</strong>l ferro rovente immerso nell’acqua,<br />

il frastuono di ferraglia, il clangore <strong>de</strong>lle incudini, lo strepito <strong>de</strong>i lavoranti, il bagliore <strong>de</strong>i bracieri, il fumo lacrimogeno,<br />

l’aria asfissiante. I contradaioli la chiamavano la cà d’inferno. Se poi a <strong>Milano</strong> capitava qualche personaggio illustre,<br />

allora tutta la città si addobbava e, come gli altri armaioli, la cà d’inferno rovesciava per strada la sua mercanzia. Così<br />

percorrendo contrada Spadari in quelle occasioni, i milanesi potevano passar in rivista un’armata inoffensiva, tirata a<br />

lucido e tutta da ammirare come se si trattasse di giocattoli”.<br />

“Finché è durata, la cà d’inferno restava uno <strong>de</strong>gli esemplari più notevoli <strong>de</strong>ll’architettura milanese. V’erano nel cortile,<br />

annerite dal fumo <strong>de</strong>lle fucine, tre arcate a sesto acuto su pilastri ottagonali, recanti nel capitello la sigla MY <strong>de</strong>i<br />

Missaglia. Al primo piano, sopra una sottile fascia divisionale in cotto, ricche finestre a cornici di terracotta; il primo<br />

piano era diviso dal secondo da una larga fascia <strong>de</strong>corativa sempre di cotto, plasmata con molto gusto, sopra la quale si<br />

appoggiavano finestre più piccole. L’intonaco era graffito e dipinto a vasi, can<strong>de</strong>labri, stelle, motivi araldici nei modi<br />

rinascimentali. In cima alla casa, la grondaia era sostenuta da mensoloni di legno. Col tempo, graffiti, antichi soffitti,<br />

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