volume - Centro Documentazione Luserna
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32<br />
Paolo Zammatteo<br />
a calchère (Insieme 1989. LARCHER 1995, p. 223), i cui ruderi in valle del Rio<br />
Torto non sono infrequenti. Il tracciato veniva utilizzato anche per<br />
l’avvallamento del legname da Val dei Rapàri, ripari, le anse da cui i boscaioli<br />
regolavano la discesa dei tronchi lungo i torrenti.<br />
L’antica viabilità interna a Lavarone<br />
Poco a monte, una biforcazione di quanto rimane della pista del rio Torto<br />
collega con il versante opposto e, passando sotto il Bus del Stoféle, affronta Passo<br />
Còst. Nei pressi, a Longhi, un edificio di svolgeva una funzione ufficiale e di<br />
sicura rilevanza locale. Secondo Tomaso Franco questo era l’ospizio di Lavarone<br />
(FRANCO 2000, pp. 52-53).<br />
La sua ipotesi di una percorrenza trasversale da Longhi a Lanzino, alternativa<br />
alla salita dal rio Malo, è corretta. A Lavarone ci sono ancora i segni di una<br />
strada, che sembra sia stata oggetto di un riassetto già in epoca remota: ne resta<br />
una tratta da Bertoldi fino al dosso del Monco.<br />
Gli elementi di interesse lungo il tracciato non sono pochi. Sopra Gionghi si<br />
trova la cosiddetta mecca, un blocco perfettamente cilindrico in pietra compatta,<br />
forse perso durante un trasporto di elementi edilizi verso una destinazione importante.<br />
Poco oltre Bertoldi una vasca in pietra bianca, parzialmente sbozzata,<br />
è stata utilizzata per il restauro del margine stradale. Più in là la strada raggiunge<br />
la sella del monte Tomazzolo, dove si conclude con una singolare svolta a<br />
destra perfettamente ortogonale. I prati e le pendici ai due lati della strada sono<br />
segnati con sigle incise nelle pietre emergenti, che testimoniano un godimento<br />
esclusivo di quei pascoli.<br />
Alla sella del monte Tomazzolo la strada scendeva di quota: passando sulle<br />
pendici delle Rive e dei Somi, lasciava dietro di sé il torrente Mandola, raggiungeva<br />
Migazzone e Susà, da lì toccava finalmente Trento giungendovi dal passo<br />
del Cimirlo. Oltre a ricalcare piste antichissime, almeno nel tratto valsuganese,<br />
il vantaggio di questa via era duplice: ci si manteneva in quota solo nel tratto di<br />
Lavarone e si evitavano le paludi dell’Alta Valdastico e della Brenta, passando<br />
poi sui declivi meridionali della Valsugana fino quasi alla città.<br />
Nel basso medioevo la tratta da Caldonazzo alla Val d’Astico passante dal<br />
Lanzino e Chiesa rimpiazzo per importanza il vecchio tracciato, e sul finire del<br />
Cinquecento l’ospizio di Lavarone era descritto come del tutto fuori strada.<br />
... il giorno 2 ottobre 1591 il curato di Lavarone condusse Carlo Guizzerato (convisitatore<br />
del Vescovo) e altri due cavalieri ad hospitium (...) distans a domo Ecclesia predicta<br />
(San Floriano di Lavarone) circiter 1000 passus di percorso montuoso e difficile». (...) p.<br />
230r: «il giorno 19 maggio 1604 ... quindi ritornato (il Vescovo) all’ospizio, dopo aver<br />
cenato nella casa parrocchiale, riposò di notte. (FRANCO 2000, p. 52)