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volume - Centro Documentazione Luserna

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LAVARONE, I LOMBARDI E LA LEGGENDA DEL MELEGNON<br />

Paolo Zammatteo<br />

I minatori degli Altipiani negli scavi e nella leggenda<br />

In passato la presenza di attività minerarie e di forni di lavorazione aveva<br />

grande impatto sulle comunità locali: la casta chiusa dei tecnici, che usurpavano<br />

platealmente il legame sacro dell’uomo con la natura, aggredendone l’essenza e<br />

trasformandola irreversibilmente con costi enormi e danni ingenti, veniva vista<br />

per il suo verso oscuro, quello più prevaricante e distruttivo. Trattandosi poi<br />

spesso di una presenza “forzata” (nel medioevo i tecnici erano chiamati dalle<br />

signorie per trovare ad ogni costo risorse sotterranee sfruttabili), l’impatto dei<br />

metallurghi fu interpretato come più violento, letteralmente contro-natura.<br />

Ma, come è giusto che sia, l’anima del mondo, così saggiamente ascoltata dai<br />

montanari dediti alla pastorizia, può ancora prevalere: una leggenda, citata da<br />

Aldo Gorfer (GORFER 1977, p. 316), parla della miniera del Melegnon, presso<br />

Passo Coe a Folgaria: nel medioevo sarebbe stata il motivo dell’arrivo sugli Altipiani<br />

di maestranze minerarie, che poi convertirono la propria attività alla coltivazione<br />

del suolo.<br />

Sul Monte Melegnon, probabilmente in Valle Orsara, fu realmente attiva<br />

almeno una miniera di ferro (GORFER 1977, p. 316) 1 e altre si trovavano a<br />

Casotto, in Val Barberena e in Valle dell’Orco. C’è memoria di una miniera<br />

medioevale in località Grimen, sopra Buse e di fronte a Carbonare.<br />

La ricerca dei filoni avveniva seguendo i corsi d’acqua e nelle cavità, dove<br />

era più probabile che emergesse la vena metallifera, osservando le colorazioni<br />

delle rocce alla ricerca di ossidazioni, riprendendo gli scavi dove c’erano discariche<br />

precedenti, pozzi, gallerie, sondaggi, o anche scoria di prima lavorazione.<br />

In varie situazioni a nord della Valsugana tutto fa ritenere che i prospettori<br />

medievali abbiano riutilizzato giacimenti intaccati superficialmente nell’età del<br />

bronzo, individuabili per le tipiche conche innaturali sui versanti e soprattutto<br />

grazie alla presenza di scorie: nel medioevo e nel rinascimento la coltivazione<br />

sarebbe ripresa anche in modo intensivo, lasciando a testimonianza di un lungo<br />

1 VON SRBIK 1929. L’Autore, riferendosi alla concessione del 1282, cita la miniera di ferro<br />

sul Monte Melegnone e indica che il minerale estratto veniva trasportato verso Vicenza.

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