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volume - Centro Documentazione Luserna

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L’architettura di <strong>Luserna</strong> dalle origini al 1800 83<br />

nomi di <strong>Luserna</strong> (1626), Sotto di <strong>Luserna</strong> (1629) e Tezze (1631). Mentre i caratteri<br />

tipologici degli edifici restavano quelli delle costruzioni di malga, il senso<br />

dell’abitazione cambiava, essendo ormai stanziale per tutto l’anno.<br />

Le costruzioni erano molto simili tra loro: presentavano il fronte principale<br />

verso il sole, erano a un solo piano e di dimensioni modeste, spesso con la stalla<br />

e l’abitazione distinti ma sotto uno stesso tetto. Avevano sistematicamente<br />

da uno a quattro vani e una o due porte verso l’esterno: tutte le aperture erano<br />

piccole e rigorosamente sul fronte principale, i soffitti, molto bassi, erano ad<br />

avvolto in tutti i locali. Considerando che l’insediamento di Brentonico, sul<br />

Monte Baldo, è di origine analoga a quella di <strong>Luserna</strong>, e che lì si ricorda una<br />

tecnica costruttiva degli avvolti piuttosto curiosa, possiamo ipotizzare che lo<br />

stesso metodo venisse utilizzato anche qui. La realizzazione di queste cellule<br />

sfruttava un principio semplice e geniale. I ricoveri venivano realizzati<br />

d’inverno e soprattutto per l’inverno: altrimenti, la vita e tutti i suoi rituali si<br />

svolgevano di consuetudine all’aperto. Il fronte del pendio veniva scavato dalla<br />

parte avversa al vento di monte, che qui a <strong>Luserna</strong> scende da settentrione ed è<br />

particolarmente freddo. Poi si raccoglieva la neve circostante all’interno dello<br />

scavo, che era di circa tre metri per quattro di profondità, le si dava la forma<br />

dell’avvolto e si faceva congelare, gettando acqua sopra lo stampo così ottenuto.<br />

Su questa centina fornita dalla natura si impostava la volta a secco, utilizzando<br />

il pietrame emerso durante lo scavo: infine, sopra l’avvolto si rigettava il<br />

terreno di risulta, che di solito era argilloso. La primavera ed il disgelo collaboravano<br />

alla realizzazione di questo piccolo tunnel.<br />

L’intonaco non c’era: la calce, poca, serviva solo per appoggiare sul terreno<br />

una fondazione precaria: come legante si usava la terra argillosa del posto.<br />

L’assenza di fondazioni e malta è sopravvissuta fino all’inizio del secolo scorso,<br />

mentre l’uso del legno non sbozzato per le travi del tetto trova una corrispondenza<br />

sorprendente con le abitazioni protostoriche di Castelletto di Rotzo.<br />

<strong>Luserna</strong> è anche il confine. L’occupazione lavaronese inizialmente si era limitata<br />

all’affitto dei pascoli da Brancafora. Ma in un arco di tempo circoscritto<br />

in un secolo, il XVI, l’insediamento divenne stabile e agli albori del 1600 gli atti<br />

ecclesiastici registrano le prime nascite, seppure ancora rare.<br />

Un nuovo flusso migratorio in entrata doveva farsi sentire di lì a poco, probabilmente<br />

nel contesto della grande piaga, la peste del 1628-31. Pochi anni più in<br />

là i nuovi abitanti avrebbero chiesto una chiesa propria e l’indipendenza da Lavarone.<br />

A contorno della nascita di <strong>Luserna</strong> vanno considerate la contemporaneità e<br />

la coincidenza di due grandi questioni:<br />

nel 1508-1509 la guerra cambraica aveva già portato con sé la peste, che<br />

risulta avesse decimato la popolazione delle contrade soggette a livello<br />

di Brancafora, imponendo senz’altro la necessità di un nuovo assetto

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