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ebook numero 17 - Calomelano

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liberarmi da quelle visioni con una lunga passeggiata. Non di rado<br />

certi pensieri stantii hanno bisogno del vento e dell’aria aperta per<br />

involarsi lontano.<br />

Il giardino del palazzo era nella sua ora più bella. Il sole radente<br />

giocava sui rami e i merli saltavano silenziosi tra le chiazze di<br />

neve. Un gruppo di donne ritirava il bucato dei profughi, steso ad<br />

asciugare in lunghe file ondeggianti.<br />

Lasciai il viale di mezzo e presi un sentiero fangoso, verso<br />

l’angolo più distante del parco. Oltre lo stagno delle anatre, un<br />

muro di siepi formava un’alta barriera. La costeggiai, e dopo<br />

qualche passo trovai l’ingresso a una sorta di labirinto, o meglio,<br />

un susseguirsi di stanze verdi, con il cielo per soffitto e il<br />

pavimento d’erba.<br />

Dopo un paio di curve, eccomi in una radura circolare<br />

punteggiata di cespugli. Le spine di un roseto si arrampicavano su<br />

un arco di ferro e incorniciavano una panca di pietra grezza, simile<br />

a un grosso masso. Subito dietro, un muricciolo a secco, lungo non<br />

più di tre passi, e un albero dal tronco sottile.<br />

Sotto la chioma verde cupo, Dana cercava di appendere ai rami<br />

la gabbia di un cardellino.<br />

L’uccello mi salutò per primo, poi lei si voltò e rimase immobile,<br />

come una cerva sorpresa a pascolare nel fitto del bosco.<br />

– Benvenuto nel mio giardino, – disse alla fine con una punta<br />

d’orgoglio. – Tutto ciò che vedi qui l’ho piantato io.<br />

Soltanto allora mi resi conto che anche Dana era cambiata. Non<br />

mi rivolgeva più solo frasi di circostanza e risposte forzate, e<br />

quando mi portava i pasti, i brevi sguardi che scambiavamo<br />

dicevano che quel compito non le era più tanto sgradito.<br />

Mi fece segno di accomodarmi, come se fossi un ospite sulla<br />

soglia di casa, poi sedette accanto a me, sulla panca, ed era dalla

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