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ebook numero 17 - Calomelano

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Restammo in silenzio, tra occhiate torve, mascelle serrate e<br />

all’occasione uno sbuffo, tra lo spazientito e il rassegnato, che<br />

voleva dire: guarda tu che mi doveva capitare.<br />

Tuone Jurman. Chi altri avrebbe potuto condurmi oltremare, e<br />

da lì aprirmi la via di un altrove?<br />

Lasciammo le foci, ci accolse l’Adriatico, e il traghettatore di un<br />

tempo divenne traghettato.<br />

Poco dopo, raggiungemmo lo schierazzo. La vela quadra era<br />

come la rammentavo.<br />

Mentre salivo la scala di corda lungo la chiglia, sentii una fitta<br />

che mi fece vacillare. Tante volte, nell’altra mia vita, avevo<br />

compiuto quei gesti. Ora non sapevo più proseguire.<br />

Il Tuota era sotto di me, si accorse della mia confusione e mi<br />

toccò una caviglia. Non cadrai, dicevano quelle dita.<br />

Fu così che mi ritrovai al punto di partenza. Tornavo a Ragusa,<br />

Dobro Venedik, la Venezia Buona, come la chiamavano i turchi<br />

storpiando il nome slavo, per distinguerla dalla Venezia Cattiva,<br />

dall’altra parte del mare. Porto franco, né Oriente né Occidente,<br />

città di mezzo dove prima o poi tutti attraccavano, chi in cerca di<br />

riparo dal maltempo, chi a caccia di buoni affari, chi inseguito dal<br />

proprio destino.<br />

Me la trovai di fronte giorni dopo, al calar del sole, stretta nei<br />

bastioni come un pugno teso. Dubrovnik. A lungo, mentre ci<br />

avvicinavamo, mi sforzai di capire cosa provassi. Avvicinandomi,<br />

mi allontanavo. Fuggendo, tornavo a casa.<br />

Nella tasca della giubba, le dita cincischiavano coi dadi.

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