Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
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1 - Andate a dire, così, ai<br />
buoi che vadano via,/che<br />
quello che hanno fatto<br />
hanno fatto,/che adesso si<br />
ara prima con il trattore./<br />
Piange il cuore a tutti, anche<br />
a me,/vedere che hanno<br />
lavorato delle migliaia di<br />
anni, e adesso devono<br />
andare via a testa bassa/<br />
dietro alla corda lunga del<br />
macello. (Da Tonino Guerra,<br />
I bu, 1972).<br />
116<br />
uomo della gestione. Di recente un testo di Hugues De Varine Musei locali del futuro,<br />
messo sul sito, ha suscitato un incendio di discussioni e riflessioni. Siamo proprio vivi.<br />
Dal 2012 mostreremo che rinnovarsi è possibile. Così sia.<br />
I bu<br />
Andé a di acsè mi bu ch’i vaga véa<br />
Che quèl chi à fat i à fatt,<br />
che adèss u s’èra préima se tratour.<br />
E’ pianz e’cor ma tott, ènca mu me ,<br />
avdai ch’i à lavurè dal mièri d’ann<br />
e adèss i à d’andè véa a testa basa<br />
dri ma la corda lònga de’ mazèll 1<br />
Nel nostro terzo convegno dell’anno, a Santarcangelo di Romagna, nel novembre di<br />
San Martino, che ricorda Carducci e la storia d’Italia, e che per Polenta, lì vicino (comune<br />
di Bertinoro), scrisse i versi per noi fondativi “L’itala gente da le molte vite”, abbiamo<br />
riscoperto la forza delle radici dei musei locali. Il Museo etnografico di<br />
Santarcangelo come il campanile di Marcellinara ancora saldo, patria culturale per<br />
Simbdea, presidio che parla con tutti, associazioni dei contadini, dei giovani, dei cineasti,<br />
dei naturalisti, dei biologi, dei gourmet, degli ambientalisti, e noi nel mezzo. Noi<br />
con i buoi di Tonino Guerra che qui campeggia in ogni dove, a riflettere se gli antichi<br />
bovi saranno risarciti, almeno nella memoria delle nuove agricolture. Qui ci siamo ritrovati<br />
come nella generazione degli anni ‘70 a parlare di contadini ma futuri, con il nostro<br />
decano ed agronomo Gaetano Forni, e tanti giovani che fanno etnografie del<br />
mondo contadino attuale.<br />
Il nostro incontro plurale di Santarcangelo, pieno di compleanni, i 150 dell’Unità cantati<br />
da Sandra e Mimmo Boninelli, i 40 del Museo, i 10 di SIMBDEA e il trentennale di<br />
Mario Turci direttore del MET, è stato una specie di ‘fiera’ delle forme di meeting (incontri,<br />
workshop, convegno, laboratori, spettacoli, recitava il sottotitolo ma spesso si è<br />
parlato anche di tavoli ), e ha funzionato proprio bene. È finito con una rissa istruttiva<br />
tra contadini studiosi e contadini-contadini che mi ha ricordato molto la guerra tra<br />
poe ti improvvisatori e professori di Grosseto 1997. Per me le heritage frictions fanno<br />
parte dell’antropologia, e quindi anche le ‘peasant frictions’ sono pezzi di etnografia<br />
nel vivo. I contadini della Coldiretti, i contadini della Confederazione Agricoltori Italiani<br />
hanno dissentito nelle parole e nei toni da urbanisti, sociologi, antropologi, architetti<br />
pasoliniani, ecoaltermondialisti, che rilanciavano una idea di contadinanza antica e moderna<br />
per salvare il pianeta. Che rifiutavano la nozione di agricoltore e di imprenditore<br />
agricolo, mentre quelli delle associazioni hanno appena imparato ad usarle e non vogliono<br />
salvare il mondo ma il loro reddito di fine mese. Il rappresentante della<br />
Confagricoltura ha proprio litigato con gli studiosi che a loro volta gli hanno dato<br />
dell’ignaro distruttore della terra. Ma io credo che hanno discusso in casa, perché già<br />
aver portato la discussione su questo terreno è averla sottratta ai temi delle città e<br />
dell’industria e alle idee correnti di sviluppo. Litigare è l’inizio del dialogo. I musei sono<br />
il giusto luogo per farlo sviluppare. Quando si fanno delle etnografie sulle attività contadine<br />
di oggi, si può vederne le ideologie, la validità o retorica della memoria, discutere<br />
su cosa è meglio, ma non ci si arrocca in una dialettica sbagliata tra documentazione<br />
del passato e teorie sul futuro. Si parte dal nesso che il presente costruisce con<br />
il futuro intorno a saperi passati come epoca ma presenti come know how che il nostro<br />
lavoro minuto, il nostro gusto dei dettagli, rivela preziosi per il futuro, ponti perché<br />
delle differenze culturali non tacciano per sempre.<br />
Ho avuto la sensazione che questi temi siano centrali nella nostra storia di museali italianisti<br />
(che non è la storia di tutti ovviamente in Simbdea) nati dai musei contadini volti<br />
al passato, e che ci possa aiutare a far rivivere i musei contadini di oggi in grandi progetti<br />
futuri, aperti alle tecnologie, ai depositi informatici, alle mappe minute (cognitive<br />
e con l’uso dei GPS) in un progetto di società. Come presidi conoscitivi e postazioni di<br />
lancio verso gli altri contemporanei (altre associazioni, altri soggetti come i migranti,<br />
altri sponsor come le aziende che producono qualitativamente,) e verso gli altri futuri<br />
(nipoti, scuole, immaginazioni di civiltà interpretazioni degli scenari mondiali ecc.).<br />
Dobbiamo fare uno sforzo per elaborare meglio questi temi come nodi del futuro.<br />
Nello scenario di una giovane SIMBDEA c’è un futuro contadino.