11.06.2013 Views

Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

92<br />

di un fenomeno di riconoscere l’altra metà e l’insieme, mi è parso di capire che la poesia<br />

improvvisata ha perso la struttura, ha perso l’altra metà del suo mondo, il suo pubblico.<br />

Diceva il poeta sardo che il vecchio pubblico aveva una memoria molto ampia<br />

della poesia, ed è vero anche per i poeti toscani, ho sentito intenditori, ‘passionisti’ e<br />

poeti discettare su testi improvvisati decenni or sono, ho sentito molti poeti dire che il<br />

pubblico che avevano davanti in certe situazioni non capiva il loro cantare. In Toscana<br />

c’è una tendenza del pubblico a capire l’improvvisazione attuale come forma legata al<br />

motto di spirito, alla battuta felice, al pensiero ironico, mentre il valore del verso, la metrica,<br />

le citazioni, la classicità della costruzione dell’ottava, le soluzioni metriche e di<br />

rima che si riaprono ogni due versi non sono ascoltate ‘da intenditori’.<br />

Il gusto è basato sull’ascolto degli intenditori, è il controllo sociale del ciclo espressivo,<br />

l’ascolto degli intenditori è basato sulla memoria, sull’educazione dell’orecchio, sui repertori<br />

noti di forme. Come per la musica classica.<br />

C’è dunque una sorta di infelicità costitutiva del poeta attuale, egli canta per intenditori<br />

che vengono via via meno. Nel farlo anche il suo repertorio viene trasformato, per il desiderio<br />

di comunicare, ma i più anziani si sentono spesso tagliati fuori, e sentono persa<br />

l’arte. Dov’è la metà che manca? È qui che interviene il tema del trasferimento, del passaggio<br />

alle nuove generazioni, i poeti lo vorrebbero a modo loro, vorrebbero fosse nelle<br />

scuole, percé sentono che la loro poesia è da liceo, da università, da professori, è diventata<br />

difficile nel mondo che muta, e rischia di trasmettersi come forma minore del rap, o<br />

della comicità alla toscana. Può vivere con giovani che non sanno Omero, Virgilio, Dante,<br />

Ariosto, Tasso, Metastasio, Vasco Cai? Cosa diventa se vive lo stesso? Il sapere che ci stupiva,<br />

la competenza preziosa che mi emozionò una sera a cena a Buti quando un commensale<br />

del luogo cominciò a cantare a memoria la Gerusalemme Liberata, vive anche<br />

quando si facciano solo in ottave delle battute su Berlusconi?<br />

Pare che Dante non gradisse di essere ‘cantato’, mentre Neruda chiede ai poeti popolari<br />

di cantare nel loro modo i suoi poemi:<br />

Así quiero que canten<br />

Mis poemas,<br />

que lleven<br />

terra y agua,<br />

fertilidad y canto,<br />

a todo el mundo.<br />

Manca un sistema di trasmissione potente alla poesia improvvisata, diceva un poeta, un<br />

modo di accesso più ampio: essa è più calda, è più avvolgente, di altre forme e fa assistere<br />

allo spettacolo meraviglioso della nascita della poesia davanti a noi, nel tempo che Walter<br />

Benjamin avrebbe detto dell’evento di un’infanzia: veder nascere, sentir nascere la poesia.<br />

Controversias dialogadas<br />

Ho registrato tante somiglianze nel mio taccuino comparativo. Per me “controversias dialogadas”,<br />

usato per definire la attività dei glosadores majorchini, definisce anche i poeti toscani,<br />

crea sottoinsiemi di differenze nelle somiglianze, in Toscana le nacchere vengono dette gnacchere<br />

come in Catalogna, cantadores sono i poeti sia in area ispanica che in Sardegna.<br />

Berciadores son detti in Murcia, in Toscana berciare significa parlare a voce assai alta.<br />

Catalogna e Sardegna condividono il nesso tra poesia e santi patroni, che in Toscana non c’è.<br />

La destreza e la nobleza interior penso siano invece condivise da tutti i poeti europei, americani,<br />

africani e dell’Asia minore. E la ‘destreza’ è anche quel sapere che l’UNESCO vuole riconoscere,<br />

il know-how, la nobleza interior, è un mondo di regole anche etiche, che corrisponde<br />

a una chiamata che fa dei poeti di bardi, degli aedi, delle voci del popolo, essa rivela<br />

quello che un poeta sardo ha chiamato donu de deus il dono di Dio, che i toscani chiamano<br />

‘dono di natura’ (sempre di meno, oggi sembra un po’ ridicolo ad alcuni, comporta un’idea<br />

forte e antica dell’arte), ma “deus sive natura” diceva il filosofo Baruch Spinoza. La poesia<br />

è conquista della lingua, contro il ‘verso del mondo’, sia per i corsi, come per i catalani, i majorchini,<br />

i berberi, i sardi. A Rabat durante un evento di poesia corsi e berberi si sono ritrovati<br />

fratelli in una battaglia di minoranza e di libertà attraverso il canto. Scrittura e oralità dialogano<br />

non solo nel Brasile della letteratura popolare a stampa dei cordels, ma ovunque<br />

nelle generazioni precedenti, le fonti scritte da I reali di Francia, a Orlando Furioso, a Martin<br />

Fierro alla grande letteratura araba. Semmai sono i giovani oggi che rischiano di perdere la<br />

letteratura scritta che anche tra le popolazioni semianalfabete ha dialogato con la tradizione<br />

orale. È la cultura del 226 di cui ha parlato Alessandro Baricco, che perde in profondità e

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!