Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
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di un fenomeno di riconoscere l’altra metà e l’insieme, mi è parso di capire che la poesia<br />
improvvisata ha perso la struttura, ha perso l’altra metà del suo mondo, il suo pubblico.<br />
Diceva il poeta sardo che il vecchio pubblico aveva una memoria molto ampia<br />
della poesia, ed è vero anche per i poeti toscani, ho sentito intenditori, ‘passionisti’ e<br />
poeti discettare su testi improvvisati decenni or sono, ho sentito molti poeti dire che il<br />
pubblico che avevano davanti in certe situazioni non capiva il loro cantare. In Toscana<br />
c’è una tendenza del pubblico a capire l’improvvisazione attuale come forma legata al<br />
motto di spirito, alla battuta felice, al pensiero ironico, mentre il valore del verso, la metrica,<br />
le citazioni, la classicità della costruzione dell’ottava, le soluzioni metriche e di<br />
rima che si riaprono ogni due versi non sono ascoltate ‘da intenditori’.<br />
Il gusto è basato sull’ascolto degli intenditori, è il controllo sociale del ciclo espressivo,<br />
l’ascolto degli intenditori è basato sulla memoria, sull’educazione dell’orecchio, sui repertori<br />
noti di forme. Come per la musica classica.<br />
C’è dunque una sorta di infelicità costitutiva del poeta attuale, egli canta per intenditori<br />
che vengono via via meno. Nel farlo anche il suo repertorio viene trasformato, per il desiderio<br />
di comunicare, ma i più anziani si sentono spesso tagliati fuori, e sentono persa<br />
l’arte. Dov’è la metà che manca? È qui che interviene il tema del trasferimento, del passaggio<br />
alle nuove generazioni, i poeti lo vorrebbero a modo loro, vorrebbero fosse nelle<br />
scuole, percé sentono che la loro poesia è da liceo, da università, da professori, è diventata<br />
difficile nel mondo che muta, e rischia di trasmettersi come forma minore del rap, o<br />
della comicità alla toscana. Può vivere con giovani che non sanno Omero, Virgilio, Dante,<br />
Ariosto, Tasso, Metastasio, Vasco Cai? Cosa diventa se vive lo stesso? Il sapere che ci stupiva,<br />
la competenza preziosa che mi emozionò una sera a cena a Buti quando un commensale<br />
del luogo cominciò a cantare a memoria la Gerusalemme Liberata, vive anche<br />
quando si facciano solo in ottave delle battute su Berlusconi?<br />
Pare che Dante non gradisse di essere ‘cantato’, mentre Neruda chiede ai poeti popolari<br />
di cantare nel loro modo i suoi poemi:<br />
Así quiero que canten<br />
Mis poemas,<br />
que lleven<br />
terra y agua,<br />
fertilidad y canto,<br />
a todo el mundo.<br />
Manca un sistema di trasmissione potente alla poesia improvvisata, diceva un poeta, un<br />
modo di accesso più ampio: essa è più calda, è più avvolgente, di altre forme e fa assistere<br />
allo spettacolo meraviglioso della nascita della poesia davanti a noi, nel tempo che Walter<br />
Benjamin avrebbe detto dell’evento di un’infanzia: veder nascere, sentir nascere la poesia.<br />
Controversias dialogadas<br />
Ho registrato tante somiglianze nel mio taccuino comparativo. Per me “controversias dialogadas”,<br />
usato per definire la attività dei glosadores majorchini, definisce anche i poeti toscani,<br />
crea sottoinsiemi di differenze nelle somiglianze, in Toscana le nacchere vengono dette gnacchere<br />
come in Catalogna, cantadores sono i poeti sia in area ispanica che in Sardegna.<br />
Berciadores son detti in Murcia, in Toscana berciare significa parlare a voce assai alta.<br />
Catalogna e Sardegna condividono il nesso tra poesia e santi patroni, che in Toscana non c’è.<br />
La destreza e la nobleza interior penso siano invece condivise da tutti i poeti europei, americani,<br />
africani e dell’Asia minore. E la ‘destreza’ è anche quel sapere che l’UNESCO vuole riconoscere,<br />
il know-how, la nobleza interior, è un mondo di regole anche etiche, che corrisponde<br />
a una chiamata che fa dei poeti di bardi, degli aedi, delle voci del popolo, essa rivela<br />
quello che un poeta sardo ha chiamato donu de deus il dono di Dio, che i toscani chiamano<br />
‘dono di natura’ (sempre di meno, oggi sembra un po’ ridicolo ad alcuni, comporta un’idea<br />
forte e antica dell’arte), ma “deus sive natura” diceva il filosofo Baruch Spinoza. La poesia<br />
è conquista della lingua, contro il ‘verso del mondo’, sia per i corsi, come per i catalani, i majorchini,<br />
i berberi, i sardi. A Rabat durante un evento di poesia corsi e berberi si sono ritrovati<br />
fratelli in una battaglia di minoranza e di libertà attraverso il canto. Scrittura e oralità dialogano<br />
non solo nel Brasile della letteratura popolare a stampa dei cordels, ma ovunque<br />
nelle generazioni precedenti, le fonti scritte da I reali di Francia, a Orlando Furioso, a Martin<br />
Fierro alla grande letteratura araba. Semmai sono i giovani oggi che rischiano di perdere la<br />
letteratura scritta che anche tra le popolazioni semianalfabete ha dialogato con la tradizione<br />
orale. È la cultura del 226 di cui ha parlato Alessandro Baricco, che perde in profondità e