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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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è mancata per decenni, anche a livello internazionale. Basterà ricordare qui che è passata<br />

una generazione tra l’adozione da parte dell’UNESCO della Convenzione sulla protezione<br />

del patrimonio mondiale culturale e naturale (1972) e quella della Convenzione per la salvaguardia<br />

del Patrimonio culturale immateriale dell’Umanità (2003). Il ritardo preso nel<br />

riconoscimento e la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale non riguarda solo<br />

gli Stati, ma l’umanità intera.<br />

La produzione del patrimonio culturale immateriale è anche una specie di processo di<br />

“riciclaggio” di alcuni fatti culturali, divenuti così patrimonio. Un tempo abbandonati<br />

alla loro sorte, trasformandosi o sparendo, oggi sono oggetto di grande sollecitudine.<br />

Ora, gli attori individuali o istituzionali impegnati in questo lavoro di identificazione e<br />

riconoscimento hanno l’intima convinzione di contribuire a preservare tale e quali un<br />

gran numero di forme di espressioni culturali vive o minacciate di scomparsa.<br />

Tali attori hanno l’impressione di operare a favore della longevità di elementi la cui funzione<br />

iniziale si sarebbe affievolita. Non potendone inventare una nuova, questi elementi<br />

rischiano di sparire. Ma, ciò che questi attori non sospettano, è che questi elementi<br />

del patrimonio culturale immateriale non sono e non potranno più essere gli<br />

stessi; diventano altri, compreso per coloro che ne sono detentori e praticanti. La loro<br />

sopravvivenza è tributaria del sacrificio di qualcosa di ciò che costituisce la loro supposta<br />

“autenticità”. Il fatto di considerarli come patrimonio introduce una dimensione<br />

nuova e fin qui insospettabile.<br />

Gli attori hanno così questa convinzione di essere “autentici”, fedeli a sé stessi, producendosi<br />

come l’hanno sempre fatto, fuori dal tempo. Ma questa non è che un’”illusione<br />

autentica”. Essa è pertanto necessaria; si può dire che sia perfino alla base del processo<br />

di patrimonializzazione. La credenza nell’”autenticità” dell’elemento del patrimonio culturale<br />

immateriale, il suo radicamento in un tempo immemorabile, la sua immutabilità<br />

giustificano e rinforzano l’impegno e l’azione degli attori. Nella sua espressione parossistica,<br />

l’”illusione autentica” sfiora una “invenzione della tradizione” (Hobsbawm -<br />

Ranger 1983). Un gran numero di manifestazioni culturali oggi si presentano sotto questo<br />

aspetto, dando agli individui, ai gruppi e alle società la convinzione forte di rivivere o<br />

perpetuare una tradizione ben radicata. I regimi politici fanno evidentemente di queste<br />

costruzioni un uso talvolta smisurato e arbitrario, grazie al monopolio dei media.<br />

Da un altro lato, non c’è un patrimonio culturale immateriale ma una vasta gamma di<br />

patrimoni immateriali: questo va dalla dimensione immateriale d’un patrimonio materiale<br />

(sito, monumento, oggetto) all’elemento più intangibile (racconto, poesia, canzone,<br />

nota musicale, preghiera, odore, profumo, ecc.). Ancor che l’immaterialità pura<br />

è una finzione: l’immateriale, in effetti, esiste? Poiché vi è, evidentemente, una dimensione<br />

materiale insita in ogni elemento del patrimonio immateriale: il cervello, il corpo<br />

che lo detiene, il libro che ne conserva la traccia, il supporto audio o audiovisivo che<br />

35<br />

DJMA EL FNAA SQ MARRAKESH MOROCCO.

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