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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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3 - De Certeau 1993 (1974),<br />

La culture au pluriel.<br />

4 - Guillaume 1980.<br />

5 - Operazione lanciata da<br />

un gruppo di pilotaggio che<br />

riunisce diverse istituzioni, ed<br />

in particolare i Ministeri della<br />

cultura e dell’agricoltura,<br />

basata sulla volontà di<br />

costruire una coscienza della<br />

ricchezza dei patrimoni rurali<br />

attraverso azioni come:<br />

sensibilizzazione,<br />

osservazione del paesaggio,<br />

realizzazione di guide, azioni<br />

di ricerca, organizzazione di<br />

feste (“la festa della<br />

ruralità”), riunendo attori<br />

diversi, in particolare la<br />

professione agricola ed i licei<br />

di agraria. La critica volta a<br />

quest’iniziativa è di aver<br />

ignorato e rimesso in<br />

discussione il lavoro fatto sul<br />

terreno dalle associazioni<br />

locali e le reti locali.<br />

L’iniziativa porterà alla firma<br />

della Convenzione interministeriale<br />

Agri_<strong>Culture</strong>. Sul<br />

terreno, le cose cominciano<br />

a cambiare e la professione<br />

agricola ha oggi, in alcune<br />

zone, un rapporto<br />

significativo con le istituzioni<br />

culturali e la scuola.<br />

72<br />

Il doppio abbandono. L’analisi prosegue con la constatazione di un doppio abbandono<br />

nelle rappresentazioni del patrimonio della Francia degli anni 2000: l’abbandono del<br />

radicamento patriottico e l’abbandono dell’esclusività dell’alta cultura. Nella rottura<br />

dell’equilibrio città/campagna, gli anni 60 e 70 sono all’origine dell’elaborazione degli<br />

elementi chiave del nuovo paesaggio patrimoniale europeo, “gli interrogativi non si focalizzano<br />

più sulla nazione, ma sulla società, il suo funzionamento, la sua complessità<br />

e la sua diversità”. In questi anni, Michel De Certeau 3 pubblica La culture au pluriel, un<br />

testo che avrà un impatto importante sulla progettazione delle politiche culturali francesi.<br />

Mentre viene istituito da André Malraux un “servizio dell’Inventario” nel 1964,<br />

che progressivamente promuove una conoscenza sistematica del patrimonio immobiliare<br />

e mobiliare della nazione, i “Servizi dell’etnologia” coordinano studi per una migliore<br />

conoscenza del patrimonio rurale. La nascita del movimento dei musei di società<br />

ed ecomusei, tra cui il Musée Dauphinois a Grenoble, avvicina il lavoro dei ricercatori<br />

a quello delle comunità e delle culture locali. Nella Francia degli anni 1980, “assistiamo<br />

all’azione coordinata di tre insiemi: Inventari, servizi dell’etnologia, musei di società. Vi<br />

è reale concertazione tra le loro amministrazioni di tutela, direzione del patrimonio e<br />

direzione dei Musei di Francia. Questo approccio conduce a pensare il patrimonio<br />

come prodotto del riconoscimento pubblico: si legifera (classificazione dei Monumenti<br />

storici, Appellazioni di origine controllata), il patrimonio diviene bene pubblico, si stabilisce<br />

in un certo senso una identità nazionale attraverso emblemi rappresentativi della<br />

Francia”.<br />

Effervescenze patrimoniali. L’effervescenza patrimoniale che caratterizza gli anni 80 è<br />

analizzata in maniera critica da Marc Guillaume nella nota opera La politique du patrimoine<br />

4 , in cui analizza la passione per il passato in una lettura che definisce la politiche<br />

del patrimonio come “nuovo artificio e arsenale di propaganda dei governi occidentali”,<br />

mettendo in evidenza “le derive di una politica del patrimonio che non associa<br />

gli attori sociali, appoggiandosi su una logica giacobina”. L’analisi di Guillaume, che<br />

parte dalla celebre denuncia del “tutto diviene patrimonio”, mette in evidenza il cambiamento<br />

di statuto degli oggetti, l’acquisizione di un valore simbolico che sostituisce<br />

la funzione utilitaria, l’articolazione delle frontiere tra l’individuale ed il collettivo, l’ordinario<br />

e l’eccezionale. Più che di patrimonio nel senso odierno, la sua analisi si rivolge<br />

alla memoria, al lutto, all’oblio, e ai processi di patrimonializzazione istituzionali, ufficiali.<br />

L’importante lavoro critico di Guillaume segna l’ingresso della riflessione antropologica<br />

alle questioni di patrimonio. Il mondo dei musei si impegna ed interpretare la<br />

proliferazione dei musei e delle molteplici forme di patrimonializzazione come “effetti<br />

di compensazione societale” (Grange 1998), o “teatralizzazione permanente”(Jeudy<br />

1990: 86). Da questa stagione di studi emerge un dato fondante: il patrimonio è prima<br />

che un affar di Stato, una questione di società. Nel segnalare la differenza, in Francia<br />

tra una concezione del patrimonio come espressione di potere ed una che guarda al<br />

legame sociale, al riconoscimento, identitario e alla produzione di frontiere, l’autrice<br />

segnala che mentre la prima tende ad istituire un patrimonio universale e, sul terreno,<br />

favorire lo sviluppo attraverso il patrimonio, la seconda tenterà invece di utilizzare al<br />

meglio le risorse locali per accompagnare l’evoluzione economica, sociale e culturale<br />

di un territorio. Da queste due concezioni emerge negli anni 2000 l’idea, adottata anche<br />

dall’amministrazione statale, di un “patrimonio dei cittadini”. L’esempio dell’“Operazione<br />

patrimonio 2000” 5 , approccio cittadino alla valorizzazione del patrimonio<br />

rurale rivolto alla professione agricola, progetto federatore, è un esempio di questa<br />

terza via.<br />

Comunità e patrimoni viventi. In conclusione l’autrice si sofferma sull’approccio antropologico,<br />

all’origine di una maniera nuova di concepire il patrimonio come paradigma<br />

che permette di pensare il legame tra tempi, tra uomini e tra spazi, espressione del nostro<br />

essere al mondo, prodotto delle rappresentazioni collettive della continuità sociale.<br />

Se lo Stato ha utilizzato oggetti ed edifici per costruire un patrimonio nazionale, le comunità<br />

oggi elevano al rango di patrimonio oggetti ed edifici che sottolineano le loro<br />

identità, le loro proprie storie. Un esempio significativo delle sfide patrimoniali contemporanee<br />

è legato al “patrimonio vivente”, come i prodotti locali, le specialità regionali:<br />

un mercato in forte espansione dalla riforma della PAC del 1992, che incoraggiava la<br />

diversificazione delle produzioni agricole e agroalimentari.<br />

In Francia, numerosi studi hanno portato a connettere queste produzioni con i piani di

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