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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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17 - Sandroni, Carlos (2005),<br />

Samba de roda do<br />

Recôncavo Bahiano,<br />

Candidature File for the<br />

Third Proclamation of the<br />

Masterpieces of the Oral and<br />

Intangible Heritage of<br />

Humanity, Brasilia, IPHAN<br />

and UNESCO.<br />

60<br />

il controllo della performance, alimentando così la continuità storica del rito, salvaguardandolo<br />

a modo loro, per i loro scopi. Di conseguenza, questo esempio illustra magnificamente<br />

come le comunità culturali siano dotate di “modi propri” di affrontare tanto<br />

il passato, quanto il futuro, sulla base dei loro riferimenti culturali.<br />

Tuttavia, non è sempre così. Molto spesso, gli aiuti di Stato sono richiesti, e sono di<br />

fatto necessari, per controbilanciare gli effetti distruttivi dei processi di mutamento che<br />

coinvolgono lo sviluppo culturale organico di una comunità. Il samba-de-roda, che è<br />

stato registrato come voce del Patrimonio Culturale brasiliano e fu proclamato nel<br />

2005 dall’UNESCO come un capolavoro del patrimonio orale e intangibile dell’umanità,<br />

fa proprio a questo caso. Essendo il samba noto come un simbolo brasiliano nazionale,<br />

per esso potrebbe pensarsi superflua una protezione ufficiale, data la sua immensa<br />

popolarità e dato il livello di investimenti privati che vengono attivati sia da<br />

parte dell’industria dell’intrattenimento (per lo sviluppo di nuovi stili e varianti), sia dai<br />

ricercatori che si occupano di documentare le fonti tradizionali. Come genere musicale,<br />

il samba si è diffuso in tutto il paese; come riferimento culturale, tuttavia, esso è stato<br />

individuato e collocato presso alcune comunità che vivono nella zona di Recôncavo,<br />

nella regione di Salvador, la capitale dello Stato di Bahia. In tali località, ci sono diversi<br />

gruppi musicali che ancora eseguono e trasmettono ai loro figli il samba-de-roda, la<br />

manifestazione vivente di uno stile che ha dato vita a quelle varianti urbane che sono<br />

attualmente l’icona della cultura nazionale.<br />

Come Sandroni ha sostenuto in modo convincente nel dossier di candidatura presentato<br />

alla Giuria dell’UNESCO, il samba-de-roda, senza una protezione ufficiale degli<br />

strumenti, delle coreografie, dei racconti e dei modi specifici della trasmissione culturale<br />

praticata dai suoi esecutori, sarebbe sicuramente destinato a perdersi senza lasciare<br />

traccia di sé per le generazioni future, dal momento che oggi i giovani sono quasi esclusivamente<br />

interessati agli stili che sono venduti e legittimati dai mass-media 17 .<br />

Il patrimonio e il dibattito sulla cultura popolare<br />

Gli esempi che abbiamo scelto di presentare in questo testo, così come la recente esperienza<br />

accumulata dall’IPHAN su tali questioni, potrebbero ingannevolmente suggerire<br />

che esiste una intrinseca e naturale associazione tra patrimonio culturale intangibile e<br />

culture popolari. Il patrimonio culturale intangibile, invece, non è associato esclusivamente<br />

alle classi popolari e ai gruppi etnici, così come i monumenti e i siti di interesse<br />

non sono distintivi delle élite e della cultura alta. Ci sono alcune questioni, in questo<br />

settore, che richiedono urgentemente di essere discusse. Perciò, anche se brevemente,<br />

vorrei menzionarne almeno alcune.<br />

In Brasile, come pure in altre parti del mondo, è inevitabile oggi dare la precedenza alla<br />

protezione di culture popolari in attuazione di questa nuova politica di salvaguardia del<br />

patrimonio culturale intangibile. In primo luogo, questa è una responsabilità storica di<br />

fronte alla parzialità delle politiche che hanno efficacemente accumulato il potere egemonico<br />

delle élite, tesaurizzando i loro monumenti e le loro opere d’arte, promuovendoli<br />

come simboli nazionali.<br />

Un altro motivo risiede nella situazione di fragilità di tutta questa conoscenza ed esperienza<br />

umana, la quale non è registrata ed è precariamente tutelata dai custodi della<br />

comunità e dai professionisti di queste pratiche, i quali spesso vivono in circostanze avverse<br />

e in estrema povertà; salvaguardare la cultura, in queste situazioni, può essere<br />

una forma di azione umanitaria. Questi motivi sono ancora più pressanti e convincenti<br />

se si ricorda che la coesione sociale, l’autostima e il senso di identificazione con una<br />

più ampia comunità politica, come il gruppo etnico o la nazione, sono profondamente<br />

radicati e dipendono dagli aspetti patrimoniali dove si incontrano il locale, il popolare,<br />

il nazionale, e a volte anche il globale.<br />

Di conseguenza, la protezione di aspetti intangibili della “cultura popolare” potenzia<br />

quei segmenti sociali storicamente emarginati i quali, sulla base di una autorità garantita<br />

dalla stessa proclamazione della loro cultura come “bene” e come “patrimonio”,<br />

possono reclamare diritti territoriali o protezione per santuari e altri luoghi sacri minacciati<br />

dagli imprevisti della crescita economica e urbana, e così via dicendo. Quella che<br />

in Brasile veniva detta “questione nazional-popolare” si ripresenta dunque oggi con<br />

una nuova fisionomia. Negli anni ‘50 e ‘60, l’aspetto ideologico del problema considerava<br />

in gioco soprattutto una questione: la realtà osservata empiricamente come “cultura<br />

popolare” (urbana o rurale) era considerata rozza, retrograda e reazionaria da<br />

parte della politica avanguardista del tempo, e la produzione dell’industria culturale ve-

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