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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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della parola come tecnica oratoria, come complesso sofisticato<br />

che richiede competenze e apprendimenti artigianali, è<br />

per lui prima di tutto da studiare nei segreti meccanismi di<br />

creatività. «L’improvisation est une mécanique dynamique,<br />

qui respecte des ordres, un nombre d’éléments, d’ordre formels,<br />

mais il y a une relecture constante des contenus, que<br />

nous transmettons du passé vers l’avenir, qui oblige à une<br />

re-invention constante, aboutissant à la création des nouvelles<br />

formules…». Ci parla dell’improvvisazione come dimensione<br />

intrinseca di ogni forma di poesia popolare, «chez<br />

nous, il est impensable de trouver un poète qui m’improvise<br />

pas, c’est donc un principe fondamentale de la poésie populaire…».<br />

Abderrahman Ayoub insiste su questa dimensione<br />

di arte, artigianato della parola, e suggerisce l’idea di<br />

parlare di «arti dell’improvvisazione poetica», al plurale. Mi<br />

accorgo del riconoscimento di cui gode all’interno del<br />

gruppo sia tunisino che marocchino. Tra i presenti a Nuoro,<br />

gli studiosi Hafedh Djedidi (Tunisia) e Mustapha Jlok<br />

(Marocco) insistono, presentandosi, sul suo ruolo di insegnante<br />

e ispiratore di tante esperienze nell’area nord africana,<br />

tra Tunisia, Libia, Siria, Marocco, Algeria… festival,<br />

creazione di case editrici (“l’Or du temps”), pubblicazione di<br />

libri che costituiscono forti riferimenti condivisi.<br />

L’improvvisazione poetica come “oggetto pericoloso”. Il<br />

ruolo dell’Improvvisazione e le Rivoluzioni in corso.<br />

Un aspetto che sarà evocato anche nel suo intervento a<br />

Nuoro riguarda le forme poetiche che si stanno sviluppando<br />

nel cuore dei movimenti rivoluzionari in Tunisia,<br />

Libia, Egitto. Si tratta di un “art nouveau” frutto dell’incontro<br />

tra tradizioni orali e nuove tecnologie. L’improvvisazione<br />

codificata, nascosta e trasmessa tramite messaggi SMS in<br />

Libia secondo tecniche metriche precise e complesse, sta<br />

prendendo una dimensione politica importante. Emerge<br />

un’immagine dell’improvvisazione poetica come strumento<br />

diffuso e condiviso di resistenza e rivolta nei paesi del<br />

mondo arabo contemporaneo, “oggetto pericoloso”.<br />

Riconoscere: costruire immaginari?<br />

Abderrahman Ayoub insiste sulla pertinenza della scelta<br />

di un dossier multinazionale che valorizzi le arti dell’oralità<br />

attraverso il mondo, ricordandoci che la Convenzione<br />

del 2003 è nata dalla Proclamazione per la salvaguardia<br />

del patrimonio orale. Un forte messaggio ci viene dall’invito<br />

a costruire, attraverso il processo di riconoscimento<br />

multinazionale dell’improvvisazione, nuovi immaginari<br />

del mondo arabo e nord africano.<br />

I festival, scene in divenire<br />

«En dehors des media, depuis des longues années, nous<br />

avons en Tunisie nombre des festival de poésie orale…<br />

c’est un art vivant par sa propre dynamique, prise en<br />

charge par des festival, il y a la joute… c’est dans la joute<br />

que l’improvisation est dans sa brillante forme… vous<br />

l’avez au Maroc, en Tunisie, en Lybie, en Algérie, en Iran,<br />

en Egypte, en Arabie Saudite… partout où vous allez,<br />

vous allez risquer en fait de faire exploser une bombe<br />

atomique de poésie…».<br />

A Nuoro, abbiamo assistito ad una performance di Tarak<br />

Zorgati, responsabile del festival di Souz, in Tunisia, ma<br />

già a Nairobi il tema dei festival di poesia orale è stato<br />

99<br />

argomento fortemente discusso da algerini, marocchini<br />

e tunisini. Nella presentazione del “Festival internazionale<br />

del Sahara di Douz”, in internet, ritroviamo il nome<br />

del poeta Abdellatif Belgacen, associato al concorso di<br />

poesia e alla cura del museo etnografico.<br />

“Il Festival trae le sue origini dalla ricca storia e cultura dei<br />

Marazig, un gruppo etnico beduino semi-nomade oggi<br />

sedentario, di Douz, la porta del deserto. Essi riservano ai<br />

viaggiatori un’accoglienza davvero speciale grazie alle<br />

loro tradizioni di ospitalità e aiuto reciproco (…) Verso il<br />

tramonto si lasciano le dune passando attraverso la palmeraia,<br />

simbolo del legame tra vita nomadica e vita sedentaria,<br />

fino alla città. Un posto centrale è occupato<br />

dalla poesia, da sempre tradizionale mezzo di comunicazione<br />

nel deserto. Il gran poeta del deserto, Abdellatif<br />

Belgacem, organizza sia l’annuale concorso di poesia che<br />

la cura del Museo etnografico, visita da non perdere”.<br />

Siamo invitati a Souz per il festival: ci propongono un itinerario<br />

attraverso le porte del Sahara, grande spazio condiviso<br />

da popolazioni nomadi unite dall’amore per il deserto<br />

e la poesia orale. Rilevo la convinzione condivisa che<br />

questi grandi eventi, i festival internazionali, sono nuovi<br />

importanti scenari di costruzione del dialogo tra culture.<br />

Tra oralità e scrittura.<br />

Il messaggio centrale e conclusivo che viene da A. Ayoub e<br />

dalla Tunisia ci riporta verso la storia dell’epopea omerica e<br />

la sua “fissazione“ nel testo scritto. Il fatto che l’epopea abbia<br />

continuato la sua vita orale, ritrovata dopo secoli da studiosi<br />

di oralità (Milman Parry 1930) in forme evolute rispetto<br />

alla versione scritta, porta a riprendere il grande tema dei<br />

rapporti fra oralità e scrittura. L’intervista di Nairobi si chiude<br />

con la citazione del lavoro di Jacques Goody, “la raison<br />

graphique”. Un vasto terreno di riferimenti comuni rende il<br />

dialogo ricco di prossimità e potenzialità.<br />

Pensare all’immateriale attraverso un’etnografia dei processi<br />

di candidatura. Il contributo di Ahmed Skounti, tra<br />

riflessione e azione.<br />

Ahmed Skounti condivide generosamente il suo lavoro<br />

di riflessione intorno ai processi di patrimonializzazione<br />

dell’immateriale, forte della concreta implicazione in<br />

questi processi poiché come racconta nel suo articolo<br />

tradotto in questo stesso numero di AM, ha seguito le<br />

due candidature marocchine a titolo del patrimonio immateriale.<br />

Alle nostre proposte di contributo al lavoro<br />

della comunità antropologica italiana su questi temi,<br />

Ahmed Skounti ha reagito tempestivamente inviando<br />

due suoi recenti scritti; tornando in Marocco ha preso<br />

contatti con le istituzioni ed i poeti della sua regione, per<br />

iniziare a costruire il possibile incontro in Italia, cantiere<br />

comune di lavoro. Il ricercatore Mustapha Jlok, che abbiamo<br />

accolto a Nuoro, ci ha portato suoni ed immaginario<br />

della cultura berbera amazighe, facendoci<br />

anch’esso sentire attraverso citazioni di Bernard Lortat<br />

Jacob studioso di tradizioni berbere, parte di un mondo<br />

condiviso. A Nuoro, l’incontro con Mimoun, Omar e<br />

Mustapha, la loro umanità, la profondità del loro rapporto<br />

alla poesia come pratica di vita ci incoraggia a lavorare<br />

su questo fronte. Omar racconta il suo lungo<br />

viaggio attraverso il Marocco per raggiungere l’aero-

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