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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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ETNU <strong>2011</strong>. IL POETA MIMOUN HAFSI, MAROCCO, DURANTE<br />

UNA PERFORMANCE MENTRE FA CANTARE IL PUBBLICO.<br />

98<br />

un luogo di incontro e fratellanza con le coste africane così<br />

vicine umanamente e lontane politicamente, evocando il<br />

classico di Martin Bernal, “Atena nera”. Le parole di Franca<br />

Rosa confermano che, come suggerito da Abderrahman<br />

Ayoub, la Sardegna è il luogo giusto per quest’incontro.<br />

Correggendo la Dichiarazione di Nuoro<br />

Gli ospiti dal Nord Africa sono assenti quando, a fine giornata,<br />

arriviamo alla firma della Dichiarazione. Avrebbero<br />

voluto discuterne, dando a questo momento un carattere<br />

centrale e condiviso. Per loro che non parlano italiano,<br />

l’ultima parte della giornata è troppo lunga, non si sentono<br />

coinvolti. A tavola però ci ritroviamo e il foglio circola<br />

da un tavolo all’altro, portato dal vento di un percorso che<br />

accomuna. La prima nota di correzione viene da Mustapha<br />

Jlok, con il suggerimento ad inserire Africa o Nord-Africa<br />

accanto a “mondo arabo”. I Berberi non si sentono rappresentati<br />

nella definizione di “mondo arabo”. Un altro<br />

suggerimento importante, la non specificazione di limiti<br />

temporali: il processo nel quale ci impegniamo sarà lungo,<br />

complesso ed è considerato prematuro fissarne le date.<br />

Ripartendo da Nairobi. Le riunioni Unesco come<br />

cantieri culturali. Nairobi 2010. La fiducia come<br />

ingrediente per costruire un futuro comune.<br />

Il paesaggio di Nairobi mi ha lasciato immagini e sensazioni<br />

di navigazione: una Convenzione internazionale che ha<br />

messo in viaggio ricercatori, membri di associazioni, professori,<br />

responsabili politici, artisti e artigiani. Sicuramente, gli<br />

incontri chiave per la concezione della giornata sono stati<br />

tre: quello con Abderrahman Ayoub, con Ahmed Skounte<br />

Antonio Arantes. Il dialogo è nato dal desiderio di conoscenza<br />

reciproca, curiosità intellettuale ed umana, ed è<br />

stato favorito dalle caratteristiche dello spazio di comunicazione<br />

in cui ci siamo trovati a viverlo. Il contesto delle riunioni<br />

Unesco, nel mescolarsi e confondersi di lingue, culture<br />

e prospettive, offre uno spazio privilegiato all’espressione<br />

di possibilità di scambi paritari o meglio “opzioni paritarie<br />

di fiducia” e reciprocità, che fa pensare alle riflessioni<br />

di Alessandra Fasulo nel bel testo “Fiducia”, in AM 22.<br />

“La fiducia non si fonda su una equidistribuzione dell’informazione<br />

tra le parti: al contrario, questo dispositivo<br />

sociale fornisce ai membri una risorsa per la gestione<br />

della novità e dell’incertezza. In un certo senso, l’opzione<br />

paritaria della fiducia assorbe i margini di ambiguità<br />

e timore relativi all’incontro con altri o con situazioni<br />

nuove e fornisce agli attori il senso di stare costruendo<br />

un futuro comune (Luhmann 2002: 30)”.<br />

Nel seguito del testo fiducia, comunicazione e riconoscimento<br />

sono posti su uno stesso piano.<br />

“Calato nei processi interattivi, il presupposto fiduciario si<br />

evidenzia dunque nell’accettazione del rischio proveniente<br />

dalla libertà dell’altro e dalla imprevedibilità che da<br />

essa deriva, ovvero nel fidarsi della disponibilità dell’altro<br />

a rispondere, parlare sinceramente e agire in modo competente<br />

(Garfinkel 1967, Goffmann 1967, Luhmann<br />

1968) (…) Todorov analizza la questione in termini di ‘riconoscimento’<br />

(…) gli esseri umani hanno pertanto un bisogno<br />

costante del riconoscimento altrui e del senso di<br />

valore personale che scaturisce dalla possibilità di offrire<br />

riconoscimento agli altri” (Todorov 1998).<br />

A Nairobi, dietro le quinte delle discussioni ufficiali, suscitando<br />

pensieri sul tema dell’improvvisazione poetica, abbiamo<br />

preso alcuni rischi, a partire da quello di essere<br />

fraintesi, di non capire di cosa stessimo parlando tra interlocutori<br />

così diversi. Ma, all’insegna del reciproco riconoscimento<br />

lungo le conversazioni sono stati citati Calvino e<br />

Omero, indizio di un impegno a far emergere dalle nostre<br />

memorie mondi comuni di appartenenza, tra le “Città invisibili”,<br />

“Le Mille e una notte” e “L’Odissea”.<br />

Dialoghi con Abderrahman Ayoub, Ahmed Skounti<br />

e Antonio Arantes<br />

Improvvisazione codificata e non codificata, tra conservazione,<br />

memoria e creatività.<br />

Ayoub Abderrahman, primo ispiratore di questa giornata<br />

in Sardegna, ci confida la sua familiarità con un’isola<br />

che sente sorella, un’isola che guarda alla Tunisia e<br />

all’Africa del nord, ricca di tradizioni comuni. Racconta<br />

di altri viaggi e progetti in Sardegna, ci parla della sua<br />

vita di antropologo e studioso di oralità, dell’”Institut<br />

National du Patrimoine” di Tunisi e delle sue nuove funzioni<br />

di membro dell’“Organo consultivo” Unesco per<br />

l’attuazione della Convenzione del 2003, accettando il<br />

nostro invito per un’intervista nella bella cornice della<br />

mostra fotografica che accompagnava i lavori di Nairobi.<br />

Riascoltando il nostro primo dialogo registrato da Paolo<br />

Nardini, ritrovo alcuni temi chiave poi ripresi tra l’intervento<br />

e le conversazioni di Nuoro, in particolare la centralità che,<br />

nella riflessione di Abderrahman Ayoub, assume il rapporto<br />

tra memoria, conservazione e creatività nell’azione drammatica<br />

vissuta nell’istante irripetibile e irreversibile dell’ispirazione<br />

poetica. L’irreparabilità del gesto poetico improvvisato<br />

(metafora del vissuto e del quotidiano) si muove sul filo tra<br />

fedeltà alla tradizione e coraggio nel farsene ricreatori, traditori<br />

e trasgressori. E gesto demiurgico, rottura che introduce<br />

l’invenzione del futuro a partire dalla memoria del passato<br />

come habitus dell’individuo. Insiste con patos sul rapporto<br />

tra casualità, accoglienza dell’imprevisto e dell’istante<br />

vissuto, e profondità delle memorie incorporate nel poeta/<br />

interprete. Abderrahman Ayoub lavora sulla distinzione tra<br />

«improvvisazione codificata» ed «improvvisazione non codificata»,<br />

invitandoci a riflettere sull’irrompere del caso e della<br />

creatività all’interno di schemi e vincoli condivisi.<br />

Ascoltandolo, sentiamo la vastità e l’interesse dell’impresa<br />

conoscitiva che stiamo costruendo. Insiste sulla pertinenza<br />

del legame tra poesia popolare e improvvisazione, ma anche<br />

sul meccanismo dell’improvvisazione come principio<br />

fondamentale dell’evoluzione delle società umane. L’arte

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