Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
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niva definita alienata e alienante. Così, la missione degli “intellettuali illuminati” degli<br />
anni ’60 era quella di criticare, trasformare e sviluppare la cultura popolare, al fine di<br />
contribuire alla formazione di una coscienza critica.<br />
Questa prospettiva venne in seguito fortemente criticata in teoria e in pratica da parte<br />
della sinistra brasiliana, in particolare per quanto riguarda l’esito della lotta popolare<br />
contro il regime militare. Alla fine degli anni ‘70 e l’inizio degli anni ‘80, la cultura popolare<br />
venne rivitalizzata, con la comparsa dei movimenti sociali che misero in moto la<br />
democratizzazione del paese. In un tale contesto, la prospettiva che prevale è quella<br />
secondo la quale la cultura è incorporata nella vita sociale, non è semplicemente un riflesso<br />
o una sua distorta manifestazione. Di conseguenza, ciò che è in gioco sono le<br />
sue contraddizioni e le sue condizioni di produzione e di riproduzione in relazione alla<br />
identità sociale, alla disuguaglianza e alla diversità. Sono queste le idee che hanno sostenuto<br />
i gruppi che furono attivi nella riforma costituzionale del 1988 e che sono riemersi<br />
nell’attuale processo di salvaguardia del patrimonio culturale intangibile.<br />
La politica della cultura popolare oggi ha a che fare con una tensione che deriva dal<br />
fatto che la conoscenza, le forme di espressione, i luoghi, le feste, i manufatti di vario<br />
genere (dai reperti archeologici alle opere d’arte, dagli edifici ai monumenti pubblici),<br />
nonché i paesaggi, sono riconosciuti come icone rilevanti per l’identità e per i processi<br />
economici. Questa tensione tra la politica e il mercato permea il patrimonio e lo rende<br />
una realtà multiforme (che sia esso popolare o elitario, materiale o intangibile), affrontabile<br />
con l’ausilio degli esperti del mondo accademico, coi leader locali e coi funzionari<br />
pubblici che vi si impegnano, sia a livello testuale, sia a livello pratico, ovvero delle<br />
decisioni che riguardano la sua protezione, la sua riproduzione e la sua modifica.<br />
I burocrati, gli esperti e i responsabili della comunità come mediatori culturali<br />
Un ultimo aspetto da sottolineare in chiusura di questa discussione è che gli agenti ufficiali<br />
di salvaguardia partecipano alla vita locale similmente a quanto fanno i mediatori<br />
e i “nuovi arrivati” menzionati nelle varie situazioni messe a fuoco in questo saggio.<br />
Gli oggetti scelti per una salvaguardia ufficiale tendono ad essere quelli che sono<br />
considerati da una comunità culturale come “il proprio tesoro”, quanto di più sacro,<br />
fragile e profondamente radicato nella struttura sociale. Si tratta di beni già inseriti in<br />
una politica mirata alla salvaguardia e già riconosciuti e apprezzati dal mercato dei prodotti<br />
culturali. Di conseguenza, diventa estremamente rilevante analizzare in modo critico<br />
e valutare le conseguenze delle interferenze che le attività di salvaguardia producono<br />
nella vita locale, come pure capire quanto esse siano auspicabili e auspicate dalla<br />
comunità locale.<br />
Le conseguenze positive e negative di queste politiche devono essere tecnicamente<br />
monitorate. I termini dei negoziati tra i funzionari che agiscono in nome e per conto<br />
del patrimonio pubblico e tra le istituzioni e le comunità locali devono inoltre essere<br />
chiaramente ed esplicitamente indicati, in conformità ai parametri etici delle migliori<br />
pratiche professionali.<br />
Sono, queste, alcune delle domande affrontate da coloro che sono attualmente impegnati<br />
nelle politiche di salvaguardia del patrimonio culturale intangibile, sulle quali il<br />
dialogo tra accademici, politici e comunità culturali può fornire indizi utili e percorsi<br />
praticabili.<br />
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