Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
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“Noto ‘l’ingegnosa’ (o la bella dormiente), sembra sia rimasta un vallo dagli stilemi immodificabili,<br />
chiuso, coi suoi beni mediocri e arcaici, tra i monasteri che sembrano fortezze,<br />
ma anche prigioni (2001, p. 36) (…). Il palazzo è quello del Comune, ricoperto<br />
di palizzate e di teloni di plastica. Quando passo nelle vicinanze do sempre un’occhiata<br />
al cortile del palazzo Rau della Ferla, slabbrato, con il fascino del decadimento, con<br />
grandi arbusti di gelsomino rampanti fino alle finestre del primo piano, un ombrello di<br />
profumo che intenerisce il cuore (ibid., p. 75)”.<br />
Nonostante alcune interessanti vicende avessero percorso gli anni Ottanta del<br />
Novecento, quando, come ricorda Stajano (2001: 92-94) un gruppo di giovani locali si<br />
era opposto a forme di speculazione edilizia presentate sotto forma di “recupero” del<br />
patrimonio barocco della città di Noto, niente, negli anni nei quali sono vissuto stabilmente<br />
nell’area (1994-1998), lasciava presagire l’emergere (o il riemergere) di passioni<br />
civiche e patrimoniali. Come è allora stato possibile tutto ciò e in un arco di tempo così<br />
breve?<br />
Lasciata nel 1998 la casa a Catalfàro / Militello, avevo continuato a seguire le vicende<br />
politico-culturali dell’area. In particolare mi ero interessato alla trasformazione subita,<br />
tra il 2004 e il 2005, della Settimana del barocco militellese, evento che avevo studiato<br />
tra 1996 e 1998. Legata alla volontà e all’azione politica del Presidente della Provincia<br />
di Catania, militellese, la Settimana aveva perso di forza e di interesse con il venir meno<br />
del suo peso politico. Proprio nel 2005, quando Musumeci lascia AN per schierarsi con<br />
la Destra, la Settimana del Barocco si trasforma nel “Festival Internazionale del Val di<br />
Noto - Magie barocche”, un festival di musica barocca che si svolge in tutti gli otto comuni<br />
interessati dal riconoscimento UNESCO. L’evento pubblico (metà evento specchio<br />
e metà evento modello, per dirla con Handelman 1990; cfr. Palumbo 2003: <strong>29</strong>7-300)<br />
lascia quindi la scena locale militellese, per trasformarsi in puro evento-specchio che<br />
esprime, da un lato, l’esistenza di un istituendo spazio pubblico (le città del Val di<br />
Noto), e dà forma, dall’altro, ad uno dei gruppi di potere che giocano la partita politica<br />
del Sud-Est siciliano (il festival è una creazione di Nicola Bono, parlamentare nazionale<br />
per AN e Sottosegretario ai beni Culturali, ora Presidente della provincia di<br />
Siracusa). Al di là di tutto questo, però, il Festival mi interessava per la capacità di diffondere<br />
una retorica identitaria e patrimoniale, fino ad allora ristretta ai discorsi ufficiali<br />
della politica e a quelli, strettamente connessi, della stampa locale, in aree della<br />
“società civile” non ancora direttamente coinvolte dal processo di patrimonializzazione.<br />
Avevo seguito, inoltre, il temporaneo affievolirsi, tra 2005 e 2008, della retorica<br />
del Sud-Est e del peso politico di Fabio Granata, a vantaggio dell’emergere, nella stessa<br />
area siciliana, del Movimento per l’Autonomia di Raffaele Lombardo, capace di tradurre<br />
in termini (anche) strumentalmente politici le venature autonomiste della retorica<br />
identitaria di Granata e di costruire una ben più efficace macchina elettorale e amministrativa<br />
che avrebbe portato quel partito al controllo della regione Siciliana 6 .<br />
La penetrazione tra la “gente comune” di passioni culturali legate all’idea di Val di Noto<br />
e, quindi, la capacità del discorso patrimoniale, prodotto in quell’area della Sicilia nei<br />
dieci anni che separano il crollo e la riapertura della cattedrale di Noto, di dare vita ad<br />
adesioni identitarie forti, mi divennero evidenti, però, grazie a due giovani studenti universitari.<br />
Fin dal 2001, infatti, l’Università di Messina e la Facoltà dove insegno hanno<br />
aperto un Corso di Laurea in Scienze dell’Educazione (e qualche anno dopo anche uno<br />
in Scienze della Comunicazione) proprio a Noto. Non posso qui analizzare le vicende di<br />
tale apertura, certamente connesse con la fase iniziale del progetto di iscrizione degli<br />
otto comuni nella WHL UNESCO; né fare altro che ricordare come negli ultimi anni la<br />
presenza delle Università (quella di Messina a Noto, Priolo, Modica e Caltagirone; quella<br />
di Catania a Siracusa, Ragusa e Caltagirone) abbia rappresentato un elemento forte, e<br />
spesso conflittuale, dell’investimento delle istituzioni dell’area verso le politiche della<br />
cultura. Nell’inverno del 2006, durante una lezione dedicata proprio alle vicende politiche<br />
e patrimoniali del Sud-Est siciliano, due studenti, tra i più attivi del corso, mi chiedono<br />
cosa ne pensassi del movimento contro le trivellazioni. Alla mia risposta, che tendeva<br />
a contestualizzare il movimento nello scenario politico di media durata, loro opposero<br />
il proprio punto di vista di attivisti in prima persona e il proprio essere convinti, nonostante<br />
il percorso critico-analitico seguito a lezione, dell’importanza di lottare per la<br />
difesa di monumenti, luoghi e paesaggi “universalmente” definiti come eccezionali.<br />
Soprattutto, insistevano sull’importanza di progettare stili di vita coerenti con gli scenari<br />
culturali e naturali divenuti con tutta evidenza beni culturali, patrimonio collettivo delle<br />
comunità dell’area. I due studenti, diversi, nell’abbigliamento, nelle idee politiche e<br />
13<br />
6 - Recentemente Granata<br />
ha assunto un ruolo politico<br />
di rilievo mediatico e<br />
nazionale in quanto<br />
protagonista, con Gianfranco<br />
Fini ed altri parlamentari ex<br />
AN della uscita di Futuro e<br />
libertà dal PDL.