Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
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Nel quarto punto, l’“efficacia (al plurale) del patrimonio” è declinata in quattro<br />
temi. Il primo riflette sul dispositivo della “lista” che esercita una forte influenza sugli<br />
oggetti patrimonializzati. Il formulario di candidatura per iscrizione, definito come una<br />
“macchina che trasforma un fatto ordinario in un item di una lista”, produce un cambiamento<br />
di statuto dell’elemento, estratto dalla massa dei fatti ordinari per divenire<br />
oggetto patrimoniale. Questo cambiamento di statuto dell’oggetto ha delle ricadute<br />
sullo statuto sociale e politico delle persone stesse, degli attori della patrimonializzazione.<br />
Un terzo aspetto dell’efficacia del patrimonio che “scuote il mondo” consiste<br />
nell’emergenza della “coscienza patrimoniale”. Ovunque il patrimonio è oggetto<br />
di investimenti politici, sentimentali ed economici. Il concetto di patrimonio è stato<br />
adottato dalle amministrazioni culturali a da certi ambienti sociali, non per forza quelli<br />
che hanno il potere economico. Un caso significativo è quello italiano delle Pro loco,<br />
equivalenti al sindacato di iniziativa in Francia, che si stanno occupando dell’inventario,<br />
trasmissione e salvaguardia delle “tradizioni popolari italiane” comprese nella categoria<br />
di PCI. “Tramite la loro diffusione capillare sul territorio, in nome della patrimonializzazione<br />
e della “coscienza patrimoniale”, trasformano il sapere accumulato da<br />
antropologi, dialettologhi ed eruditi italiani in una biblioteca nazionale del PCI”. Ultimo<br />
e più significativo aspetto per interpretare l’”esplosione del PCI”, è l’affermazione del<br />
ruolo delle “comunità”. “L’ingiunzione della partecipazione ‘dal basso’ inverte la<br />
macchina patrimoniale amministrativa e permette l’invenzione di nuovi modi<br />
di fare patrimonio. In tal modo, dei nuovi attori si sentono legittimati ad istituire essi<br />
stessi il loro patrimonio. Tanto più che le sfide politiche ed identitarie regionali o minoritarie<br />
trovano nel PCI un terreno favorevole, senza parlare delle lingue minoritarie<br />
come l’Occitano”.<br />
Coscienze e rivendicazioni patrimoniali<br />
In un testo successivo del gennaio 2010, nello stesso blog, troviamo un testo dal titolo:<br />
“Come mobilizzare il poteri pubblici per il PCI? A proposito di due appelli<br />
francesi”, che si propone di commentare le discussioni che accompagnano i pro e<br />
contro l’iscrizione della “Fiesta de los toros. Patrimonio de la Humanidad”, e “l’appello<br />
a partecipazione per i primi incontri del patrimonio immateriale”, per riflettere<br />
sul senso politico della Convenzione. Facendo notare come il mondo associativo e<br />
ordinario sia già da tempo, e ben prima dell’apparizione della Convenzione, “il motore<br />
centrale e un attore di primo piano” dei processi di patrimonializzazione, e che<br />
dunque “lo spirito di apertura che traspare dalla Convenzione proviene dalla profondità<br />
della coscienza patrimoniale diffusa nell’insieme del mondo”, dà rilievo al fattore<br />
di novità introdotto da questa: “Ciò che è nuovo non è tanto l’inversione del<br />
senso della patrimonializzazione, quanto le nuove forme della mobilizzazione<br />
e della rivendicazione che il mondo ordinario può inventare nei confronti del<br />
potere costituito”. La proposta dello studioso è quella di analizzare le nuove maniere<br />
di parlare e costruire il patrimonio che emergono a partire dalla firma della<br />
Convenzione del 2003.<br />
Basandosi sull’analisi di un “appello per i primi incontri nazionali del patrimonio immateriale”,<br />
tenutisi in Bretagna nel 2008 (Dastum, Rennes 2008), Isnart pone in rilievo tre<br />
argomenti/chiave:<br />
– La capacità di iscriversi in una “storia patrimoniale” (nell’esempio della<br />
Bretagna, si tratta della tripla eredità del revivalismo, dell’azione culturale e delle rivendicazioni<br />
identitarie che è presentata come antenato degli inventari, della salvaguardia<br />
e della trasmissione, come definite dalla Convenzione), iscrivendo l’uso<br />
del PCI in una specie di “storia naturale della cultura locale e della sua salvaguardia”,<br />
la “comunità” si definisce come un nuovo “esperto patrimoniale dal basso”<br />
legittimando l’azione dei firmatari.<br />
– L’argomento dello sviluppo sostenibile “nel contesto della regione o dell’oggetto<br />
da patrimonializzare”, facendo notare come “il tema dello sviluppo sostenibile<br />
che costituisce uno dei fondamenti della nozione di PCI è utilizzato sistematicamente<br />
come giustificazione delle rivendicazioni e come obbiettivo da raggiungere<br />
attraverso il processo di patrimonializzazione”.<br />
– L’accostamento tra il PCI e la categoria di cultura popolare. “La Convenzione<br />
stabilisce essa stessa un flou a questo riguardo proclamando che il PCI si compone<br />
di tutti quegli elementi che in passato potevano appartenere al campo di una etnologia<br />
folklorizzante, che si interessava prima di tutto al mondo contadino alla ru-