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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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zione è di creare meccanismi nei quali la progettazione e la valutazione delle politiche<br />

e dei programmi, nonché la ripartizione delle risorse finanziarie, siano realmente condivisi<br />

con le comunità culturali interessate. Questo significherebbe compiere un decisivo<br />

passo in avanti rispetto alla mera “partecipazione”, il motto che negli anni ’80<br />

animò la mobilitazione culturale e il dibattito politico-culturale in Brasile. Allora la questione<br />

fu di aprire alle classi popolari il processo decisionale che, per definizione, è<br />

esterno a loro. Oggi, è in gioco il riconoscimento degli strati popolari come protagonisti<br />

legittimi della politica culturale, fianco a fianco con il governo e le agenzie istituzionali<br />

elitarie. La questione-chiave per quanto riguarda l’efficacia delle politiche patrimoniali<br />

diventa, allora, quella della natura e della qualità del rapporto che gli organismi<br />

sociali locali stabiliscono con l’esterno.<br />

Oggi emergono più consenso e più disponibilità nell’accettazione di tali cambiamenti,<br />

sia presso l’opinione pubblica, sia presso i “conservatoristi”. Tuttavia, le tensioni e le<br />

negoziazioni tra le agenzie interessate (interne ed esterne) devono ancora essere considerate<br />

come una caratteristica inerente alla salvaguardia del patrimonio culturale: si<br />

tratta di una forza dinamica che dovrebbe essere costantemente presa in considerazione<br />

e affrontata tramite le pratiche di salvaguardia, a prescindere dal fatto che le risorse<br />

necessarie siano pubbliche o private.<br />

Sono evidenti sia la velocità con cui questi cambiamenti si stanno consolidando, sia la<br />

coerenza e la raffinatezza degli strumenti tecnico-giuridici di recente elaborazione.<br />

Sono molte le ragioni che spiegano questo fenomeno: parzialmente, tutto ciò si deve<br />

alla solida esperienza istituzionale dell’IPHAN nel campo della conservazione, esperita<br />

prima ancora della creazione del “patrimonio culturale intangibile”. Ma è soprattutto<br />

alla qualità e alla quantità della ricerca etnografica sulla cultura tradizional-popolare e<br />

delle culture indigene, accumulatasi nel paese e all’estero, sui temi che oggi emergono<br />

nel cosiddetto “patrimonio culturale intangibile brasiliano”.<br />

Il patrimonio come bene commerciale<br />

I cambiamenti teorici e pratici messi a fuoco nel presente saggio esigono che vengano<br />

affrontate le sfide etico-politiche esplicite riguardanti la responsabilità sociale delle istituzioni<br />

governative e dei loro agenti, ovvero le comunità culturali direttamente interessate<br />

da queste politiche.<br />

Le culture vivono e mutano le realtà dalle quali dipendono, dietro condizioni specifiche,<br />

la loro produzione, la loro continuità e il loro cambiamento. Di conseguenza, la sostenibilità<br />

delle politiche di salvaguardia diventa una questione chiave nell’attuale discussione.<br />

Questo concetto, ovviamente, è stato inserito nella pratica e il discorso della tutela ambientale<br />

fin dal 1987, e può essere utile ricordare che è stato derivato da un principio<br />

etico molto semplice, chiaro e ragionevole, cioè che lo sviluppo sostenibile può considerarsi<br />

ogni comportamento che soddisfi i bisogni umani di base della contemporaneità,<br />

senza privare o espropriare dei loro diritti le generazioni future. È tempo che<br />

questo approccio venga applicato anche al contesto della salvaguardia culturale.<br />

È, questa, una questione particolarmente rilevante oggi che i responsabili delle politiche<br />

sociali cominciano ad accettare l’idea che la tutela e la valorizzazione del patrimonio<br />

culturale possono contribuire allo sviluppo economico e sociale. Questa prospettiva<br />

è perseguita particolarmente da coloro che sostengono che la globalizzazione crea<br />

nuove opportunità per l’economia locale.<br />

Alcuni programmi sociali in corso, anche se ancora nelle fasi iniziali, sembrano confermare<br />

l’idea che la salvaguardia del patrimonio culturale intangibile sia una pietra miliare<br />

per lo sviluppo umano e per la comprensione reciproca; ma se è vero che l’economia<br />

di mercato – e in particolare la sua globalizzazione – apre nuove prospettive<br />

sullo stanziamento e sull’appropriazione delle risorse culturali tradizionali, è pur vero<br />

che essa presenta nuove sfide per il patrimonio, per i suoi conservatori e per i professionisti<br />

del settore. Le implicazioni di questo assunto non devono certo essere prese<br />

alla leggera dai responsabili delle politiche culturali.<br />

Il patrimonio culturale individuato dalle agenzie di conservazione come “distintivo di<br />

gruppi sociali specifici” e, per questo motivo, degno di tutela, è spesso risorsa e stimolo<br />

per la produzione di servizi e di beni di consumo, o quantomeno tende immancabilmente<br />

verso questa direzione. Di conseguenza, il patrimonio culturale diventa una<br />

parte degli ampi e complessi sistemi di circolazione delle persone, dei segni e del capitale.<br />

Questi circuiti funzionano su diverse scale e stabiliscono connessioni di rete che si<br />

impongono alle comunità culturali locali ma possono confliggere con la loro organiz-<br />

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