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Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...

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– venivano chiamati processi di patrimonializzazione 4 . Nel 2003 ho ripreso quegli<br />

spunti in una monografia all’interno della quale l’analisi delle politiche del patrimonio<br />

finiva per occupare un posto decisivo. I rapporti tra dinamiche socio-politiche locali (“il<br />

campanile”) e procedure transnazionali (“l’UNESCO”) della patrimonializzazione,<br />

quelli tra poetiche dello spazio/tempo messe in atto dagli attori sociali e vincoli che l’azione<br />

istituzionale poneva all’agency individuale, il peso dei conflitti nell’elaborazione<br />

di un immaginario patrimoniale, la capacità creativa delle pratiche e delle istituzioni patrimoniali,<br />

erano nodi che la ricerca etnografica mostrava essere ineludibili per la comprensione<br />

dei processi in atto nella Sicilia sud-orientale sul finire dello scorso millennio.<br />

In quel volume provavo ad individuare alcuni tratti generali del processo di patrimonializzazione<br />

innescato da un’agenzia transnazionale come l’UNESCO: la strutturazione<br />

gerarchica delle procedure tassonomiche UNESCO e il loro fondarsi, comunque, sull’operare<br />

dello Stato nazionale; la produzione di identità-merci localizzate, stereotipiche<br />

ed essenziali da vendere su un mercato globale; la rarefazione dei sistemi simbolici che<br />

danno forma a tali appartenenze patrimonializzate che, dunque, assumono un carattere<br />

iconico; l’occultamento delle tensioni socio-politiche (sia di quelle che si attivano,<br />

o riattivano, nei contesti locali in seguito a processi di oggettivazione culturale, sia di<br />

quelle derivate dal funzionamento delle istituzioni che operano tali processi); la capacità<br />

delle tassonomie patrimoniali di produrre comunque nuovi orizzonti di senso e<br />

nuovi spazi di immaginazione istituzionale 5 . In effetti, l’aspetto sul quale concludevo la<br />

monografia dedicata al sud est siciliano, era proprio la capacità creativa mostrata dallo<br />

scenario patrimoniale, capace nel contempo di riattivare antiche e sedimentate linee di<br />

tensione “campanilistica”, sia di riconfigurare gli spazi istituzionali di un’area piuttosto<br />

vasta e di ridefinirne sentimenti di appartenenza, logiche politiche e dinamiche economiche.<br />

In un saggio successivo (Palumbo 2006) ho provato a seguire le vicende politico<br />

patrimoniali sviluppatesi nell’area dopo il 2002 (l’elaborazione di un Piano di<br />

Gestione, la costituzione del Distretto Culturale del Sud-Est, la nascita di un Movimento<br />

politico di ispirazione autonomista, l’esplosione di conflitti politici legati, direttamente<br />

o indirettamente, alle dinamiche della patrimonializzazione) connettendole, da un lato,<br />

con il più ampio scenario politico regionale e nazionale, e dall’altro con gli effetti di governance,<br />

insieme locale, regionale, nazionale e transnazionale) giocato dalla machinerie<br />

patrimoniale (Jeudy 2001).<br />

In questo scritto riprenderò alcuni dei temi sviluppati negli anni precedenti, avendo<br />

in mente, però, due diversi obiettivi conoscitivi. Da un lato, infatti, intendo mettere<br />

a confronto le traiettorie divergenti che due luoghi del sud-est siciliano, Noto e<br />

Militello, hanno seguito dopo il loro contemporaneo (2002) inserimento nella WHL<br />

dell’UNESCO. Vorrei, dall’altro, riflettere sulle opposte reazioni, anche emotive, che<br />

gli abitanti dei due centri sembrano aver avuto nei confronti del processo di patrimonializzazione.<br />

A partire da tale confronto proverò, quindi, ad avanzare alcune considerazioni<br />

generali sulle pratiche patrimoniali, su alcuni tratti che sembrano connotarle,<br />

sulle più vaste economie morali e politiche delle quali sono espressione.<br />

Traiettorie divergenti<br />

Denise Bell Hyland e suo marito hanno lasciato oramai dieci anni fa la Virginia dopo un<br />

contenzioso con un’azienda petrolifera. Venduta la casa e la terra, si sono spostati nella<br />

campagna di Noto, cittadina della Sicilia del Sud-Est che nel 2002, insieme ad altri 7<br />

centri dell’area, è stata inserita nella WHL dell’UNESCO. Qui hanno comprato una<br />

nuova casa, diversa dalla precedente, ma come quella circondata da un po’ di terra.<br />

Proprio nella veste di imprenditori agricoli i due partecipano ad un film-documentario<br />

dal titolo “13 Variazioni su un tema barocco. Ballata ai petrolieri del Val di Noto”, realizzato<br />

nel 2006 da tre giovani registi indipendenti siciliani per l’etichetta “641 produttori<br />

dal basso”. Il film dà voce a quanti, nell’area indicata come “Val di Noto”, tra 2005<br />

e 2007 hanno dato vita ad un vivace movimento di opposizione “dal basso” agli scavi<br />

petroliferi che la Regione Siciliana, nel 2000 e, ancora, nel 2005 aveva reso possibile in<br />

questa, come in altre aree del Sud-Est dell’Isola, attraverso una concessione ad una<br />

multinazionale statunitense, la Panther Oil. Nel film, Denise, rievocando il suo fuggire<br />

ed essere inseguita da petrolieri, spiega il proprio amore per gli uliveti plurisecolari della<br />

sua nuova terra, uliveti dai quali si può ricavare un olio unico al mondo, mentre suo<br />

marito ricorda all’intervistatore e agli spettatori le difficoltà di una lotta appena iniziata<br />

che non potrà che essere collettiva e che dovrà dimostrarsi capace di mantenere vivo<br />

nel tempo lo stato di effervescenza emotiva di cittadini e amministratori pubblici. La te-<br />

9<br />

cfr. Babelon e Chastel 1994,<br />

Chastel 1986, Audrerie,<br />

Soucher e Vilar 1998, Poulot<br />

1997. Posizioni critiche,<br />

comparabili a quelle<br />

statunitensi, iniziano a farsi<br />

strada, anche in Francia,<br />

qualche anno più tardi. Cfr.,<br />

ad esempio, Jeudy 2001,<br />

alcuni dei saggi contenuti in<br />

Fabre 2000, Fabre e Iuso<br />

2009, Tornatore 2004a, b,<br />

2007, 2010, Berliner 2010.<br />

3 - Cirese 1977, Buttitta<br />

2002. Per il precoce<br />

emergere di una prospettiva<br />

critica nel campo della<br />

museologia antropologica<br />

italiana, cfr. Lattanzi 1993,<br />

1999, Padiglione 1994,<br />

1996, Clemente 1996,<br />

Clemente e Rossi 1999. In<br />

una simile direzione, se il<br />

volume de La Ricerca<br />

Folklorica dedicato<br />

all’<strong>Antropologia</strong> Museale<br />

(1999) ha rappresentato un<br />

decisivo punto di svolta, la<br />

nascita e l’attività di una<br />

rivista come AM –<br />

<strong>Antropologia</strong> Museale<br />

costituiscono altrettanti indici<br />

dell’oramai avvenuto<br />

radicamento di prospettive<br />

critiche nell’antropologia dei<br />

patrimoni italiana.<br />

4 - A quanto mi è dato<br />

conoscere, almeno nella<br />

letteratura di carattere<br />

antropologico in lingua<br />

italiana, non vi sono lavori<br />

che, al 1998, adoperassero<br />

l’espressione<br />

“patrimonializzazione” per<br />

indicare, in maniera esplicita<br />

o implicita, il processo di<br />

costruzione del patrimonio<br />

culturale. L’espressione<br />

patrimonialization, intesa<br />

come processo di<br />

costruzione / produzione del<br />

patrimoine e dei suoi<br />

oggetti, compare invece in<br />

francese fin dal 1992 in<br />

scritti di carattere sociologico<br />

(Bourdin 1992, Warnier<br />

1994, Warnier e Rosselin<br />

1996), ma sembra trovare<br />

una prima diffusione in<br />

antropologia solo a partire<br />

dal 1998 (Faure 1999,

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