Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
Antropologia museale, n. 28-29, 2011 - Dipartimento Storia Culture ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
una lunga passeggiata a piedi nelle montagne intorno<br />
Nuoro. Mi parla della natura, fonte di ispirazione della sua<br />
poesia, della montagna e del deserto. Il suo collega, il<br />
poe ta Mimoun, che non parla francese, sorride composto<br />
seguendo la nostra conversazione. Ad un tratto, il viso di<br />
Omar incorniciato dalla sciarpa azzurra si illumina: “Oggi<br />
è un giorno speciale per noi, la nostra lingua, il berbero,<br />
diventa lingua ufficiale: siamo felici!”. Penso allora al valore<br />
di questi processi di riconoscimento intorno ai quali<br />
lavoriamo e discutiamo tanto, e al legame tra fiducia, riconoscimento<br />
di valore, rivendicazioni identitarie come dimensioni<br />
del diritto. Penso alla Corsica e alla sua violenza,<br />
ai silenzi, alla ricerca cantata e gridata di un riconoscimento.<br />
Per anni ho ascoltato le conversazioni di amici e<br />
colleghi francesi che mi spiegavano le ragioni della loro<br />
sfiducia verso i corsi. Mi parlavano di spiagge e montagne<br />
ma non delle persone, se non come popolo difficile e<br />
chiuso, un problema da gestire più che una risorsa umana<br />
da conoscere e rispettare. Incontrando grazie al progetto<br />
INCONTRO il poeta corso Juan Pedru Ristori, abbiamo<br />
ascoltato e forse in parte compreso la sofferenza del popolo<br />
corso. Davanti al sorriso di Omar nel giorno del riconoscimento<br />
della lingua berbera, mi pare di capire. Cosa<br />
cambia con un riconoscimento nazionale o internazionale?<br />
A giudicare dallo sguardo di Omar, qualcosa di importante<br />
in cui lui crede, e su cui dobbiamo seriamente riflettere.<br />
Parlando con il poeta Omar mi tornano alla memoria<br />
le conversazioni con l’antropologo Ahmed Skounti,<br />
anima di questa delegazione marocchina e il cui incontro,<br />
da Abu Dhabi a Nairobi, è stato all’origine dell’impegno<br />
del Marocco a partecipare a questo primo evento. Chiedo<br />
ad Omar se si conoscono e scopro una stima ed un’amicizia<br />
profonda tra il poeta e lo studioso, uniti dall’amore<br />
per la cultura berbera di cui si sentono figli ed eredi.<br />
Poesia, danza, teatro, voce e corpo: un’unità necessaria<br />
Un secondo spunto, di cui discutiamo, riguarda l’importanza<br />
di aprire l’investigazione sull’improvvisazione poetica<br />
ad approcci pluri e interdisciplinari, evitando l’esclusività<br />
della prospettiva etnomusicologica. La complessità<br />
del fenomeno culturale “improvvisazione poetica”, arte<br />
di frontiera tra danza e canto, letterature e oralità, legata<br />
a schemi metrici e codificati ma anche luogo d’esercizio<br />
della libera immaginazione individuale, arte antica<br />
intrisa di stratificazioni memoriali e allo stesso tempo<br />
espressione creativa viva e scottante, strumento di lotta<br />
e resistenza, ne fanno un appassionante luogo di studi<br />
incrociati, multiforme metafora dell’umana intelligenza<br />
e creatività, il cui studio deve muoversi al di fuori di ogni<br />
esclusività accademica. Questa riflessione, al centro di un<br />
animato dibattito tra tunisini e marocchini in un francoarabo<br />
dalle forti sonorità, è stata ripresa anche da<br />
Antonio Arantes nel successivo pranzo che ci ha riunito<br />
poco dopo la partenza degli altri ospiti. Mentre Tarak<br />
Zorgati insisteva sull’importanza della scena come luogo<br />
di condivisione di linguaggi poetici, tra mente, occhi e<br />
corpo, Antonio Arantes e sua moglie Marilia hanno parlato<br />
del linguaggio del corpo e della danza, del linguaggio<br />
degli occhi come fondamentale nelle arti dell’improvvisazione.<br />
Ascoltandoli, l’improvvisazione poetica<br />
appare come un incorporato potente strumento espres-<br />
97<br />
sivo di individui e gruppi. Come il racconto orale, arma<br />
di riscatto, movimento di liberazione.<br />
Questioni di stile. L’etnografia come arte dell’ascolto e<br />
l’incontro come arte dello scambio. Costumi, pause<br />
caffè, spazi di convivialità: per un’etnografia del dialogo<br />
interculturale<br />
Marocchini e tunisini hanno vissuto con grande disagio la<br />
perdita delle loro valige a Fiumicino, la mancanza dei loro<br />
strumenti musicali e costumi tradizionali, sottrazioni della<br />
loro possibilità di presenza. Il poeta Abdellatif Belgacen mi<br />
si è avvicinato più volte per confessarmi la sua sofferenza,<br />
“in questo festival, non riesco ad essere presente. Sono in<br />
pena per lei, le stiamo dando tante preoccupazioni…”.<br />
Questa attenzione riconfermata da tanti segni di riconoscenza<br />
mi commuove e mi muove dentro pensieri che condivido<br />
con gli ospiti. Mi rendo conto che i loro costumi li<br />
avrebbero aiutati nello sforzo di portare sulla scena di una<br />
cultura altra la loro persona come creatura culturale, che l’inadeguatezza<br />
dell’abito occidentale con cui devono esibirsi<br />
li rende fragili, poveri rispetto alla missione che si erano<br />
dati. La creatività dell’istante poetico è legata ad una complessità<br />
di elementi la cui sottrazione mette a rischio l’ispirazione.<br />
Ma gli ospiti soffrono anche di una mancanza di<br />
possibilità di incontro legate alle scelte stilistiche della giornata.<br />
Perché non ci sono pause caffè? Dove sono i dolcetti<br />
sardi di cui hanno parlato durante il viaggio e che assomigliano<br />
tanto alle pasticcerie tunisine? Sono presa d’assalto<br />
dalle loro attese di incontro con l’isola, le sue tradizioni, da<br />
una sensazione di abbandono che mi confidano durante i<br />
momenti a tavola. Sento in questo messaggio un importante<br />
monito che non riguarda semplicemente dettagli organizzativi,<br />
ma un’arte dell’incontro interculturale da curare<br />
tanto quanto i contenuti scientifici che riteniamo intellettualmente<br />
rilevanti. Per chi viene da lontano, da altri<br />
mondi, arrivare in un luogo significa anche sentirsi riconosciuto<br />
come ospite e aver modo di vivere l’incontro in tutte<br />
le sue dimensioni, fatte di gesti, offerte, ringraziamenti,<br />
doni. Già durante il progetto INCONTRO i poeti ci hanno<br />
più volte segnalato disagi legati al loro sentirsi, nelle nostre<br />
sale di conferenze in modo inadeguato rispetto ai contesti<br />
della poesia, i suoi tempi, il suo clima culturale. Dovremmo<br />
tenere presenti queste dimensioni per il futuro dei nostri incontri.<br />
A tavola, seduti al ristorante, i canti e le rime trasportano<br />
verso universi sonori e cognitivi che il cibo ed il vino<br />
aiutano a costruire, e appaiono Aladino con la sua lampada<br />
magica, Shahrazad e il suo infinito racconto che salva la<br />
vita, l’immaginario del mondo arabo, persiano, mediterraneo…<br />
Emerge dalle conversazioni, durante quest’ultima<br />
cena, il ricordo forte della musica delle launeddas suonate<br />
con arte da Luigi Lai la sera dell’arrivo, la visita allo stand<br />
Sardegna dell’esposizione di ETNU e la conversazione con<br />
il Conservatore dell’ISRE presente con le sue spiegazioni.<br />
Momenti molto importanti per gli ospiti: gli oggetti sardi, i<br />
tappeti, i vasi ed i cesti li fanno sentire a casa, forme colori<br />
e funzioni parlano loro dell’appartenenza ad una stessa civiltà.<br />
Abderrahman Ayoub scopre che la preparazione del<br />
couscous sardo, la fregola, rispetta le stesse regole di quella<br />
del couscous tunisino. Il giorno successivo tornerò ad aggirarmi<br />
in quel bel luogo, Franca Rosa Contu, dell’ISRE, mi<br />
parlerà con trasporto del desiderio di fare della Sardegna