ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia
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Insomma, dovrei confessare l'omicidio del benzinaio. Alle rapine non ci pensano più.<br />
Capitolo chiuso. Adesso, sono tarantolati dall'idea del delitto. Il tradizionale<br />
trattamento non basta più. Sono passivo: un sacco vuoto. Ci vuole qualcosa di più<br />
sostanzioso, di più raffinato.<br />
Svengo. Il cervello è ormai in pappa. Mi riprendo. Ho ancora un barlume di lucidità<br />
per un altro «no». Ma loro continuano: «Dai, confessa che la smettiamo». Nuovo<br />
svenimento. Da quest'istante, non ricordo più l'esatto svolgersi dei fatti. Avevo un<br />
ronzio bestiale in testa. Ormai, ero cotto a puntino. Credo di essere stato riportato<br />
nell'ufficio di «rappresentanza». Erano diventati insinuanti: «Basta qualche firmetta e<br />
ti lasciamo in pace». Leggo le prime righe del verbale: «Ho conosciuto i predetti in<br />
un bar di via della Chiusa e una volta sono stato anche a ballare con loro...» Sì, è<br />
quello che ho detto dopo il primo round: sono parole mie. Non vado oltre. Firmo.<br />
Firmo fogli su fogli: tutto ciò che mi mettono davanti, pur di farla finita con quel<br />
supplizio.<br />
Di una cosa sono certo. Quel pomeriggio, ammisi soltanto di avere posseduto una<br />
pistola, di averla acquistata a Trieste da uno iugoslavo per quattordicimila lire e di<br />
averla gettata in uno spartitraffico nei pressi di piazzale Stuparich. Un po' me lo<br />
avevano suggerito loro attraverso le domande, un po' avevo arricchito l'argomento<br />
con la fantasia, con le prime panzane che mi saltavano in mente. In realtà, era tutta<br />
una farsa. Loro tiravano a fregarmi e io andavo a ruota libera. Per di più, era<br />
un'invenzione illogica. A Milano ero nel giro e, nel giro, non è un problema<br />
procurarsi un'arma. Che bisogno avrei avuto di comprare una pistola a Trieste? E<br />
dove l'avrei nascosta? Nell'armadietto in dotazione ai soldati del reggimento Sassari?<br />
Quello della pistola avrebbe dovuto essere, mi pare, un punto cardine dell'inchiesta.<br />
Trovarla avrebbe magari permesso di accertare, senza ombra di dubbio, la mia<br />
colpevolezza, attraverso le prove balistiche. Invece, non è stato fatto neppure un<br />
tentativo di ricerca. Perché?<br />
Al giudice istruttore Berardi, il tenente Gianpietro Ciancio ha dichiarato:<br />
«Volevo fare, dopo il primo interrogatorio, un sopralluogo dove il Virgilio diceva di<br />
aver buttato la pistola. Sennonché, il comandante della legione territoriale, cui avevo<br />
telefonato, mi ingiunse di mettere immediatamente il Virgilio a disposizione del<br />
magistrato, dopo avergli chiesto altri particolari sul fatto [...] Nel portarlo al carcere, i<br />
militari fecero una digressione per farsi indicare il luogo. Il Virgilio accompagnò i<br />
militi in una zona che non so precisare e, là, indicò loro uno spartitraffico. Quindi la<br />
cosa cadde, perché nessun elemento poteva desumersi».<br />
La zona posso precisarla al tenente, al risolutore del crimine di piazzale Lotto, io.<br />
Non fecero nessuna digressione. Si era da poco usciti dal palazzo di giustizia e,<br />
attraverso il centro (Duomo, Cordusio, Meravigli), ci stavamo avvicinando a San<br />
Vittore. A un certo punto, mi chiesero: «Dov'è che hai gettato la pistola?» Risposi:<br />
«La prima traversa a destra che non è mai esistita. E vattela a pigliare». Il tenente<br />
Ciancio afferma: «... la cosa cadde, perché nessun elemento poteva desumersi». Io<br />
dico che la cosa era già caduta in partenza. L'importante per loro era mettere a<br />
verbale la faccenda della pistola. E lo avevano già fatto. Trovarla era una questione<br />
che non si poneva. Loro mi avevano messo in bocca la storiella. E non avevano