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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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Come pietre di paragone per il confronto, scelsero due detenuti: un ragazzo di<br />

Sanremo e Franco Tonella, pezzo da novanta della malavita lombarda per aver fatto<br />

parte di una banda, quella definita del lunedì, specializzata in perfetti e incruenti<br />

assalti alle banche. Mi piazzai alla destra dei miei compagni. Entrò un omino<br />

spaurito. Capii che si trattava di Mario Botticini, perché giudice istruttore e<br />

cancelliere gli facevano ala. Uno sguardo. Non puntò il dito su di me, né mi si<br />

avvicinò. Un'altra occhiata e se ne uscì con la «scorta». Tirai un sospiro di sollievo.<br />

Forse me l'ero cavata. Ma rientrarono e il giudice mi disse: «Virgilio, ti ha<br />

riconosciuto con quasi assoluta certezza. Insomma al novanta per cento».<br />

Persi la testa. Io, quel signore, non l'avevo mai incontrato sulla mia strada, non gli<br />

avevo mai pestato i piedi. Se non mi avessero trattenuto, lo avrei strozzato. Gli vuotai<br />

sul muso tutti gli insulti di cui sono capace. Sai la soddisfazione di vederlo<br />

rincantucciarsi in un angolo, lui il libero, onesto cittadino che voleva partecipare ad<br />

ogni costo alla mia sepoltura. Non aveva avuto neppure il coraggio di accusarmi,<br />

guardandomi negli occhi. Gridavo e il giudice cercava di tenermi testa. Urlava che<br />

stavo intimidendo il teste. Nel mezzo della buriana, Armando Cillario - questa volta<br />

s'erano ricordati di citare la difesa - buttava acqua sul fuoco.<br />

Tornò la calma. Al momento di verbalizzare il confronto, il giudice fece presente a<br />

Botticini: «Virgilio Pasquale è di statura leggermente inferiore alla sua e non<br />

superiore, come lei ha dichiarato in precedenza». Ecco come rispose il nuovo asso<br />

nella manica dell'accusa: «Quella sera mi tremavano le gambe e mi sono sentito quasi<br />

mancare. Per cui è possibile che l'impressione sull'altezza ne sia stata un poco<br />

alterata». Il teste ammette di essere stato al limite dello svenimento, ma la sua<br />

attendibilità, per gli inquirenti, non ha deliqui e mancamenti. Mi chiamarono a<br />

firmare il rapporto. «Forza, datemi qua», dissi. «Ne ho le scatole piene, rase. Già che<br />

ci siamo, non avete una ventina di omicidi da addossarmi? Fate voi. Se vi ballano fra<br />

le mani una cinquantina di rapine, sono a disposizione!».<br />

Così, con quest'ultimo portabandiera dalle gambe tremolanti ma dalla testardaggine<br />

d'acciaio, finisce il lungo cammino dell'istruttoria. Il 30 maggio 1968, Pasquale<br />

Carcasio, a nome della procura, trasse le sue conclusioni e chiese al giudice istruttore<br />

di rinviare Pasquale Virgilio al giudizio della corte d'assise di Milano, per rispondere<br />

di cinque reati: 1) omicidio di Innocenzo Prezzavento «al fine di consumare la rapina<br />

e di conseguirne l'impunità»; 2) rapina a mano armata perché «...mediante minaccia<br />

commessa con una pistola calibro 7,65 e seguita dall'esplosione di due colpi, di cui<br />

uno al cuore del Prezzavento, s'impossessava di una somma di denaro tra le otto e le<br />

diecimila lire, approfittando anche dell'ora notturna e del luogo deserto, circostanze<br />

tali da ostacolare la privata difesa»; 3) detenzione di una pistola 7,65, con relative<br />

munizioni, senza averne fatta denuncia all'autorità; 4) uso di una pistola 7,65, senza<br />

licenza dell'autorità; 5) rapina «perché compiva atti idonei diretti in modo non<br />

equivoco a commettere una rapina ai danni di Botticini Mario, minacciandolo di<br />

ingiusto danno, se non gli avesse consegnato tutti i soldi che aveva addosso, e non<br />

riuscendo nell'intento per cause indipendenti dalla sua volontà». Oltre all'omicidio,<br />

alla rapina delle otto-diecimila lire, al possesso di una 7,65, mi hanno buttato fra i<br />

piedi anche il «caso Botticini». Se il molto emotivo impiegato della Rai ci teneva ad

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