ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia
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Virgilio e attendere mio rientro a Milano che avverrà mercoledì sera. Chiedo d'essere<br />
ascoltato onde evitare errore giudiziario”». C'è un attimo di totale silenzio. Poi, dal<br />
fondo qualcuno batte le mani. I cronisti dei quotidiani del pomeriggio escono di corsa<br />
dall'aula. Io non ci capisco niente. Chi è questo Pisapia? Di illusioni e successive<br />
sgrugnate ne ho piene le tasche. Stiamo a vedere.<br />
Si alza il pubblico ministero. Adesso arriva la solita doccia fredda, mi dico. Invece,<br />
Antonio Scopelliti non spegne la miccia. Anzi. «Ho avuto anch'io», afferma, «notizia<br />
di questo telegramma. È autentico. Me lo ha confermato stamane il nipote di Pisapia,<br />
che si è messo a disposizione della corte. Il professore annuncia dichiarazioni tali da<br />
incidere notevolmente sulla responsabilità dell'imputato. Conosciamo tutti Pisapia, la<br />
sua correttezza, la sua cultura, la sua probità. È scrupolo del pubblico ministero fare<br />
presente l'opportunità di sentirlo, perché ci dica i motivi che l'hanno spinto al suo<br />
intervento. Il fatto è singolare. Me ne rendo conto. Dobbiamo studiare sotto quale<br />
forma inserirlo in questa fase del processo. Suggerisco di introdurre una vera e<br />
propria testimonianza, ascoltando il professor Pisapia venerdì mattina».<br />
La parte civile e ovviamente la difesa si associano alla proposta. «Il telegramma di<br />
Pisapia», dice Armando Cillario, «ci riempie di commozione. Non sappiamo a che<br />
cosa può portare. La difesa non ha avuto contatti di sorta con l'insigne collega. Certo<br />
è che dalle sue dichiarazioni possono scaturire elementi tali da scagionare questo<br />
disgraziato Virgilio. Sospendiamo il processo e sentiamo Pisapia, senza farci legare le<br />
mani da questioni di procedura».<br />
Mi scoppia la testa e fatico a seguire il filo dei discorsi. Una cosa è sicura. Questo<br />
Pisapia deve essere un pezzo grosso, per obbligare una corte, così determinata e<br />
frettolosa, alla riflessione, a riaprire l'istruttoria dibattimentale. La discussione<br />
continua. Per me è arabo. Afferro soltanto che il problema è quello di trovare un<br />
artificio procedurale, per ammettere le testimonianze di un signore che, lo hanno<br />
detto, insegna proprio procedura penale all'università.<br />
Prima di decidere, viene, comunque, chiamato al pretorio Antonio Pisapia. Ecco, la<br />
sua deposizione sotto giuramento: «Nella giornata di ieri, mio zio ha cercato varie<br />
volte di mettersi in contatto con me. Prima da Caltanissetta, poi da Palermo dov'era<br />
per impegni professionali, infine da Roma. Mi ha riferito di avere spedito il<br />
telegramma a questa corte d'assise e mi ha pregato di avvertire anche il pubblico<br />
ministero dell'opportunità di sospendere il processo, in relazione ad alcune cose che<br />
egli sa. Si è limitato a dirmi che è a conoscenza di circostanze tali da escludere<br />
senz'altro la responsabilità dell'attuale imputato».<br />
La corte si ritira in camera di consiglio. È una «bomba». Ma sono abulico, passivo.<br />
Non ci credo. Era una bomba anche l'altra, quella di Marcello Dal Buono. E ce<br />
l'hanno fatta scoppiare fra le mani. Tutti mi stanno addosso. Cercano di spiegarmi, di<br />
sollevarmi il morale.<br />
«Virgilio», dice Cillario. «Che cos'è questa faccia da funerale? Siamo salvi. Sai chi<br />
viene a darti una mano? L'hai capito?».<br />
«Avvocato», gli rispondo, «può venire chi vuole. Qui, come arriva questo tizio, gli<br />
danno la patente del pazzo. Manco il papa riuscirebbe a convincerli. Io mi piglio