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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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luce dei fatti accaduti, oggetto di piena confessione all'atto del 'fermo' e quindi di<br />

ritrattazione e di contraddizioni. In altri termini, vien fatto logico dedurre che la<br />

lettera è stata scritta nei giorni seguenti all'accaduto, quando cioè egli aveva posto in<br />

atto il tentativo di procurarsi comunque del denaro». A me non sembra assolutamente<br />

logico, ma questa straordinaria deduzione passerà di peso nel rapporto preliminare<br />

dei carabinieri alla procura della Repubblica e nella definitiva denuncia per omicidio.<br />

L'affare del diario stimola la mia memoria, mi suggerisce un ricordo esatto. Avevo<br />

scritto: «...per di più ho un gran mal di testa. Dipenderà che ieri ho abusato un po'<br />

troppo». « Abusato di che? » mi chiedono. Ricollego la lettera a un fatto emotivo e<br />

trovo la chiave per risolvere il vuoto del giorno 10. Certo, adesso ricordo. Sono stato<br />

in una pensione con Silvana. L'ho vista verso le quindici e trenta di venerdì 10 e ci<br />

siamo lasciati verso le diciotto, perché doveva andare dal parrucchiere. Sono<br />

rincasato a piedi da piazzale Brescia. In piazzale Lotto, ho fatto tappa al bar del<br />

distributore Esso, quello del delitto, per giocare cento lire al flipper. «II mal di testa»,<br />

rispondo, «era conseguenza dell'atto materiale compiuto con la mia ragazza il giorno<br />

precedente». Probabilmente, era, invece, il preludio dell'influenza che mi avrebbe<br />

costretto a letto per tutto il giorno 11. Non me ne resi conto allora, mentre mi<br />

tartassavano di domande. Non se n'è reso conto - è assai più grave - lo Sherlock<br />

Holmes della «Benemerita» che pure sapeva della mia malattia. Mal di testa per<br />

quella che in milanese si chiama «gnagnera» e non per shock da delitto.<br />

Era, comunque, un passo avanti: potevo aggiungere un'altra tessera al mosaico della<br />

salvezza. Avevo «riempito» il pomeriggio del 10 febbraio. Ma, intanto, per gli<br />

inquirenti si appesantiva la mia posizione: il giusto peso che loro ad ogni costo si<br />

ripromettevano per rivalutare la mia «spontanea» confessione. Non ero fortunato,<br />

mentre loro pareva si muovessero sul velluto. Ad ogni teste un terno al lotto. Magari<br />

sapientemente combinato con la tecnica delle domande che suggeriscono una certa<br />

risposta. Ma un terno al lotto.<br />

Ho dichiarato, ad esempio, che il mattino del 10 mi ero concesso la solita capatina al<br />

bar del distributore. Pensavo potesse servire a dimostrare la mia serenità il fatto di<br />

aver giocato a flipper proprio accanto al luogo dell'omicidio, con il sangue della<br />

vittima appena rappreso sulle mattonelle del bugigattolo e con la gente che faceva<br />

ressa tutt'attorno. E, adesso, ribattono: «Ci risulta che eri sconvolto e nervoso».<br />

Hanno interrogato la commessa del bar. Afferma che «ero moralmente molto<br />

abbattuto». E non rammenta neppure che fu lei stessa a informarmi del fattaccio. Le<br />

avevo chiesto il perché di tutto quel macello e lei aveva aperto il mio giornale alla<br />

pagina della cronaca nera, dicendo : «Guardi qua, che roba è successa!».<br />

«Moralmente abbattuto»: è una frase troppo ricorrente nei verbali di alcuni testi<br />

minori, per non lasciare supporre che a infilargliela in bocca siano stati i carabinieri.<br />

Non è difficile, durante gli interrogatori, pilotare una deposizione verso determinati<br />

approdi. Se il teste è suggestionabile - lo siamo un po' tutti, quando ci coinvolge un<br />

fatto emotivo - è un gioco da ragazzi: basta insistere su certe domande e non su altre.<br />

Andava male. Non potevo illudermi. Attraverso le contestazioni degli interrogatori,<br />

avevo riportato a galla alcuni avvenimenti del giorno 10 (mattinata al bar; pomeriggio<br />

intimo alla pensione Brescia) e del giorno 11 (influenza; trentotto di febbre; visita

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