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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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attraversare il mio cammino, è stato accontentato. Non solo l'ha spuntata, ma ha<br />

trionfato con l'aiuto di Pasquale Carcasio. Il sostituto procuratore della Repubblica<br />

parla, in sostanza, di un non equivoco tentativo di rapina. Non prende minimamente<br />

in considerazione la prima ipotesi della squadra mobile, che aveva intravisto<br />

nell'episodio tutt'al più un «petulante accattonaggio».<br />

Comunque, a questo punto, un reato in più o in meno non fa molta differenza. Mi<br />

attribuiscono un altro annaspante lavoretto da dilettante, da improvvisatore in<br />

proprio, dopo avermi accusato di rapine in banda, di colpi da esperto professionista. È<br />

l'ennesima abissale contraddizione. Ma se la vedano loro. Forse, con la faccenda<br />

Botticini, che pare debba costituire la prova del nove di tutta l'accusa, hanno<br />

esagerato. Proprio come quei bambini che, per strafare, aggiungono una carta di<br />

troppo al loro castello: la carta che determina il crollo dell'intera costruzione.<br />

Trentasei giorni dopo il «pollice verso» di Carcasio, il magistrato Bonavitacola<br />

dichiarò chiusa l'istruttoria formale, ordinando il rinvio a giudizio.<br />

Era il 5 luglio 1968. Oggi è giovedì 8 maggio del 1969. Sono passati altri dieci<br />

lunghissimi, estenuanti mesi. Fra poco, le catene, la scorta, una fetta di Milano intuita<br />

attraverso la grata del cellulare, i sotterranei del palazzo di giustizia, una stanzetta<br />

accanto a quella dove, il 25 marzo di due anni fa, è cominciata questa terribile storia.<br />

Devo stare calmo. Ho una paura bestia. I colpevoli non se la fanno sotto così. Ho<br />

provato spesso ad esserlo e a dover affrontare il giudizio di un tribunale. Si è più<br />

lucidi, perché non si ha molto da perdere. Il senso dell'innocenza inutile: questo sì ti<br />

atterrisce. Di speranze ne ho davvero pochine. Sarà dura. Sto aspettando questo<br />

momento da più di due anni. E adesso ci sono. Dovrei sentirmi liberato dalla tenaglia<br />

dell'attesa. Un po' lo sono. Ma l'essere arrivati al processo è già una condanna a tre<br />

quarti, per me che sono vergine del delitto di piazzale Lotto.<br />

Mia madre, povera donna, mi ha scritto: «Caro figlio, come desidererei avere la tua<br />

testa fra le mie braccia. L'innocenza viene sempre su. Non ti affliggere. Sono sfinita,<br />

figlio, come te. Ma presto la verità trionferà. Tu non hai ucciso nessuno. Questa è la<br />

voce della tua mamma che non si sbaglia».<br />

Che la verità possa trionfare, che l'innocenza venga a galla ne dubito. L'istruttoria ha<br />

fatto polpette di Pasquale Virgilio. La bilancia della giustizia pende tutta dalla mia<br />

parte. Non l'ha equilibrata neppure il più classico fra tutti i colpi di scena possibili,<br />

perché la procura della Repubblica non ne ha tenuto conto, non gli ha dato peso. Lo<br />

scampolo della speranza si è ulteriormente ridotto, proprio mentre pareva<br />

miracolosamente dilatarsi.<br />

È successo quindici giorni fa. Ero appena rientrato in cella dall'aria. Venne su una<br />

guardia, con un quotidiano del pomeriggio. «Guarda un po' qua», mi disse. Mi stava<br />

per scoppiare il cuore dalla gioia. In prima pagina, un titolone a caratteri cubitali<br />

annunciava: «L'assassino di piazzale Lotto è un giovane ancora libero. L'uomo in<br />

carcere è innocente!»<br />

Mi buttai sull'articolo: «Il vero colpevole è in libertà. La rivelazione è stata fatta<br />

stamane all'avvocato Armando Cillario da un giovane poco meno che trentenne,<br />

Marcello D.B. Sarebbe stato spinto a parlare dal rimorso che lo torturava senza posa.

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