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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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atmosferici, illazioni, al di là del già pesantissimo fardello di elementi ben più<br />

sostanziosi a mio carico, come la confessione firmata e il riconoscimento da parte del<br />

testimone oculare.<br />

Se fossi io un giudice, mi chiederei il perché di questo strafare, ci annuserei dentro<br />

puzza di bruciato e vorrei vederci chiaro. Ma io sono l'imputato, sto dall'altra parte<br />

della barricata. Tuttavia, il rapporto dei carabinieri costituisce il cardine dell'accusa<br />

che ora mi consegna ai giudici. L'hanno preso per buono, senza alcun sussulto, i<br />

magistrati dell'iter istruttorie e il pubblico ministero. Perché dovrebbero arricciare il<br />

naso proprio quelli del tribunale o gli ignari membri della giuria popolare? Ho parlato<br />

di una libidine di strafare, di salti mortali e temerarie arrampicate sugli specchi. E<br />

sarebbe ingiusto non documentarlo. Ho sottomano il rapporto e ne stralcio le «perle».<br />

Nella sua ultima deposizione, Silvana racconta - ed è vero - di avermi telefonato alle<br />

nove di mattina del 10 febbraio, cioè sette ore dopo le mortali rivoltellate di piazzale<br />

Lotto. Nel rapporto si legge : «Considerato che al Virgilio, in dipendenza del trauma<br />

e quindi della tarda ora in cui era andato a riposare, fosse stato difficoltoso rispondere<br />

subito al telefono, perché probabilmente ancora addormentato, veniva chiesto alla<br />

teste di precisare se il Pasquale avesse risposto prontamente. La teste affermava:<br />

“Effettivamente, l'apparecchio trillò quattro volte”. È doveroso rilevare che<br />

l'apparecchio, nella casa Virgilio, è sistemato su una scrivania posta nell'ingresso, ad<br />

appena un metro o poco più dalla branda del Pasquale. Quindi è facilmente<br />

deducibile il motivo del ritardo nel rispondere».<br />

È incredibile la facilità con cui il signor Bello deduce tutto ciò che gli torna comodo.<br />

Quattro trilli di telefono, al massimo quindici secondi, e lui deduce che Pasquale<br />

Virgilio non è lesto a sollevare la cornetta perché dorme il duro, profondo sonno della<br />

colpa, perché ha i riflessi appesantiti dall'omicidio, perché, stravolto, ha vagato nella<br />

notte ed è rientrato sul far dell'alba. Vorrei poter telefonare al colonnello di prima<br />

mattina - per me, che oziavo in licenza di convalescenza, le nove erano prima mattina<br />

- e cronometrare la velocità della sua assonnata risposta.<br />

Nella stessa deposizione, Silvana descrive il nostro pomeriggio d'amore alla pensione<br />

Brescia e, senza dubbio sospinta, portata per mano da una domanda suggeritrice,<br />

dichiara: «A confronto delle volte passate, effettivamente il Virgilio tra un contatto<br />

intimo e l'altro si riposava per un tempo più lungo». L'acrobata della deduzione, nel<br />

rapporto di denuncia, è lapidario. Commenta: «Evidentemente perché stanco ed in<br />

uno stato di apprensione». Tale sicurezza gli deriva da un ottimistico, latino concetto<br />

delle prestazioni virili. Mitizza il fare l'amore: un orgasmo via l'altro, a tempo di<br />

cottimo.<br />

Non voglio di certo contestargli quest'idea atletica del sesso, del coito tipo catena di<br />

montaggio. Se la tenga pure. Ma che almeno permetta agli altri di tirare il fiato. Tre<br />

exploit in due ore, con annessi e connessi, meritano - lo ammetterà - qualche pausa.<br />

Comunque il signor Bello può pensarla come vuole, può ipotizzare un mondo di<br />

automi dell'alcova, ma non quando c'è di mezzo l'ergastolo. Conservi questa<br />

mentalità da contabile del sesso altrui per i discorsi del sabato sera fra amici. Non è<br />

onesto - se lo lasci dire da un balordo pregiudicato - intuire uno stress da dopo delitto<br />

nel più o meno lungo torpore fra un contatto intimo e l'altro. Non ricordo se davvero

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