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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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accontata nei fogli protocollo del giudice istruttore che sono la somma di decine di<br />

interrogatori, di deposizioni e di esperimenti giudiziari, è totalmente falsa, inventata e<br />

costruita con l'appoggio di due signori sicuri del fatto loro, coccolati dalla legge nelle<br />

fantasie a ruota libera. È falsa. Ma ha tutta l'aria di piacere, di fare presa, di<br />

affossarmi all'ergastolo. Che Dio, se c'è davvero, me la mandi buona.<br />

Adesso ci siamo. Anche quest'ultima notte, la più lunga della mia lunghissima<br />

prigionia, è passata. È ormai mattina piena. Il carcere si sta, a poco a poco,<br />

svegliando. C'è il solito rumore di gamelle. Entra un secondino: «Forza, Virgilio,<br />

preparati. Ti stanno aspettando al casellario». Dalle celle del quinto raggio, qualcuno<br />

mi grida i suoi auguri.<br />

È l'otto maggio 1969. Per due anni, ho studiato il copione ufficiale per controbatterlo,<br />

per opporgli la mia verità senza balbettare. È arrivata l'ora di urlarla ai giudici. Alle<br />

nove e trenta, mi portano in aula. È quella della prima corte d'assise. Il settore del<br />

pubblico è gremito: gente che aspetta con impazienza l'inizio di questo gratuito film<br />

giallo, che vuole vedere in faccia «la belva di piazzale Lotto». Mi tolgono i ferri.<br />

Dalla folla, quelli del «giro» mi salutano alla voce. In un angolo, c'è mia madre. Mi fa<br />

come una carezza da lontano. Grida: «Ce la faremo, Lino. Ce la faremo». Non volevo<br />

che venisse. È angosciata, tirata nel suo mucchietto di pelle e ossa. Vederla così mi<br />

butta giù. Mi vergogno e ne ho soggezione. Lei si è sempre sbattuta per me e l'ho<br />

ripagata a pesci in faccia. Sai le botte, quando ho cominciato a rubacchiare. Poi, a un<br />

certo punto, ha anche smesso di legnarmi. Povera donna lei e quell'altra vestita di<br />

nero, come s'usa nel nostro Sud. È Santa Fichera, moglie di Innocenzo Prezzavento.<br />

A mia madre stanno per condannare il figlio all'ergastolo. All'altra hanno ammazzato<br />

il marito. È rimasta sola con quattro figli. L'ultimo ha appena due anni. L'aveva<br />

ancora in pancia, quando successe il fatto.<br />

Il banco degli imputati è alla destra dei giudici. Accanto ho il «pulpito» del pubblico<br />

ministero Antonio Scopelliti. È già in aula. Ci guardiamo un attimo negli occhi. Non<br />

ha l'aspetto scostante, tronfio, pizzuto dell'«autorità». Di fronte alla «gabbia» siedono<br />

gli avvocati : Giovanni Bovio, Armando Cillario e i due sostituti Ezio Maria Valle e<br />

Bruno Senatore per la mia difesa; più in là, Lucio Rubini e Giacomo Barletta per la<br />

parte civile. L'aula è disadorna e, come sempre, sinistra. Un unico elemento rompe,<br />

sulla parete alle spalle dei giudici, il gelo dei marmi: il solito simbolo della giustizia.<br />

Una severissima signora regge la bilancia. Ho la sensazione visiva che un piatto<br />

penda. È proprio quello verso di me. Un bel presagio e istintivamente mi tocco.<br />

Ultimi consigli dei miei legali. Valle cerca di farmi coraggio. Suona un campanello.<br />

Sono le dieci di mattina. Ci siamo. L'usciere annuncia: «Signori, entra la corte». Ecco<br />

il presidente Mario Del Rio, il giudice a latere Pietra, il cancelliere Gesualdo<br />

Vitale, i tre uomini e le tre donne della giuria popolare. Da questo momento hanno in<br />

mano la mia vita. Ma sono deciso a venderla cara. Stringo i denti. Ho dentro rabbia e<br />

paura, insieme. Si da inizio al processo contro Virgilio Pasquale. Le solite formalità<br />

di rito: generalità dell'imputato, lettura dei capi d'imputazione e costituzione della<br />

parte civile.

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