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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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parlato». Cillario sa di andare sul sicuro. E’ al corrente che, fuori dall’aula, il teste ha<br />

già identificato nella foto il «parà». Vuole che il tribunale si trovi a dover fare i conti<br />

con un’accusa più precisata e non solo affidata ad un nome vago e senza riscontri<br />

anagrafici.<br />

Giovanni Bovio gli dà il cambio con una serie di istanze che, oltre al «caso Rapetti»<br />

rimettono in discussione la credibilità di Italo Rovelli. «La difesa», dice, «nella piena<br />

convinzione di assistere un innocente e nell’ansia di ricercare la verità, insiste perche<br />

si percorrano tutte le tracce che valgono ad acquietare i dubbi. Per questo, chiede che<br />

questo Rapetti si interrogato. Chiede, inoltre, che siano citati a deporre Ludovico<br />

Reale, già dirigente della squadra mobile di Milano, e il commissario Giuseppe<br />

Barone,perché riferiscano se non sia vero che il teste Rovelli, quando fu interrogato<br />

dalla polizia, fornì elementi precisi di identificazione dell’assassino e tali da indurlo<br />

ad escludere, nell’esame delle varie fotografie segnaletiche di vari pregiudicati,<br />

l’attuale imputato. Infine, la difesa chiede che sia richiamato il Rovelli, per sentire se<br />

sia mai stato affetto da malattie mentali».<br />

Il pubblico ministero Scopelliti e gli avvocati di parte civile si oppongono<br />

decisamente a tutte le istanze. Loro non hanno più dubbi e rifiutano «ulteriori<br />

lungaggini». Sono sereni nelle loro certezze, invulnerabili nelle loro convinzioni.<br />

Vogliono arrivare al sodo. E «al sodo» significa condanna di Pasquale Virgilio. La<br />

corte si ritira per decidere. Non passa molto tempo e rientra per respingere in blocco<br />

le nostre richieste. «Il processo», sentenzia il presidente, «è sufficientemente<br />

istruito».<br />

Non sarà richiamato al pretorio Marcello Dal Buono. Non verranno a deporre quelli<br />

della squadra mobile. Non si scomoderà Italo Rovelli. Ma, quel che è più grave, non<br />

sarà citato neppure Roberto Rapetti e non verrà compiuta alcuna indagine sulla pista<br />

rivelata da Marcello. Tutto archiviato, buttato in disparte, cancellato. Questa è la fine.<br />

Non mi resta più neppure un pelo di speranza. Il «no» della corte equivale a una<br />

condanna anticipata. Mi sento già nelle ossa l'umido della «polveriera» di Porto<br />

Azzurro.<br />

Ecco, sono finite le «lungaggini». Adesso si corre, perché la giustizia, questa<br />

giustizia, ha fretta, crede ciecamente al testimone oculare e non si fa suggestionare da<br />

un teste volontario che rompe un lungo, sofferto silenzio per non impazzire. La parte<br />

civile da il via alle arringhe. Gli avvocati Giacomo Barletta e Lucio Rubini<br />

declamano: «Nessun dubbio sulla responsabilità di Pasquale Virgilio, che ha<br />

confessato liberamente, senza subire alcuna violenza. Egli ha tentato di costruirsi un<br />

alibi caduto in frantumi. È stato riconosciuto, senza tentennamenti, da un testimone<br />

preciso e scrupoloso. [...] La vedova e i quattro figli del povero Innocenzo<br />

Prezzavento non chiedono vendetta, ma una pena di giustizia che tenga conto della<br />

personalità dell'imputato: uno psicopatico, al quale può essere riconosciuta la<br />

seminfermità mentale».<br />

Nella disgrazia mi sento già meglio. E pensare che non volevo la perizia psichiatrica.<br />

Ne ho contestato la diagnosi. Adesso, la mia innocenza è talmente con le pezze al<br />

sedere che ben vengano l'etichetta di psicopatico e la seminfermità mentale. Saranno,

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