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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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concludono i miei difensori. Da qui la richiesta di un'assoluzione con formula piena<br />

da tutti i reati ascritti.<br />

«Voi giudici», dice Giovanni Bovio, «avete ancora la possibilità di adottare una<br />

formula dubitativa. Ma potete risolvere così il vostro problema? Così facendo,<br />

lascereste su Pasquale Virgilio l'ombra di un omicidio. Non uscite dalla camera di<br />

consiglio con le mezze misure: abbiate il coraggio di dire se è o non è un assassino».<br />

«Pasquale Virgilio è innocente», dice Armando Cillario. «Voi sapete tutto della sua<br />

vita travagliata, le sue debolezze, le sue miserie. Ma, soprattutto, sapete che non è un<br />

assassino. Alle vostre coscienze di giudici e di cittadini preme ormai, più che<br />

l'esigenza di giudicare, l'ansia tormentosa di riparare».<br />

La difesa ha finito. Il presidente raccoglie gli appunti. «Imputato», mi chiede, «ha<br />

qualcosa da dire, prima che la corte si ritiri?».<br />

«No, tranne quello che ho ripetuto cento volte: sono innocente. Avrò fatto di tutto<br />

nella vita. Ho rubato. Ma non ho mai puntato una pistola addosso alla gente».<br />

La corte si ritira. Mi portano, ammanettato, nella cella d'attesa. All'ultimo, il processo<br />

si è messo al bello. Ma due anni di terrorizzata angoscia ti si ficcano dentro, come<br />

zecche sui cani. Dentro ai pensieri, e te li condizionano. Non dovrei avere troppa<br />

paura. Invece mi sta inebetendo. Mi spazza il cervello. Sono momenti, credo, come<br />

sul letto di morte, che, dicono, ti passa in un attimo tutta la vita davanti. Adesso, per<br />

buttare via l'idea fissa di quella camera di consiglio, conto le pecore, come si fa<br />

quando non viene il sonno. Arrivo sino a cinquanta. Poi entra mia madre, nei<br />

pensieri. Come starà, povera donna?<br />

Sarà passato poco più di un'ora. Suona il campanello. Ci siamo. Mi vengono a<br />

prelevare. Entro. La folla ammutolisce per qualche secondo. Me la sento tutta<br />

addosso. L'aula è buia. Fuori, lo vedo dai finestroni, sta per scoppiare un gran<br />

temporale. Faccio di tutto per distrarmi e l'avvocato Valle cerca di aiutarmi. Ma non<br />

ci sto più con la testa. Il pubblico ministero ha chiesto l'insufficienza di prove e io<br />

sono, invece, quasi rassegnato al peggio.<br />

«La corte»: l'annuncio mi gela. Mi partono le gambe: tremarella. Le tre donne della<br />

giuria popolare hanno un mezzo sorriso. Allora è andata bene! No, forse hanno quella<br />

faccia perché gli va di condannarmi. Il presidente ha già cominciato a leggere la<br />

sentenza e non gli sto dietro. Non capisco se ha detto «colpevole» o «non colpevole».<br />

Scoppia un applauso. I miei difensori si fanno attorno al banco, per abbracciarmi. Me<br />

ne sto lì come rimbambito. Il pubblico ministero viene a darmi la mano. Vede che<br />

sono drogato dalla paura: «Ma l'hai capito, Virgilio? Sei stato assolto da tutto,<br />

omicidio pluriaggravato e Botticini. Da tutto, con formula piena». Cerco di sorridere.<br />

«Adesso», mi dice il graduato della scorta, «bisogna andare». Mi piazzano le<br />

manette, ma non tirate come le altre volte. Sulla porta, incrocio una donna della<br />

giuria. Mi tocca un braccio: «Stia su, stia su. E auguri». Ai primi gradini delle scale,<br />

mi sento mancare. I nervi cedono. Mi prende un magone senza lacrime. La scorta da<br />

un'altra allentata alle manette.<br />

Passano alcuni mesi. Marcello Dal Buono deve essere interrogato dal magistrato, che<br />

conduce le nuove indagini sul delitto. Ma, poco prima di rispondere alla citazione,

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