ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia
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Il testimone a sorpresa ha raccontato che, qualche giorno prima del tragico delitto<br />
avvenuto il 9 febbraio 1967, incontrò una sera tre amici. Dei primi due ha svelato<br />
nome e cognome; del terzo, che sarebbe l'assassino, ha saputo dare soltanto il nome.<br />
Quella sera si parlò di commettere una rapina e ci fu il passaggio di una pistola. “Due<br />
giorni dopo”, ha proseguito Marcello D.B., “appresi dai giornali la morte del<br />
Prezzavento. Al momento non collegai il fatto con quanto mi avevano detto i miei<br />
compagni. Tuttavia, verso l'undici o il dodici dello stesso mese, mi recai a casa di uno<br />
di quei miei amici e vi trovai anche il terzo uomo. Ricordo che eravamo vicini alla<br />
porta d'ingresso e che il dialogo era molto concitato. A un tratto il mio amico mi<br />
chiamò in disparte, per dirmi che il terzo gli aveva confessato poche ore prima di<br />
essere l'assassino di piazzale Lotto. Il mio amico mi dette due canne di rivoltella da<br />
nascondere. Le gettai nel Lambro. Il giovane ha dichiarato di essere pronto a<br />
raccontare tali fatti anche nel corso del processo. Poche ore dopo il delitto e prima<br />
ancora che venisse incriminato Pasquale Virgilio, gli inquirenti, con l'aiuto del<br />
testimone oculare Italo Rovelli, avevano composto un identikit del colpevole.<br />
Secondo Marcello D.B., l'identikit assomiglia in modo sorprendente al volto del terzo<br />
uomo, che egli sostiene essere il vero omicida. Questo misterioso personaggio si<br />
chiamerebbe Roberto e sarebbe un ex paracadutista».<br />
Che mazzata, di felicità! Ne rimasi tramortito. Mi venne una gran voglia di piangere.<br />
Ma c'era la guardia e mi trattenni per vergogna. Poi, detti fondo alle provviste per<br />
festeggiare. E cominciai a crogiolarmi nelle illusioni. Aveva ragione mia madre,<br />
pensai, di sperare in Dio e in papa Giovanni. In certi momenti, anche il più scettico<br />
diventa credente. Passai la notte, sognando a occhi aperti un'immediata scarcerazione,<br />
con molte scuse da parte degli inquirenti.<br />
Stupidi miraggi. Solo, di tanto in tanto, mi nasceva dentro il sospetto che si trattasse<br />
di un pazzo con smanie di pubblicità alle spalle di un morto e di un innocente<br />
predestinato all'ergastolo. Ma subito lo ricacciavo giù.<br />
L'indomani venne Cillario. Anche lui era raggiante. Allora potevo crederci davvero a<br />
quella bomba che sbriciolava l'edificio dell'accusa. Certo che sì. La notizia del<br />
quotidiano, benché forzatamente sommaria, rispecchiava la realtà dei fatti. Il teste a<br />
sorpresa era attendibile. Tale almeno lo riteneva il mio difensore: un giudizio<br />
confortato da alcuni particolari delle rivelazioni e dalla dinamica stessa del colpo di<br />
scena.<br />
Marcello Dal Buono (questo è il nome del protagonista) aveva chiesto un<br />
appuntamento a Cillario, per questioni della massima importanza circa l'omicidio di<br />
piazzale Lotto. Nonostante una naturale incredulità, l'avvocato lo aveva ricevuto.<br />
S'era trovato davanti un ragazzo dall'aria pulita, perbene. Sembrava ed era atterrito,<br />
come schiacciato da una lunga angoscia. «Se le interessa ancora la sorte del Virgilio»,<br />
aveva detto, «io so chi ha ucciso Innocenzo Prezzavento». Questo il suo debutto. Non<br />
aveva posto condizioni. Aveva soltanto bisogno di parlare. E lo aveva fatto con un<br />
tono sottomesso, affranto, ma senza tentennamenti, anzi in modo febbrile, quasi<br />
avesse fretta di arrivare alla fine, di buttare fuori il rospo.<br />
Il suo racconto - così come mi fu riportato da Cillario che lo aveva registrato su<br />
nastro - è uguale nella sostanza a quello che avevo letto sul quotidiano del