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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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sottoscritto, sempre secondo gli inquirenti, punta a un distributore di benzina che ha<br />

un piccolo bar incorporato. Qui, in quei giorni di licenza militare, passavo le mie<br />

mattinate aggrappato ai pulsanti del flipper. Che cosa mi avrebbe spinto a una rapina<br />

così fitta di indizi? L'incasso notturno di un distributore lontano dal traffico cittadino<br />

nelle ore piccole, e preceduto, per chi arriva dalle autostrade, da una lunga serie di<br />

pompe aperte. Sulla carta, un incasso di qualche biglietto da mille, non roba seria. Un<br />

colpo difficile, allora, con il rischio di una lunga detenzione, per un introito da furto<br />

alle elemosine in chiesa. Sarei l'autore di un omicidio per pochi spiccioli. Roba da<br />

improvvisatori della «mala» : gente con il dito che trema sul grilletto, con la paura<br />

che annebbia il cervello.<br />

Domani comincia. Non ho ucciso. Certo, ho la mia testa gloriosa: una testa balorda.<br />

Ho alle spalle furti semplici, furti con scasso, spaccate. Una vita da ladro. Ma non ho<br />

mai ucciso. Da due anni, per non impazzire, mi tengo avvinghiato a questa semplice<br />

realtà: sono innocente. Ma so che non basta. Quando mi hanno sbattuto in galera con<br />

l'accusa di aver fatto fuori quel poveraccio, pensavo che me la sarei cavata in<br />

istruttoria, che sarei riuscito a imporre la mia innocenza. Ma, se si è arrivati al<br />

processo, è perché tirano a fregarmi. Sono un capro espiatorio con le carte in regola:<br />

casa di rieducazione, riformatorio, carcere. Il mio passato pesa sulla bilancia della<br />

giustizia. Non ho bisogno di andare in tribunale, per capirlo. È sufficiente questa<br />

istruttoria con la sue indagini un tanto al metro, i suoi salti mortali per offrire una<br />

logica agli indizi, la sua superficialità nell'assunzione delle prove a mio carico e i suoi<br />

confronti all'americana che sembravano studiati apposta perché fossi proprio io ad<br />

uscire dal mazzo.<br />

Adesso è venuto fuori un ragazzo a dire che lui sa, che ha partecipato indirettamente<br />

al delitto. Lo ha detto ai miei avvocati e verrà in tribunale a deporre. È un altro<br />

appiglio per la speranza. Ma non mi illudo. So come vanno a finire queste cose. Del<br />

resto, l'accusa mi ha impacchettato in una trama a tela di ragno, a cui posso opporre<br />

soltanto un fragile alibi.<br />

Apparentemente tutto quadra. Le contraddizioni, le ombre, le assurdità sono rimaste<br />

fuori dal mosaico. È un tutto condito da una confessione «spontanea» (così la<br />

definiscono i carabinieri) e puntellato dalla sicurezza di un testimone oculare. Italo<br />

Rovelli, commerciante di fiori, ha fatto il suo dovere di cittadino. Gli dispiace, è<br />

accorato, ma che sia proprio io l'omicida è sicuro al cento per cento. La notte del<br />

delitto, Rovelli aspettava, alla pompa della Esso di piazzale Lotto, che qualcuno si<br />

decidesse a fargli benzina. Aveva accostato l'auto alla colonnina della super e<br />

attendeva. Ricorda l'ora : l'una e quarantacinque.<br />

A botta calda, ha raccontato alla polizia: « Fuori, sullo spiazzo, non c'era nessuno. Ma<br />

nell'ufficio del distributore ho notato un individuo, alto di statura, che volgeva le<br />

spalle all'esterno. Sono sceso dalla vettura e, mentre sceglievo dal mazzo delle chiavi<br />

quella del serbatoio, ho sentito un urlo provenire dal citato ufficio e<br />

contemporaneamente ho visto il detto individuo, sempre di spalle, che agitava in aria<br />

le braccia a mo' di colluttazione. Subito dopo ho udito due detonazioni. Ho visto<br />

quindi l'individuo aprire la porta dell'ufficio e uscire in maniera da rimanere<br />

frontalmente esposto alla mia vista. Nell'uscire, ha avuto cura di chiudere alle spalle

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