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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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“Dobbiamo andare perché io ho già pagato”. Quindi, date le insistenze, finii per<br />

acconsentire. Raramente siamo stati nelle pensioni. Per essere più precisa, quella<br />

volta e un'altra poco prima che partisse militare. Tutte le altre volte, i nostri incontri<br />

intimi sono avvenuti in casa sua».<br />

Il particolare della telefonata serale di Silvana dovrebbe smentire il mio già<br />

traballante alibi. Invece, agisce da interruttore della memoria, accende una prima luce<br />

che toglie astrattezza alla mia sensazione della serata in casa e la trasforma in<br />

sicurezza soggettiva. È come un gioco a incastro sul telaio di un incontrovertibile<br />

avvenimento: l'aver fatto l'amore il pomeriggio del 10 febbraio, in una camera della<br />

pensione Brescia. Che sia inconfutabile lo testimoniano i registri della pensione, la<br />

padrona Gabriella Farinacci e Silvana. Certo, ricordo la telefonata serale di Silvana<br />

alla vigilia di quel nostro incontro. Sapevo che mi avrebbe chiamato e pregai<br />

Concetta di dire che non c'ero. Non avevo voglia di parlarle e di uscire.<br />

Neppure oggi so precisare il perché. Forse non mi sentivo davvero bene. Nel primo<br />

interrogatorio a poche ore dal mio arresto, Silvana non aveva del resto affermato:<br />

«Venerdì 10, Pasquale aveva un incipiente raffreddore, starnutiva e si soffiava di<br />

continuo il naso»? Forse non mi andava e basta. Comunque, contemporanea al<br />

ricordo di essermi fatto negare al telefono, nacque in me la convinzione di avere<br />

voluto evitare domande imbarazzanti e smanie di gelosia da parte di Silvana. E, per<br />

motivare a me stesso tale idea, collocai, nella ricostruzione di quel giovedì 9, una<br />

scappatella cinematografica di primo pomeriggio con Nadia, una ragazza che avevo<br />

abbordato al bar della metropolitana di piazza del Duomo. Successivamente le<br />

indagini accertarono che la memoria mi aveva ingannato di una settimana. Al cinema<br />

Roma c'ero stato e proprio con lei ma un giorno compreso fra il 30 gennaio e il 2<br />

febbraio, periodo nel quale si programmava Rififì ad Amsterdam.<br />

Questo per dimostrare che procedevo per tentativi, nella spasmodica ricerca di fatti<br />

retrospettivi capaci di colmare la sequenza del 9 febbraio. E se non sbagliavo io,<br />

erano gli altri che, in buona fede e brancolando nella foschia di labili ricordi,<br />

prendevano grosse cantonate e involontariamente toglievano credibilità alle faticose<br />

conquiste della mia memoria. Per gli altri intendo i miei familiari. Come Concetta<br />

che, in una delle sue deposizioni, disse: «Se telefonava il Mario, spesso rispondevo<br />

che Pasquale non c'era. Questo per incarico di mio cugino. Ma ad altri amici mai.<br />

Neppure alla fidanzata. Senz'altro no».<br />

L'ipotesi del cinema con Nadia si sbriciolò e, più tardi, io stesso mi convinsi<br />

dell'errore. Quanto al concordato «non è in casa» alla telefonata serale di Silvana, la<br />

tesi non trovò appigli nella testimonianza dei miei. Ma non ho mutato avviso: mi ero<br />

fatto negare. Resse, invece, al riscontro degli accertamenti un altro ricordo provocato,<br />

per correlazione, da quel venerdì d'amore e affiorato proprio durante il terzo<br />

interrogatorio in carcere. Se, com'era ormai provato dalle testimonianze, avevo<br />

passato il pomeriggio del 10 febbraio a godermela con Silvana, allora il giorno prima,<br />

verso le diciotto, avevo ritirato un paio di calzoni al negozio Sax di corso Europa. Ne<br />

ero certissimo, perché li avevo sfoggiati per la prima volta proprio in occasione di<br />

quell'incontro con la fidanzata.

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