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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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la porta. Si è allontanato verso la sua sinistra, dirigendosi verso la via Caprilli con<br />

passo per nulla affrettato. L'individuo era alto circa un metro e ottanta, corporatura<br />

molto snella, spalle strette, capelli biondi con riga da un lato, forse a sinistra; leggero<br />

ciuffo, con taglio di capelli del tutto normale. Indossava un cappotto molto scuro di<br />

media lunghezza e portava nella mano destra una cartella vecchia e rigonfia. Era<br />

dell'apparente età di venti-ventidue anni. Non ho avvertito nessun motore avviarsi<br />

nelle vicinanze».<br />

Io tocco a malapena il metro e settanta. Poi, c'è la faccenda dei capelli. Sono castano.<br />

Non biondo. Oltretutto ero in licenza di convalescenza e portavo i capelli tagliati corti<br />

come vuole il regolamento militare. Niente onde, niente riga, niente basette.<br />

Ma eccomi qui in carcere, accusato di omicidio. È successo un singolare, magico<br />

evento. Sotto l'ala dei carabinieri, che mi hanno «benevolmente» convinto a firmare<br />

la confessione del delitto, la memoria di Italo Rovelli ha accorciato la statura<br />

dell'omicida. Anzi, ha cancellato del tutto il particolare dell'altezza. La «Nei secoli<br />

fedele» s'è guardata bene dal rilevare l'improvviso vuoto di memoria del testimone<br />

oculare sulla base della prima deposizione. Fosse matta! Ha risolto il caso, mentre la<br />

polizia annaspava nel buio. Sai che manna per gli scatti di carriera. Sai che sbiancata<br />

agli odiati cugini di via Fatebenefratelli, nel quotidiano gioco della concorrenza.<br />

Inutile andare tanto per il sottile. Tanto più che Italo Rovelli se n'è dimenticato.<br />

Quello dell'altezza era il punto focale della sua testimonianza a botta calda. Passati<br />

due mesi dal delitto, non l'ha più rammentato. Anzi in un confronto all'americana -<br />

sarebbe più giusto definirlo all'italiana, per l'incredibile pressappochismo - è stato<br />

prontissimo a riconoscere, nel mio metro e settanta, la slanciata figura dell'assassino<br />

di Innocenzo Prezzavento.<br />

La prodigiosa memoria di Italo Rovelli è il cardine dell'istruttoria, che, però, ha<br />

trovato per via un altro teste di rincalzo. Si chiama Mario Botticini. Ha riconosciuto<br />

in me l'individuo che il 9 febbraio, circa alle diciotto e trenta, cercò di rapinarlo in via<br />

Conservatorio. Secondo gli inquirenti la persona che alle diciotto e trenta del 9<br />

febbraio è stata protagonista del supposto tentativo di rapina è la stessa che alla una e<br />

quarantacinque di notte ha sparato su Prezzavento. Per loro, questo è un dato di fatto<br />

matematico. E quella persona sono io. Perché allora dovrebbero prendere in<br />

considerazione chi testimonia che alle diciotto e trenta di quel giorno, minuto più<br />

minuto meno, mi trovavo da Sax in corso Europa, un negozio di abbigliamento<br />

maschile?<br />

Al momento del mio arresto, poi, mi è stata attribuita una parte di primo piano in una<br />

banda di rapinatori a mano armata. Mi hanno accusato di aver «lavorato»<br />

intensamente prima e dopo il delitto. Un'enorme contraddizione. Un pregiudicato che<br />

è ancora nel giro non ha il problema del «salmone». E, se agisce, non lo fa<br />

individualmente, non va allo sbaraglio in precarie rapine di passo. Il mio passato è<br />

stato usato per tinteggiare di nero fumo, di esecrabilità il ritratto del «biondino di<br />

piazzale Lotto», per affidarmi ai giudici già marchiato a fuoco. Si sono ben guardati,<br />

però, dal porsi, in tale prospettiva, di fronte al delitto per rapina che mi è stato<br />

imputato. Per contrasto, il farlo, vale a dire il sottolineare una mia specializzazione

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