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ASSASSINO” DI PIAZZALE LOTTO - Misteri d'Italia

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apparivo più stanco delle volte precedenti. Ma ammettiamo che lo fossi. Che cosa<br />

dimostrerebbe? Può succedere a tutti di essere più o meno «in tiro». Del resto Silvana<br />

stessa aveva già parlato di un mio grosso raffreddore. Eppure, Francesco Paolo Bello<br />

non si è affaticato a dedurre che forse mi stava maturando dentro l'influenza del<br />

giorno dopo e che la mia supposta stanchezza poteva essere causata proprio dalla<br />

malattia in via d'incubazione.<br />

Ma non è finita. La collana di «perle» ha altri luminosi esempi. Dal gratuito intuire,<br />

dalle deduzioni che giocano di sponda sulla mitizzazione erotica e sugli squilli del<br />

telefono, il «benemerito» comandante Bello salta sui binari delle totali illazioni,<br />

quando si tratta di minimizzare i «no» e i dubbi del testimone oculare. Italo Rovelli<br />

mi aveva riconosciuto all'ottanta per cento. Il rapporto giudiziario si guarda bene dal<br />

puntualizzare le riserve, i «mi sembra», i «ritengo possa trattarsi». Senza mezzi<br />

termini, senza sfumature, va al sodo: «Per quanto concerne l'esito della ricognizione<br />

personale effettuata presso le locali carceri giudiziarie, il Rovelli Italo indicava nel<br />

Virgilio Pasquale la persona dalle caratteristiche somatiche corrispondenti a quelle<br />

dell'omicida».<br />

Però, Francesco Paolo Bello non può tacere la faccenda del ciuffo. Scrive: «Rovelli<br />

notava soltanto una diversità nella capigliatura che egli ricordava un po' differente,<br />

perché al ciuffo mancava una certa ondulazione». Ma subito attenua la sostanziale<br />

differenza, tenta di giustificarla: «In proposito, si fa presente che il Virgilio, la sera<br />

del 9 febbraio, era da poco reduce dal servizio militare perché in convalescenza.<br />

Avendo i capelli tagliati in modo più rado, aveva logicamente un ciuffo più<br />

prominente o ondulato che fosse».<br />

E ridagli con il «logicamente». Esperto nelle medie di resistenza erotica, il<br />

comandante s'improvvisa ferrato anche in materia di acconciature, quasi fosse un<br />

maìtre coiffeur. Ma chi può sostenere che a capelli più radi, più corti corrisponde un<br />

ciuffo più prominente o ondulato? Lui e tanto basta. Se mai è il contrario. Ma, se c'è<br />

in gioco l'integrità della tesi accusatoria, se un particolare può rendere meno<br />

sfavillante di certezze il riconoscimento di Rovelli, la fantasia del poliedrico, eclettico<br />

signor Bello non ha confini né pudori.<br />

Ecco l'ultimo fra i molti «salti mortali» del rapporto. La perquisizione domiciliare in<br />

via Veniero - l'ho già detto - aveva portato al sequestro dei miei abiti e di due borse<br />

appartenenti a mio padre. Il 30 marzo, Italo Rovelli era stato convocato nell'ufficio<br />

del nucleo polizia giudiziaria, per esaminare le due borse. Gli erano state mostrate<br />

insieme ad altre quattro. Rovelli aveva detto: «L'individuo portava una borsa di<br />

colore scuro, di forma assomigliante a una cartella da scolaro, con normale maniglia<br />

e, mi pare, chiusura con una o due cinghiette. La borsa era rigonfia in modo<br />

eccezionale e probabilmente si trattava di un oggetto logoro e sporco». E, in<br />

quell'occasione, non aveva riconosciuto nessuna borsa uguale e neppure simile a<br />

quella dell'omicida. Un verbale lo testimonia. In parole povere, Rovelli aveva escluso<br />

che le borse sequestrate nell'appartamento di via Veniero assomigliassero anche<br />

lontanamente a quella dell'omicida di Innocenzo Prezzavento. Sul tema borsa,<br />

veniamo adesso al rapporto di denuncia. Ecco come il signor Bello espone al<br />

magistrato il «no» di Italo Rovelli: «Ai fini del reperimento della borsa sono state

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