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La società dell'arte. Saggi di sociologia dell'arte moderna - Artonweb

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casi fortemente negativa, giacché si scopre che quel modello <strong>di</strong><br />

riferimento creativo che per molti artisti era stata la<br />

razionalità tecnica è in realtà strutturalmente corresponsabile <strong>di</strong><br />

ogni sistema totalitario <strong>di</strong> questo secolo e quin<strong>di</strong> alla base dei<br />

suoi meccanismi <strong>di</strong> oppressione 10 .<br />

In arte, il <strong>di</strong>ffondersi <strong>di</strong> un atteggiamento <strong>di</strong> critica e <strong>di</strong><br />

opposizione al modello <strong>di</strong> razionalità tecnologica porterà, a<br />

partire dal secondo dopoguerra, alla crisi dell'impianto concettuale<br />

del Moderno e per questa via ad una sostanziale messa in<br />

sospensione del rapporto con la tecnologia. <strong>La</strong> lunga stagione<br />

dell'Informale è in questo senso para<strong>di</strong>gmatica <strong>di</strong> un clima culturale<br />

<strong>di</strong> profonda sfiducia nei valori conoscitivi e razionali che,<br />

sul piano linguistico, si traduce generalmente in un rifiuto della<br />

forma e del rapporto fondante fra rappresentazione e realtà. Se si<br />

pensa che proprio questo rapporto era stato alla base dell'utopia<br />

<strong>moderna</strong> del dominio umano sulla natura attraverso le tecniche<br />

della riproducibilità (che ovviamente non sono solo quella della<br />

riproduzione visiva, come poteva pensare Benjamin, ma soprattutto<br />

quelle fondate sull'analogia con i processi conoscitivi ed organici<br />

della natura), si capisce quanto ra<strong>di</strong>cale sia stato il mutamento<br />

<strong>di</strong> orizzonte culturale entro il quale l'esperienza artistica<br />

dell'ultimo dopoguerra si è andata collocando rispetto al problema<br />

tecnologico. Che tuttavia non cessa <strong>di</strong> attirare l'attenzione <strong>di</strong><br />

taluni artisti come Lucio Fontana, Alexander Calder, Jean Tinguely<br />

o Nam Jun Paik, ai quali si devono le prime congrue in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong><br />

un modo nuovo <strong>di</strong> ripensare il rapporto arte/tecnologia ben al <strong>di</strong><br />

là <strong>di</strong> quel fondamentalismo rappresentativo su cui ha poggiato, in<br />

ultima analisi, ogni opera d'arte visiva del passato. E questo<br />

modo nuovo costituisce un ulteriore sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quel mutamento<br />

culturale che siamo andati delineando finora: ferme restando le<br />

implicazioni teoriche relative alle forme <strong>di</strong> intenzionalità ed<br />

autoreferenzialità che la tecnologia rivela ad una serrata critica<br />

filosofica, il fattore tecnologico viene ora assunto non come un<br />

canone <strong>di</strong> riferimento esterno, ma più esattamente come me<strong>di</strong>um,<br />

10 Zygmunt Bauman, Modernità e olocausto, Bologna, Il Mulino, 1992.<br />

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