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La società dell'arte. Saggi di sociologia dell'arte moderna - Artonweb

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insomma non più animata da una progettualità interpretativa che<br />

giustifichi con argomenti specifici ed in quadro <strong>di</strong> riferimento<br />

assiologico le proprie scelte artistiche, ma che, sull’onda<br />

dell’espansione del mercato, si de<strong>di</strong>ca apertamente alla mera<br />

apologia dell’esistente, che non <strong>di</strong> rado sconfina nel<br />

consensualismo e perfino nel collateralismo 80 .<br />

Ma, come ci ricorda Howard Singermann 81 in un recente,<br />

graffiante saggio sugli abbagli della critica d’arte, il peccato<br />

più grave <strong>di</strong> quest’ultima, negli anni Ottanta, è stato quello <strong>di</strong><br />

scambiarsi per storia e considerare oggettive ed ineluttabili le<br />

proprie scelte, al solo fine <strong>di</strong> giustificarle. E questo è<br />

avvenuto, parrebbe, anche grazie all’assenza <strong>di</strong> <strong>di</strong>battito pubblico<br />

sull’arte che ha segnato tutto il periodo dagli anni Ottanta fino<br />

ad oggi, durante il quale l’incessante comparsa <strong>di</strong> sempre nuovi<br />

artisti sulla scena dell’arte è stata accompagnata da<br />

un’altrettanto incessante vanità teorico-curatoriale che<br />

presentava come rivelatori e <strong>di</strong> grande momento eventi invero<br />

poveri <strong>di</strong> conseguenze. Commentando questo fenomeno, qualche anno<br />

fa Raphael Rubinstein affermava:<br />

“(…) nessuno spiega le ragioni per le quali certi artisti<br />

<strong>di</strong>ventano famosi ed altri vengono messi ai margini… Al contrario,<br />

tutto sembra accadere senza spiegazione alcuna, come se il reame<br />

dell’arte contemporanea stesse semplicemente seguendo le regole <strong>di</strong><br />

un qualche or<strong>di</strong>ne naturale. Nel mondo dell’arte <strong>di</strong> oggi non si<br />

sente il bisogno <strong>di</strong> spiegare le cose e in ogni caso i giu<strong>di</strong>zi <strong>di</strong><br />

valore paiono cose sorpassate.” 82<br />

Ancora una volta, insomma, com’era già timidamente emerso alla<br />

fine degli anni Settanta 83 , la vexata quaestio torna ad essere, per<br />

80<br />

“<strong>La</strong> rete <strong>di</strong> consensi rispetto ad un prodotto artistico ha come<br />

referente in primis la galleria d’arte che del sostegno economico ad un<br />

prodotto artistico se ne assume i rischi anche commerciali, poi in<br />

seconda battuta proprio al critico, che a quelle scelte fornisce una<br />

sorta <strong>di</strong> garanzia culturale attribuendo al prodotto artistico il<br />

beneplacito affinché possa essere accolto nei musei ed ivi consacrato<br />

storicamente, ma anche nelle riviste d’arte ad alta tiratura legate a<br />

doppio laccio con le fonti <strong>di</strong> tale sistema.” P.Mania, cit.<br />

81<br />

H. Singermann, cit.<br />

82<br />

R.Rubinstein, cit.<br />

83<br />

Si pensi agli interventi <strong>di</strong> Ermanno Migliorini al convegno “Critica 0”<br />

nel 1978, oppure all’analogo simposio, dal titolo “The State of British<br />

73

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