La società dell'arte. Saggi di sociologia dell'arte moderna - Artonweb
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or<strong>di</strong>nata, pena la sua non consequenzialità, su un costante,<br />
attento e non pregiu<strong>di</strong>ziale lavoro interpretativo sulla<br />
multiformità del reale. In tal senso, la più utile opera <strong>di</strong><br />
demitizzazione che l'uomo può oggi compiere risiede proprio nella<br />
deassolutizzazione del proprio mondo e verso questo fine pensatori<br />
<strong>di</strong>stanti come Heidegger e McLuhan si trovano ad in<strong>di</strong>care strade<br />
inaspettatamente convergenti 31 .<br />
Ma la demitizzazione post<strong>moderna</strong> tocca ovviamente anche l'arte<br />
e ciò non solo perché le con<strong>di</strong>zioni della riproducibilità tecnologica<br />
ne minacciano l'esistenza stessa o perché essa non può più<br />
fare appello a quei valori umanistici che tra<strong>di</strong>zionalmente hanno<br />
fondato l'essenza dell'opera e l'autenticità dell'esperienza. Le<br />
demitizzazione investe in pieno l'arte attuale nella sua transizione<br />
verso lo stato <strong>di</strong> pseudotecnologia, transizione che si<br />
compie concettualmente lungo quella linea autoanalitica <strong>dell'arte</strong><br />
<strong>moderna</strong> che approda alla mozione <strong>di</strong> meta-arte, in altre parole ad<br />
una forma <strong>di</strong> conoscenza autoreferenziale analoga nei meto<strong>di</strong> e nei<br />
fini a quella delle "tecnoscienze" contemporanea, con la <strong>di</strong>fferenza<br />
che, nel caso <strong>dell'arte</strong>, la maturazione <strong>di</strong> una forte e strutturata<br />
autoconsapevolezza risponde ad una stringente esigenza <strong>di</strong><br />
autoconservazione davanti a sempre più pressanti minacce <strong>di</strong> estinzione<br />
che provengono dal mondo dell'immaginario tecnologico. In<br />
questo senso, lo "horror mun<strong>di</strong>" espresso da molte esperienze<br />
artistiche <strong>di</strong> oggi - penso ad esempio al recente "posthuman" -<br />
rivela la consapevolezza tragica <strong>di</strong> molti artisti <strong>di</strong> non detenere<br />
più il compito <strong>di</strong> elaborare l'immaginario simbolico-figurativo del<br />
mondo. E' questo un privilegio che indubbiamente è loro appartenuto<br />
dalla preistoria all'epoca <strong>moderna</strong>, ma che proprio a partire<br />
dal maturare <strong>di</strong> quest'ultima verso la contemporaneità è stato<br />
gradualmente loro sottratto dalla tecnica, che oggi provvede per<br />
suo conto a produrre l'immaginario secondo le sue proprie<br />
31 Cfr. in specie Martin Heidegger, Gelassenheit, Pfullingen 1960 (trad<br />
it. L’abbandono, Genova, Il melangolo, 1989) e Marshall McLuhan, From eye<br />
to ear, 1977 (trad. it. Dall’occhio all’orecchio, Roma Armando, 1982).<br />
Inoltre, rinvengo un commento sorprendentemente ” mcluhaniano” alla<br />
Gelassenheit zu den Dingen <strong>di</strong> Heidegger in Eugenio Mazzarella, Tecnica e<br />
metafisica, Napoli, Guida, 1981.<br />
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