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La società dell'arte. Saggi di sociologia dell'arte moderna - Artonweb

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parole, se non siamo arrivati ad una situazione <strong>di</strong><br />

sconcertante e rischioso pareggiamento e/o <strong>di</strong> identità fra<br />

arte e tecnologia, per la quale l'uomo, cui l'arte aveva<br />

consentito la possibilità od il privilegio <strong>di</strong> rispecchiarsi<br />

nella natura (col dovuto, necessario <strong>di</strong>stacco culturale), ora<br />

può riflettersi solo nel proprio doppio tecnologico, quin<strong>di</strong><br />

solo in se stesso e senza alcun <strong>di</strong>stacco o me<strong>di</strong>azione d'or<strong>di</strong>ne<br />

razionale.<br />

Come si vede, dunque, la demitizzazione post<strong>moderna</strong> può avere<br />

molto da <strong>di</strong>re non solo rispetto al problema tecnologico, ma riguardo<br />

allo stesso destino <strong>dell'arte</strong> contemporanea nell'età della<br />

tecnologia. Il suo approccio ermeneutico ci conduce alla riscoperta<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni che l'uomo <strong>di</strong> oggi è convenzionalmente portato ad<br />

ignorare, prima fra tutte la pretesa "naturalità" ed "ovvietà" del<br />

mondo che ci circonda. In questo senso l' interpretazione si pone<br />

come esperienza primaria ed "originaria" rispetto ad ogni altro<br />

tipo <strong>di</strong> esperienza dell'esistente e ciò vale anche in relazione ai<br />

fenomeni artistici, rispetto ai quali, come si sa, essa non ha da<br />

invocare ritorni a valori fondativi, ma può invece porre in questione<br />

la loro stessa possibilità e legittimità, il che implica il<br />

ricondurli entro un l'orizzonte della loro ontologica finitezza e<br />

quin<strong>di</strong> entro l'ambito della concretezza e della provvisorietà<br />

umana 34 . E questo, mi pare, il senso più autentico che la<br />

demitizzazione può conferire a tutti gli atti umani. E l'arte è<br />

fra questi.<br />

34 Per questa via, l’istanza ontologica che l’esperienza<br />

dell’interpretazione pone non può non investire l’esercizio stesso della<br />

critica dei fenomeni artistici, alla quale oggi il sistema dell’arte<br />

assegna il compito statutario <strong>di</strong> conferire senso a questi ultimi. Resta<br />

infatti da vedere come e con quali finalità effettive la me<strong>di</strong>azione<br />

critica svolga questo compito, se nella <strong>di</strong>rezione dell’instaurazione <strong>di</strong><br />

una sorta <strong>di</strong> democrazia del senso che possa <strong>di</strong> fatto non richiedere più,<br />

ad un certo momento, alcuna forma <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione, oppure nella <strong>di</strong>rezione<br />

opposta della sua mera autoriproduzione come garanzia <strong>di</strong><br />

autoconservazione del sistema cui appartiene. Al riguardo, mi permetto <strong>di</strong><br />

rinviare al mio testo Il critico e la scala <strong>di</strong> Wittgenstein, in NEXT,<br />

n.36, 1997.<br />

35

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