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La società dell'arte. Saggi di sociologia dell'arte moderna - Artonweb

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In realtà, quale che sia l’ampiezza da conferire a questo<br />

termine, la critica d’arte contemporanea non implica più un<br />

giu<strong>di</strong>zio su ciò cui si applica, perché il fatto stesso <strong>di</strong> parlarne<br />

è già <strong>di</strong> per sé considerato una scelta e quin<strong>di</strong> un atto critico.<br />

In questo senso, essa non si propone più, se mai lo ha fatto in<br />

passato, intenti né normativi né oggettivamente analitici, che<br />

presupporrebbero inevitabilmente una scala <strong>di</strong> valori <strong>di</strong><br />

riferimento o una certa concezione teorica dell’arte, ma<br />

soprattutto una certa imparzialità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio. <strong>La</strong> critica, in<br />

altre parole, non è più, se mai lo è stata in passato, innocente.<br />

In passato la sua mancanza <strong>di</strong> innocenza è stata motivata da un<br />

necessario ra<strong>di</strong>camento dell’atto critico in una visione estetica<br />

ed in un contesto socio-culturale, da cui venivano suggerite norme<br />

<strong>di</strong> riferimento e categorie analitiche. Oggi, si <strong>di</strong>rebbe, questa<br />

mancanza <strong>di</strong> innocenza non pare avere altra ragion d’essere che<br />

l’eccessiva contiguità della critica con le strutture del mercato,<br />

una sorta <strong>di</strong> relazione pericolosa che ha finito per trasformare il<br />

critico da giu<strong>di</strong>ce in giustificatore dell’opera. Così il critico,<br />

che in ottemperanza all’etimologia del suo nome, dovrebbe<br />

suscitare la <strong>di</strong>scussione pubblica intorno alle possibilità <strong>di</strong><br />

comprensione dell’opera d’arte (dato che non è detto che ve ne<br />

siano sempre e comunque), in realtà è <strong>di</strong>venuto il liquidatore <strong>di</strong><br />

ogni possibile <strong>di</strong>scussione che voglia andare al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> una mera<br />

apologetica del prodotto artistico. Questa mancanza <strong>di</strong> innocenza,<br />

in altre parole, non rinvia più all’ideologia, ma alla retorica.<br />

Il che rende ormai la critica un genere doppiamente compromesso:<br />

non solo perché, smarrendo la sua funzione pubblica – o sociale –,<br />

essa ha finito per rendersi unicamente funzionale al sistema che<br />

l’ha istituzionalizzata come anello insostituibile della catena<br />

della legittimazione del prodotto artistico; ma anche perché,<br />

sposando questa funzione, ha contribuito ad isolarsi dal contesto<br />

soprattutto su quello progettuale-propositivo e pratico, che è quello<br />

delle attività curatoriali-espositive. Il sovrapporsi <strong>di</strong> entrambe le<br />

funzioni determina spesso la necessità <strong>di</strong> una rete <strong>di</strong> mutui consensi su<br />

cui basare il successo delle mostre.<br />

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